Idee
Ci mancava anche questa: la “crisi” da maturità. E non è solo quella degli studenti che quest’anno, come mai prima (anche se alcuni casi si sono già verificati in passato) hanno deciso di “boicottare” l’esame orale, ma per certi versi è anche la “crisi” dell’Istituzione scolastica che con le parole del ministro Valditara risponde senza mezzi termini a una situazione di manifesta difficoltà: chi boicotta l’esame l’anno prossimo sarà bocciato.
Ma andiamo con ordine. Le cronache restituiscono il caso di almeno tre studenti – a Padova, a Belluno e a Treviso – che si sono presentati all’orale della Maturità decidendo di non rispondere alle domande degli esaminatori. Forti dall’aver già conquistato i crediti sufficienti per la promozione, sia pure con un voto minimo.
I motivi della protesta? Il sistema dei voti, il fatto che non rispecchiano e non rispettano la realtà della persona, la competitività della scuola, la scarsa attenzione dei docenti alla personalità degli allievi. La studentessa di Belluno, ad esempio, spiega tra l’altro: “Il focus dei docenti è sempre stato sui voti. Io non ho mai avuto grossi problemi, ero una ragazza tranquilla, coi voti nella media. Ma non c’è mai stata la voglia di scoprire la ‘vera me’ da parte dei docenti”.
Un’altra studentessa, questa volta del Leccese, pur avendo sostenuto regolarmente l’esame (e ricevuto un voto alto) ha scritto una lettera pubblica alla presidente di commissione, lamentando di essere stata trattata malissimo proprio all’orale. La presidente di commissione, peraltro, ha replicato controbattendo.
Cosa c’è dietro queste manifestazioni? Coraggio? Intraprendenza? Fragilità? O anche scelte “di comodo”, come ha suggerito in una bella e pacata intervista la preside dell’istituto padovano dove è scoppiato il primo caso di quest’anno?
Sicuramente pare di intravedere un disagio, forse la punta di un iceberg (pochi manifestano, ma sotto sotto tanti stanno male) rispetto al sistema di valutazione scolastica che può essere intesa non tanto come punto di riferimento e paletto indicatore di un percorso – che attraversa successi ed errori – finalizzato a crescita e consapevolezza, quanto piuttosto come un sistema rigido e spersonalizzante: tu vali per il voto che prendi. Qui naturalmente si aprono temi che coinvolgono la capacità della scuola e dei docenti di giustificare i processi in atto, le pressioni dentro e fuori le aule, tra i gruppi dei pari e nelle relazioni con gli adulti, a cominciare dalla famiglia, l’esasperazione di una competitività che prima che nella scuola esiste nella società, tesa al successo.
Resta poi il problema specifico: boicottare l’esame è una soluzione o comunque una protesta valida? O da respingere senza mezzi termini?
E qui l’intervento di Valditara che parla di bocciatura. Niente da dire sulle considerazioni che riguardano le regole e soprattutto la necessità del rispetto per l’istituzione scolastica, per i docenti e per gli stessi studenti. Un’intervista del Ministro ha ben spiegato le logiche, del tutto condivisibili e naturalmente sintetizzate dai media con il semplice proclama della bocciatura. Tuttavia, anche alla luce di queste dinamiche, forse serviva un intervento diverso, o quantomeno una tempistica differente. Lo studente padovano – sempre lui – alle parole di Valditara risponde così: “Sono senza parole. Non c’è alcun dialogo con gli studenti. Sono dell’idea che un problema, che evidentemente esiste, si possa provare a risolvere in due modi: o con il dialogo, oppure violentemente. E quella del Ministro mi sembra una risposta violenta, per cui sono molto dispiaciuto”.
Ecco un altro esempio di incomprensione. Vale la pena di riflettere su come sanare le fratture.