Scuole medie e superiori e una nuova piantagione di salak più rispettosa dell'ambiente sono gli obiettivi del progetto chiave della Caritas antoniana per il 2015. Soprattutto in occasione del Giugno antoniano, la raccolta fondi è destinata agli orfani di Sumatra.
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«Cosa vi piacerebbe fare da grandi?». «Io voglio fare il calciatore» proclama Joannes, 9 anni. «Io l’insegnante» dice timidamente Rosa, 17. «Lui farà l’agricoltore» gridano i ragazzi, rivolgendosi a Denis, 12 anni. Matyu, 13 anni, il suo crocifisso tra le mani, sogna di farsi prete. Sono ragazzi come tanti, con il loro sogno nel cuore. Abitano nell’orfanotrofio Betlemme, sorto nel 1992 a Bandar Baru, nella regione di Tiga Juhar (a Nord dell’isola di Sumatra in Indonesia) grazie alla Caritas antoniana, “che porta Antonio nel mondo”.
Quest’anno l’organizzazione internazionale che opera per la carità, la solidarietà e lo sviluppo in 40 paesi e con 150 progetti attivi ha deciso di concentrarsi particolarmente su quest’obiettivo: dare un futuro certo ai circa cento bambini tra i 4 e i 17 anni dell’orfanotrofio indonesiano, al di fuori del quale esistono soltanto sterminate piantagioni di palma da olio dove i braccianti guadagnano 5 euro al giorno per 12 ore di lavoro.
E per farlo intende scommettere sul cambiamento, aiutando fra Thomas, direttore della struttura, a far crescere una piantagione di salak, una palma esotica dal frutto molto apprezzato sui 20 ettari di un terreno acquistato dalla Caritas antoniana. Il progetto pilota, che dovrebbe partire proprio a giugno con la collaborazione degli agronomi di stato, rappresenta un’alternativa rispettosa dell’ambiente contro lo sfruttamento del suolo imposto dalla monocoltura intensiva della palma da olio che sta devastando l’Indonesia.
«Vogliamo aiutare questi ragazzi – spiega padre Valentino Maragno, direttore della Caritas antoniana – a camminare con le proprie gambe. Diventeranno agricoltori e i più dotati intellettualmente saranno avviati alla scuola superiore per diventare a loro volta formatori e permettere ad altri ragazzi di studiare e imparare un lavoro. In Indonesia i cristiani rappresentano una minoranza e le scuole arabe sono le più diffuse: con fra Thomas, anche lui orfano e accolto al Betlemme da ragazzo, abbiamo pensato di far crescere le nostre scuole cattoliche perché l’identità cristiana non si disperda».
La Caritas antoniana continua ancor oggi secondo lo spirito con cui nacque “il pane dei poveri” all’indomani della morte di Antonio: «La Legenda regaldina racconta che nel 1293 il piccolo Tommaso annegò in una tinozza proprio davanti al cantiere della Basilica. La madre correndo con il piccolo esanime in mezzo alle impalcature pregò davanti alla tomba di Antonio, supplicandolo di ridarle il figlio. Lei lo avrebbe ripagato con tanto pane quanto il peso del bambino. Da lì nacque il pane dei poveri e a me piace ricordare che chi lo riceve continua oggi a donare in nome di Antonio, che così può aiutare i poveri nel mondo». Info: www.caritasantoniana.org
