Chiesa
“Come sarebbe bello se un giorno la vostra generazione fosse riconosciuta come la ‘generazione plus’, ricordata per la marcia in più che saprete dare alla Chiesa e al mondo”. A confidare questo desiderio agli studenti che partecipano al Giubileo del mondo educativo è stato Leone XIV, nel discorso loro rivolto in Aula Paolo VI e cominciato con un fuori programma: il saluto a braccio ai moltissimi ragazzi che non hanno trovato posto in Aula e hanno seguito l’incontro tramite i maxischermi posizionati all’esterno. “Vi chiedo di allearvi per aprire una nuova stagione educativa, nella quale tutti — giovani e adulti — diventiamo credibili testimoni di verità e di pace”, l’appello iniziale, dopo la citazione di San Pier Giorgio Frassati e l’invito a non accontentarsi delle apparenze o delle mode, ma a “tendere costantemente verso l’alto, accendendo il faro della speranza nelle ore buie della storia”.
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“Siete chiamati a essere truth-speakers e peace-makers, persone di parola e costruttori di pace”,
la consegna papale: “Coinvolgete i vostri coetanei nella ricerca della verità e nella coltivazione della pace, esprimendo queste due passioni con la vostra vita, con le parole e i gesti quotidiani”. All’esempio di san Pier Giorgio Frassati il Papa ha unito una riflessione di John Henry Newman, che sabato prossimo sarà proclamato Dottore della Chiesa: “la vera pace nasce quando tante vite, come stelle, si uniscono e formano un disegno. Insieme possiamo formare costellazioni educative, che orientano il cammino futuro”. E proprio le stelle ha menzionato e contato Prevost, da ex professore di matematica e fisica: “Anche se le stelle sono miliardi di miliardi, vediamo solo le costellazioni più vicine”, ha spiegato. “Queste però ci indicano una direzione”, e persino i Magi le hanno seguite: “Come loro, anche voi avete stelle-guida: i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, gli amici, bussole per non perdervi nelle vicende liete e tristi della vita. Come loro, siete chiamati a diventare a vostra volta luminosi testimoni per chi vi sta accanto”.
“Ognuno è una stella, e insieme siete chiamati a orientare il futuro”,
l’invito: “Quando Galileo Galilei puntò il cannocchiale al cielo, scoprì mondi nuovi: “Così è l’educazione: un cannocchiale che vi permette di guardare oltre, di scoprire ciò che da soli non vedreste.
Non fermatevi, allora, a guardare lo smartphone e i suoi velocissimi frammenti d’immagini:
guardate al Cielo, verso l’alto”. Perché “non basta avere grande scienza, se poi non sappiamo chi siamo e qual è il senso della vita”:
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“Senza silenzio, senza ascolto, senza preghiera, perfino le stelle si spengono”.
“Possiamo conoscere molto del mondo e ignorare il nostro cuore”, l’analisi di Leone XIV: “anche a voi sarà capitato di percepire quella sensazione di vuoto, di inquietudine che non lascia in pace”.
“Nei casi più gravi, assistiamo a episodi di disagio, violenza, bullismo, sopraffazione, persino a giovani che si isolano e non vogliono più rapportarsi con gli altri”, ha denunciato il Papa: “Penso che dietro a queste sofferenze ci sia anche il vuoto scavato da una società incapace di educare la dimensione spirituale, non solo tecnica, sociale e morale della persona umana”.
“Il mio cuore è inquieto finché non riposa in Te”. E’ questa frase di Sant’Agostino che spiega cosa significa educare alla vita interiore: “ascoltare la nostra inquietudine, non fuggirla né ingozzarla con ciò che non sazia. Il nostro desiderio d’infinito è la bussola che ci dice: ‘Non accontentarti, sei fatto per qualcosa di più grande’, ‘non vivacchiare, ma vivi’”.
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“Non lasciate che sia l’algoritmo a scrivere la vostra storia! Siate voi gli autori: usate con saggezza la tecnologia, ma non lasciate che la tecnologia usi voi”,
l’appello della parte centrale del discorso agli studenti, definiti “maestri” nel digitale: “Ci vivete dentro, e non è un male: ci sono opportunità enormi di studio e comunicazione”. “Anche l’intelligenza artificiale è una grande novità – una delle rerum novarum, cioè delle cose nuove – del nostro tempo”, ha osservato Leone XIV, ma “non basta essere intelligenti nella realtà virtuale, bisogna essere umani con gli altri, coltivando un’intelligenza emotiva, spirituale, sociale, ecologica”.
“Educatevi ad umanizzare il digitale, costruendolo come uno spazio di fraternità e di creatività, non una gabbia dove rinchiudervi, non una dipendenza o una fuga”, l’invito del Pontefice: “Anziché turisti della rete, siate profeti nel mondo digitale!”.
L’esempio citato è quello di San Carlo Acutis, “un ragazzo che non si è fatto schiavo della rete, usandola invece con abilità per il bene” e che ci insegna che il digitale “è educativo quando non ci rinchiude in noi stessi, ma ci apre agli altri: quando non ti mette al centro, ma ti concentra su Dio e sugli altri”.
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“Essere operatori di pace anzitutto lì dove vivete, in famiglia, a scuola, nello sport e tra gli amici, andando incontro a chi proviene da un’altra cultura”,
il mandato finale, nel contesto di un futuro “minacciato dalla guerra e dall’odio che dividono i popoli”. “Questo futuro può essere cambiato? Certamente! Come? Con un’educazione alla pace disarmata e disarmante”, l’incoraggiamento del Papa: “Non basta far tacere le armi: occorre disarmare i cuori, rinunciando a ogni violenza e volgarità. In tal modo, un’educazione disarmante e disarmata crea uguaglianza e crescita per tutti, riconoscendo l’uguale dignità di ogni ragazzo e ragazza, senza mai dividere i giovani tra pochi privilegiati che hanno accesso a scuole costosissime e tanti che non accesso all’educazione”.