Chiesa
“Disarmate le parole, alzate lo sguardo, custodite il cuore”, per “ricostruire fiducia in un mondo segnato da conflitti e paure”. Si conclude con questo triplice appello la lettera apostolica “Disegnare nuove mappe di speranza”, pubblicata a 60 anni dalla Gravissiumum educationis. Per le “costellazioni” che compongono la rete educativa cattolica, la stella polare, oltre alla dichiarazione conciliare e al Patto Educativo Globale promosso da Papa Francesco, è San John Henry Newman, che sabato prossimo, 1° novembre, verrà proclamato co-patrono dell’educazione cattolica insieme a San Tommaso d’Aquino. “Un’educazione alla pace disarmata e disarmante insegna a deporre le armi della parola aggressiva e dello sguardo che giudica, per imparare il linguaggio della misericordia e della giustizia riconciliata”, assicura Leone XIV: “Disarmate le parole, perché l’educazione non avanza con la polemica, ma con la mitezza che ascolta”, scrive il Papa: “Alzate lo sguardo. Sappiate domandarvi dove state andando e perché. Custodite il cuore: la relazione viene prima dell’opinione, la persona prima del programma”. Nel testo, Leone non nasconde le “fatiche” dell’educazione: “l’iper-digitalizzazione può frantumare l’attenzione; la crisi delle relazioni può ferire la psiche; l’insicurezza sociale e le disuguaglianze possono spegnere il desiderio”. Eppure, proprio qui, “l’educazione cattolica può essere faro: non rifugio nostalgico, ma laboratorio di discernimento, innovazione pedagogica e testimonianza profetica”. “Siate servitori del mondo educativo, coreografi della speranza, ricercatori infaticabili della sapienza, artefici credibili di espressioni di bellezza”, la richiesta ai pastori, ai consacrati, ai laici, ai responsabili delle istituzioni.
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“Le tecnologie devono servire la persona, non sostituirla; devono arricchire il processo di apprendimento, non impoverire relazioni e comunità”,
ribadisce il Papa, secondo il quale “un’università e una scuola cattolica senza visione rischiano l’efficientismo senza anima, la standardizzazione del sapere, che diventa poi impoverimento spirituale”. Per abitare questi spazi occorre creatività pastorale: “rafforzare la formazione dei docenti anche sul piano digitale; valorizzare la didattica attiva; promuovere service-learning e cittadinanza responsabile; evitare ogni tecnofobia”. “Il nostro atteggiamento nei confronti della tecnologia non può mai essere ostile”, precisa Leone XIV, ma
“nessun algoritmo potrà sostituire ciò che rende umana l’educazione: poesia, ironia, amore, arte, immaginazione, la gioia della scoperta e perfino, l’educazione all’errore come occasione di crescita”.
“Il punto decisivo non è la tecnologia, ma l’uso che ne facciamo”, spiega infatti il Pontefice: “L’intelligenza artificiale e gli ambienti digitali vanno orientati alla tutela della dignità, della giustizia e del lavoro; vanno governati con criteri di etica pubblica e partecipazione; vanno accompagnati da una riflessione teologica e filosofica all’altezza”, perché “una persona non è un profilo di competenze, non si riduce a un algoritmo previsibile, ma un volto, una storia, una vocazione”. In questo contesto, le università cattoliche hanno “un compito decisivo: offrire diaconia della cultura, meno cattedre e più tavole dove sedersi insieme, senza gerarchie inutili, per toccare le ferite della storia e cercare, nello Spirito, sapienze che nascano dalla vita dei popoli”.
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“I mutamenti rapidi e profondi espongono bambini, adolescenti e giovani a fragilità inedite”,
sottolinea il Papa: sessant’anni dopo la Gravissimum educationis e a cinque dal Patto Educativo globale, “non basta conservare: occorre rilanciare”: “Chiedo a tutte le realtà educative di inaugurare una stagione che parli al cuore delle nuove generazioni, ricomponendo conoscenza e senso, competenza e responsabilità, fede e vita”. Per Prevost, sono ancora attuali i sette percorsi del Patto Educativo Globale consegnatoci da Papa Francesco: “porre al centro la persona; ascoltare bambini e giovani; promuovere la dignità e la piena partecipazione delle donne; riconoscere la famiglia come prima educatrice; aprirsi all’accoglienza e all’inclusione; rinnovare l’economia e la politica al servizio dell’uomo; custodire la casa comune. Queste ‘stelle’ hanno ispirato scuole, università e comunità educanti nel mondo, generando processi concreti di umanizzazione”. A queste sette vie, Leone aggiunge tre priorità: “ La prima riguarda la vita interiore: i giovani chiedono profondità; servono spazi di silenzio, discernimento, dialogo con la coscienza e con Dio. La seconda riguarda il digitale umano: formiamo all’uso sapiente delle tecnologie e dell’IA, mettendo la persona prima dell’algoritmo e armonizzando intelligenze tecnica, emotiva, sociale, spirituale ed ecologica. La terza riguarda la pace disarmata e disarmante: educhiamo a linguaggi non violenti, riconciliazione, ponti e non muri”.
“La famiglia resta il primo luogo educativo”,
ribadisce inoltre il Papa: “le scuole cattoliche collaborano con i genitori, non li sostituiscono”. “L’educazione non è solo trasmissione di contenuti, ma apprendistato di virtù”: “Si formano cittadini capaci di servire e credenti capaci di testimoniare, uomini e donne più liberi, non più soli. E la formazione non si improvvisa”. Di qui la necessità di “un cammino di formazione comune, iniziale e permanente, capace di cogliere le sfide educative del momento presente e di fornire strumenti più efficaci per poterle affrontare”. No alla “subordinazione dell’istruzione al mercato del lavoro e alle logiche spesso ferree e disumane della finanza”. “Dimenticare la nostra comune umanità ha generato fratture e violenze; e quando la terra soffre, i poveri soffrono di più”, l’appello sulla responsabilità verso il creato: “L’educazione cattolica non può tacere: deve unire giustizia sociale e giustizia ambientale”. “Perdere i poveri equivale a perdere la scuola stessa”, il monito valido anche per l’università.