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lunedì 11 Agosto 2025

La lettera. Guarda, un prete! Anche l’abito fa il prete. E lo stesso vale per il laico

Renato Scarparo e Lorenza De Poli

assemblea diocesana, 18 giugno 2025, basilica Cattedrale (c) Giorgio Boato

Siamo stati invitati il 18 giugno scorso all’Assemblea sinodale in Cattedrale a Padova, alla presenza del vescovo, mons. Claudio Cipolla, dei vari rappresentanti di uffici diocesani e di numerosi presbiteri. A più di un mese dall’evento, sentiamo il dovere di esprimere alcune considerazioni in merito. Al momento delle nomine dei nuovi coordinatori delle Collaborazioni Pastorali, due per ogni collaborazione, un presbitero e un laico, ci siamo sentiti a disagio nel vedere salire sul presbiterio due adulti, senza poter distinguere chi fosse il sacerdote e chi il laico, tanto da dover chiedere spesso a un nostro amico sacerdote, seduto al nostro fianco chi tra i due fosse il prete. Questo ci ha davvero disorientati.

Siamo innamorati di questa Chiesa, siamo stati battezzati e siamo cresciuti respirando nelle nostre famiglie quella fede genuina, profonda, forte perché trasmessa con i fatti dai nostri genitori. Abbiamo sempre avuto rispetto per il sacerdote, abbiamo tanti amici preti a cui vogliamo un mare di bene e dobbiamo confessarvi che parte di questa fede la dobbiamo proprio a loro, perché con la loro testimonianza, con la loro vita ci mostrano che c’è un Dio che ci ama. Vogliamo però dire a questi sacerdoti che anche l’abito fa il prete, ovvero anche l’abbigliamento mostra il vero volto di Dio; quando incontri per strada un sacerdote lo devi poter riconoscere, dal vestito o dal clergyman, perché egli testimonia, anche senza parlare, la sua appartenenza a Dio, richiamando rispetto e ordine.

Forse la nostra è una necessità dettata dal fatto che nella nostra pochezza sentiamo l’esigenza di dimostrare quello che siamo anche attraverso segni concreti: ci sono abiti adatti alla palestra, abiti per le vacanze, abiti per i medici, per gli avvocati: ci aiutano a riconoscere le persone che li indossano, perché questo è il bisogno del nostro tempo: riconoscere!

Anche alcuni laici, in quella occasione, non erano abbigliati in maniera consona all’evento, con salopette, pantaloncini corti, come se si fosse allo stadio, senza nessun rispetto per quello che si stava vivendo.
Quindi anche noi laici dobbiamo ricominciare a mostrare, perfino attraverso il nostro vestire, la nostra cura, la nostra trepidazione nel non sentirci mai abbastanza adeguati, per parlare, esprimere, rappresentare, diffondere un così grande mistero, come la nostra fede in Gesù Cristo, nostro Signore, in un Dio che ci ha pensato e amato prima ancora che nascessimo. Una volta, quando eravamo piccoli, la domenica ci si metteva l’abito da festa per andare a messa, ebbene oggi più che mai dobbiamo vestirci a festa per incontrare il Figlio di Dio fatto uomo: saremo più credibili verso coloro che incontriamo.
Ci colpisce che per andare alla Scala ci sia un dress code, un codice di abbigliamento, per rispetto del luogo e invece per recarsi in chiesa, a una celebrazione, tutto vada bene: ben più della Scala c’è qui!
(cfr. Lc 11,31).

Renato Scarparo e Lorenza De Poli
Parrocchia del Bassanello

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