Idee
La chiusura di musei, biblioteche, luoghi della cultura. Ma è proprio necessario?
Occorre riflettere sulle dinamiche che regolano l’apertura dei nostri luoghi della cultura
IdeeOccorre riflettere sulle dinamiche che regolano l’apertura dei nostri luoghi della cultura
Musei, biblioteche e luoghi della cultura sono chiusi. È un pessimo periodo anche per tutta la moltitudine di studenti che nelle biblioteche trova un posto dove studiare. Claudio Magris sul Corriere ha rammentato la scarsa attenzione per il sapere umanistico che da mesi non può neppure avere accesso agli archivi per completare le ricerche avviate. Salvatore Settis, in una lettera a Giuseppe Conte, dopo aver argomentato le sue perplessità, propone di «aprire tutti i musei con ingresso gratuito per tutti per alcuni mesi» perché «arte e cultura sono necessarie».
La cultura nell’era Covid non se la passa proprio bene. La chiusura è stata motivata per due ragioni: il contenimento della mobilità e la riduzione delle occasioni di ritrovo. Ogni misura che tolga al pubblico occasioni per incontrarsi o per affollare mezzi di trasporto è un colpo inferto al Coronavirus. Ma va anche detto che musei, biblioteche e luoghi della cultura, data la loro scarsa frequentazione, sono tra i siti più sicuri che esistano.
Se la ratio di chiudere musei e biblioteche è quella di ridurre la mobilità e la socialità, allora ci sono luoghi rimasti aperti che muovono molte più persone di quelle che vengono spostate dai luoghi della cultura. In Catalogna, ad esempio, i ristoranti e i bar sono chiusi, ma i musei sono aperti (come in tutta la Spagna, uno dei pochi Paesi in Europa).
Al momento, la cultura si trova in una situazione sovrapponibile a quella di marzo. E forse non c’è un unico motivo che ha portato alla chiusura dei musei. A questo punto, anziché discettare su quanto i musei, le biblioteche e i cinema siano più sicuri rispetto ad altri luoghi – dato ormai acquisito – è più saggio avviare una discussione più ampia relativa alle dinamiche che regolano l’apertura dei nostri luoghi della cultura, sulla fragilità di questi meccanismi, sulla loro sostenibilità, sulla possibilità di pensare a modelli di sviluppo alternativi sia per i luoghi della cultura sia per le città. (P. Z.)