FattiUna presenza costante. B&b riconvertiti in luoghi di accoglienza per persone in isolamento. Pareti degli abbracci nelle Rsa per unire ospiti e familiari. Cohousing per i senzatetto. È l’impegno delle cooperative venete, ma mancano nuovi lavoratori e tariffe aggiornate
La pandemia le ha segnate fortemente, ma è grazie anche alla loro capacità di far fronte all’emergenza se tutti noi ora stiamo tirando il fiato. Il quinto congresso regionale delle cooperative sociali di Legacoop Veneto, che si è tenuto a Padova lo scorso mercoledì 3 novembre, ha testimoniato l’importante ruolo di presidio delle cooperative che hanno saputo assicurare i servizi essenziali rivolti ai più fragili anche quando mancavano dispositivi sanitari e protocolli di sicurezza.
«In un momento storico difficile e drammatico, la cooperazione sociale ha saputo diversificare le attività, innovare i servizi e cambiare l’organizzazione – sottolinea Adriano Rizzi, presidente di Legacoop Veneto – Anche laddove le strutture erano chiuse e i servizi sospesi, gli operatori si sono organizzati per dare una risposta alle persone in difficoltà e alle famiglie con problematiche sempre più pesanti, in un contesto in cui restava incerto se le stesse prestazioni sarebbero state pagate».
Non è certo stato facile e lo conferma il calo del fatturato del 30 per cento accanto a un aumento del 75 per cento dei costi per le attrezzature. Nasce anche da qui la richiesta alla Regione di adeguare le tariffe per il lavoro degli operatori come stabilito dal contratto rinnovato nel 2019 considerando che il costo del personale rappresenta l’80 per cento del bilancio. Il quadro odierno evidenzia il valore della produzione che supera i 360 milioni di euro e il patrimonio netto che è di 77 milioni. I lavoratori sono 35 mila tra infermieri, operatori sociosanitari ed educatori e sono circa 180 mila, invece, i destinatari dei servizi. Mancano però almeno 10 mila lavoratori e su questo aspetto si è detta preoccupata anche Manuela Lanzarin, assessore regionale alla Sanità e al sociale, perché nonostante incentivi e corsi di formazione, sono pochi i giovani disponibili. L’assessore ha anche affrontato il tema delle tariffe: «È un nodo importante che riguarda il giusto riconoscimento del lavoro svolto dalle cooperative, come la qualità dei servizi.
Da parte della Regione si stanno analizzando gli aspetti tecnici per trovare le migliori soluzioni, considerando che sul fronte delle risorse la pandemia ha chiesto sforzi ingenti non previsti». Dal congresso sono emerse le tante storie di innovazione e resilienza vissute dalle cooperative durante la pandemia da Covid-19: storie e innovazioni che hanno segnato profondamente operatori e utenti. A Padova, la cooperativa Città solare durante il lockdown ha riconvertito le strutture ricettive, chiuse a seguito delle disdette dei turisti, in luoghi di accoglienza per il personale sanitario e persone in isolamento; Altracittà, impegnata nell’integrazione sociale di detenute ed ex detenute, tra le varie cose si occupa di assemblaggio, catalogazione e riordino degli archivi e “grazie” alla pandemia ha visto finalmente la tecnologia entrare nel carcere; La Rosa blu, che si occupa di turismo e di inserimento lavorativo, è tra quelle che ha sofferto di più fino all’introduzione del green pass, ma si è rimboccata le maniche attrezzandosi per progettare una ripartenza in sicurezza. Poi c’è la veneziana Cooperativa Socioculturale che gestisce Rsa per anziani: da subito ha attivato canali alternativi di comunicazione tra gli ospiti e i loro familiari organizzando videochiamate e le “pareti degli abbracci”; mentre la vicentina Giallogioia, che si occupa di infanzia, ha avviato iniziative di supporto a distanza per le famiglie e i bambini proponendo animazioni, letture, aiuto nei compiti e video tutorial.
La coop Porto Alegre a Rovigo, nell’emergenza, ha destinato ai senza fissa dimora alcuni appartamenti attraverso percorsi di cohousing, ha incrementato la distribuzione di generi alimentari di prima necessità, intensificato il lavoro delle unità mobili e prodotto mascherine nella sartoria sociale interna per regalarle a organizzazioni del terzo settore. Di grande importanza anche l’azione di Azalea che a Verona ha messo in piedi un progetto solidale di attività educative e supporto nei compiti per i figli di medici e infermieri dei due ospedali veronesi: in collaborazione con l’azienda ospedaliera e l’associazione Quattro ciacole, ha impiegato educatori dei suoi asili nido che altrimenti sarebbero stati destinati alla cassa integrazione.
Il congresso regionale delle cooperative sociali di Legacoop Veneto ha coinciso con il trentennale della promulgazione della legge 381 che a partire dall’8 novembre 1991 istituiva la cooperazione sociale e le affidava un mandato preciso: il perseguimento dell’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini.
Le cooperative sociali associate a Legacoop Veneto sono oggi complessivamente 97 imprese, di cui 53 cooperative sociali di tipo A (che forniscono, cioè, servizi sociosanitari, formativi ed educativi) e 31 di tipo B (che si occupano dell’inserimento nel mondo del lavoro di persone in situazioni di fragilità), undici plurime di tipo A e B e due consorzi. Il valore della produzione è dato per il 51 per cento da fonti pubbliche e per 49 per cento da fonti private: per le coop di tipo A prevale il pubblico, per quelle di tipo B, invece, il privato. Anche in questo mondo si riscontra il cosiddetto gender gap: la base sociale è composta dal 65 per cento di donne e il restante di uomini; i Cda sono composti mediamente da cinque consiglieri di cui almeno tre sono donne, ma la presidenza della cooperativa è un ruolo ricoperto da uomini per il 55 per cento. La fascia d’età prevalente è compresa tra i 41 e i 60 anni.
