MosaicoUn complesso sistema di comunicazione bidirezionale tra i trilioni di microrganismi che vivono nel nostro intestino (il microbiota) e il sistema nervoso centrale
Negli ultimi anni, la ricerca scientifica ha cominciato a guardare con crescente interesse al rapporto tra l’intestino e il cervello. Quello che un tempo sembrava fantascienza – curare malattie cerebrali intervenendo sull’intestino – oggi sta diventando realtà, grazie a nuove scoperte che evidenziano la stretta connessione tra questi due organi apparentemente distanti.
Una recente ricerca italiana, pubblicata sulla prestigiosa rivista Cell Reports, ha fatto un importante passo avanti in questo campo. Lo studio è stato coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con la Scuola Normale Superiore, l’Università di Pisa, il Cnr e il Max Planck Institute di Berlino. Per la prima volta, i ricercatori hanno dimostrato un legame non solo correlativo, ma causale, tra le alterazioni dei batteri intestinali e i sintomi neurologici di una rara malattia genetica.
La patologia in questione è il disturbo da deficienza di CDKL5 (Cdd), una condizione che colpisce principalmente le bambine, causando encefalopatia, epilessia resistente ai farmaci, gravi ritardi dello sviluppo e problemi visivi. Finora, i trattamenti si sono concentrati principalmente sul cervello, con risultati limitati. La nuova scoperta suggerisce invece che l’intestino potrebbe essere un bersaglio terapeutico inaspettato ma promettente.
“Modulando il microbiota intestinale, potremmo essere in grado di migliorare la qualità della vita dei pazienti e potenziare l’efficacia di altre terapie”, afferma Paola Tognini, coordinatrice della ricerca e ricercatrice presso il Centro Interdisciplinare Health Science della Scuola Sant’Anna. “È stato sorprendente scoprire un legame così stretto e causale tra l’intestino e le manifestazioni neurologiche in questa malattia.”
Ma cos’è esattamente questo “asse intestino-cervello” di cui parlano i ricercatori? Si tratta di un complesso sistema di comunicazione bidirezionale tra i trilioni di microrganismi che vivono nel nostro intestino (il microbiota) e il sistema nervoso centrale. Questa connessione influenza direttamente i neuroni, i segnali neurali, la risposta immunitaria e il metabolismo, attraverso ormoni, neuropeptidi e neurotrasmettitori.
La prova sperimentale fornita dai ricercatori è particolarmente convincente. Il team ha condotto esperimenti su modelli murini della Cdd, scoprendo che i topi affetti mostravano un microbiota intestinale significativamente alterato rispetto ai soggetti sani, soprattutto nelle prime fasi dello sviluppo. In un passaggio cruciale dell’esperimento, Francesca Damiani, dottoranda della Scuola Normale e prima autrice dello studio, ha trapiantato il microbiota dei topi malati in topi sani. Il risultato è stato sorprendente: i topi precedentemente sani hanno iniziato a manifestare sintomi neurologici tipici della malattia.
Questo dimostra che le alterazioni del microbiota non sono un semplice effetto collaterale della malattia, ma giocano un ruolo attivo nella manifestazione dei sintomi neurologici. “I nostri dati aprono a possibilità terapeutiche completamente nuove”, spiega Tognini. “Probiotici mirati, diete specifiche o persino il trapianto di microbiota potrebbero rappresentare strategie terapeutiche promettenti.”
Un’ulteriore conferma è venuta dall’impiego di antibiotici per eliminare il microbiota alterato nei topi malati. Questo intervento ha portato a significativi miglioramenti nei comportamenti e nelle risposte neuronali, consolidando ulteriormente il nesso causale tra microbiota e sintomi neurologici.
“Nonostante la nostra lunga esperienza nello studio della Cdd”, commenta Tommaso Pizzorusso, professore ordinario di Neurobiologia presso la Scuola Normale Superiore, “questa ricerca ci ha aperto gli occhi. Per la prima volta abbiamo avuto una prova chiara di quanto sia limitante concentrarsi su un solo organo per lo studio delle malattie. È essenziale ampliare la prospettiva e indagare le interconnessioni sistemiche.”
Questa scoperta rappresenta un cambiamento di paradigma nella comprensione e nel trattamento delle malattie neurologiche. Non si tratta più di concentrarsi esclusivamente sul cervello, ma di adottare un approccio sistemico che consideri le complesse interazioni tra diversi organi e sistemi del corpo. In questo nuovo scenario, l’intestino emerge come un inaspettato alleato nella lotta contro le malattie del cervello, offrendo nuove speranze a pazienti e famiglie che combattono contro patologie finora considerate intrattabili.
