Cinquantuno pagine per voltare pagina. Gli Orientamenti per la catechesi con ragazzi e genitori nel cammino di Iniziazione cristiana, datati maggio 2025, non rappresentano una rivoluzione come quella del 2013-2014, ma una sua evoluzione, specialmente nelle modalità e nello stile di attuazione. A illustrare i frutti della verifica dell’iniziazione cristiana è il responsabile dell’Ufficio diocesano per l’annuncio e la catechesi don Carlo Broccardo.
Don Carlo, prima delle novità introdotte, il sussidio presenta proprio la veridica svolta negli scorsi anni, quali sono i risultati più significativi?
«Il risultato più importante è quello che in una parte consistente degli Orientamenti abbiamo chiamato “volti”: volto di comunità, volto di famiglia, volto di catechisti, volto di presbiteri… Grazie alla verifica, abbiamo maggior consapevolezza delle persone coinvolte nel cammino di ic, ci siamo resi conto con chiarezza di alcuni aspetti prima solo percepiti, abbiamo dato un nome ad alcune realtà, dimensioni, fatiche, conquiste e gioie di questi anni. Un esempio significativo: abbiamo toccato con mano le molte diversità che convivono trasversalmente nelle nostre parrocchie. Comunità diverse, presbiteri diversi, catechisti diversi, famiglie diverse, oggi non parliamo più di famiglia al singolare. Non è più immaginabile avere un progetto chiaro da mettere in pratica tutti nello stesso modo, forse nella realtà che viviamo progredisce non tanto chi ha un piano definito nei dettagli, ma chi è in grado di adattarlo via via ai veloci cambiamenti in atto».
Veniamo allora ai cambiamenti che nei prossimi anni verranno apportati al cammino di iniziazione cristiana. Quali sono i principali?
«Come abbiamo già più volte detto, a partire dalla lettera post-sinodale del vescovo Claudio, il cammino non andava riscritto, il lavoro fatto dieci anni fa è stato importante ed è tuttora valido. La nostra idea è semmai quella di rilanciarlo, anzitutto semplificando alcuni passaggi, anche nella terminologia, a partire dai nomi con cui chiamiamo le tappe del percorso che a molti non risultavano comprensibili. Alcune semplificazioni introdotte riguardano le celebrazioni e la proposta. C’è poi un secondo cambiamento, piuttosto evidente, che immagino richiederà un certo impegno da parte delle parrocchie per essere metabolizzato e riguarda la modalità di costituire i gruppi dei ragazzi: è possibile creare gruppi di diverse età nella stessa comunità o della stessa età provenienti magari da piccole parrocchie della stessa collaborazione pastorale, come pure possono esserci piccoli gruppi che si ritrovano in casa con i genitori che diventano anche i catechisti. Lo stesso vale per i genitori: la proposta è che seguano, se lo desiderano, incontri preparati apposta per loro, ma è possibile che i genitori si trovino a loro agio o riescano a fare un cammino di fede perché partecipano a un gruppo famiglie che c’è già nella loro parrocchia o perché con altri adulti della loro parrocchia fanno esperienza di carità, di missione: la cosa fondamentale è che, nel momento in cui si propone un percorso, o più percorsi, i genitori e i loro ragazzi sperimentino la vita reale della comunità nella quale stanno vivendo tutto questo. Non moltiplichiamo le possibilità per superficialità, perché “va bene tutto”, ma perché le persone vedano il volto bello della loro comunità per quello che è».
Nel testo parlate molto anche dello stile con cui annunciare il Vangelo. Una delle parole chiave è leggerezza…
«È vero, è una nota di stile che emerge già in un documento dell’Ufficio catechistico nazionale uscito appena dopo il Covid. Non si tratta di fare le cose “alla leggera”, ma di non vedere la catechesi come un enorme cumulo di incombenze da affrontare. L’ansia di “dover fare” è emersa chiaramente nelle verifiche da parte di parroci e catechiste, l’iniziazione cristiana come un grande impegno che si somma ai molti altri e alla routine gravosa per le famiglie di oggi. Così non funziona, è necessario che ragazzi e adulti vivano questo cammino in serenità, che facciano esperienza di una comunità che ha un grande dono e lo offre con gioia. Da un punto di vista scientifico, come spiega la prof.ssa Lucangeli, è assodato che il clima emotivo in cui si impara qualcosa incide molto sull’apprendimento. L’obiettivo della catechesi non è che i bambini imparino, ma se vivono un momento bello, gioioso, comunitario con le loro famiglie è più facile che questo rimanga a lungo nella loro vita, anche se in molti si allontaneranno dalla parrocchia».
Come si colloca tutto questo con l’attuazione del Sinodo e in particolare con i ministeri battesimali che saranno al centro del prossimo anno pastorale?
«Se avessimo un progetto dettagliato, uguale per tutti, e un unica modalità per metterlo in pratica, tutto sommato sarebbe semplice, basterebbe scrivere un documento, lo abbiamo fatto, e tutto sarebbe risolto. Ma sarebbe un tornare drammaticamente indietro, a un passato che forse non è nemmeno mai stato così schematico e schematizzato. Invece, proprio nel momento in cui c’è bisogno di conoscere la realtà dei genitori per fare loro la proposta più adatta; in cui è importante conoscere la realtà della nostra comunità, delle forze che abbiamo per proporre un percorso che sia sostenibile; nel momento in cui si tratta di far percepire il volto bello di una comunità senza “sfiancarci” di lavoro; nel momento in cui anche per i presbiteri è in atto un cambio di mentalità, di impostazione della loro vita, della modalità in cui essere parroci; in tutto questo vediamo che la figura dei referenti della catechesi è sempre più importante. Sarà sempre più importante che il gruppo di catechisti, accompagnatori ed educatori riesca a camminare insieme e in questo serve una figura di referente. Quando ci sarà un ministro battesimale riconosciuto in una parrocchia uno dei compiti potrebbe essere quello di coordinare il cammino di catechesi mettendosi in dialogo con le altre parrocchie della collaborazione e poi con il resto della Diocesi. Vedo proprio un cammino da fare insieme che aiuterà gli uni e gli altri».