“Vorremmo essere felici, eppure è molto difficile riuscire a esserlo in modo continuativo e senza ombre. Facciamo i conti con il nostro limite e, allo stesso tempo, con l’insopprimibile spinta a tentare di superarlo. Sentiamo nel profondo che ci manca sempre qualcosa”. Con queste parole Leone XIV, nella catechesi dell’udienza di oggi, davanti a 60mila persone, ha descritto la “situazione paradossale” che sperimentiamo nella nostra esistenza. “La nostra vita è scandita da innumerevoli accadimenti, colmi di sfumature e di vissuti differenti”, l’analisi del Papa, che si è soffermato sul rapporto tra la Risurrezione di Gesù e la realtà umana e storica attuale, con le sue domande e le sue sfide: “A volte ci sentiamo gioiosi, altre volte tristi, altre ancora appagati, oppure stressati, gratificati, demotivati.
Viviamo indaffarati, ci concentriamo per raggiungere risultati, arriviamo a conseguire traguardi anche alti, prestigiosi. Viceversa, restiamo sospesi, precari, in attesa di successi e riconoscimenti che tardano ad arrivare o non arrivano affatto.
Insomma, ci troviamo a sperimentare una situazione paradossale:
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vorremmo essere felici, eppure è molto difficile riuscire a esserlo in modo continuativo e senza ombre.
Facciamo i conti con il nostro limite e, allo stesso tempo, con l’insopprimibile spinta a tentare di superarlo. Sentiamo nel profondo che ci manca sempre qualcosa”. “Non siamo stati creati per la mancanza, ma per la pienezza, per gioire della vita e della vita in abbondanza”, ha precisato Leone.
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“Questo desiderio abissale del nostro cuore può trovare la sua risposta ultima non nei ruoli, non nel potere, non nell’avere,
ma nella certezza che c’è qualcuno che si fa garante di questo slanci costitutivo della nostra umanità”, il monito: “nella consapevolezza che questa attesa non sarà delusa o vanificata”. “Tale certezza coincide con la speranza”, ha proseguito il Pontefice: “Ciò non vuol dire pensare in modo ottimistico: spesso l’ottimismo ci delude, vede implodere le nostre attese, mentre la speranza promette e mantiene”. “Gesù Risorto è la garanzia di questo approdo!”, ha garantito il Papa; “È lui la fonte che soddisfa la nostra arsura, l’infinita sete di pienezza che lo Spirito Santo infonde nel nostro cuore”. La Risurrezione di Cristo, infatti, “non è un semplice accadimento della storia umana, ma l’evento che l’ha trasformata dall’interno”. “Il Risorto è la fonte viva che non inaridisce e non subisce alterazioni”, l’esempio scelto dal Papa: “Resta sempre pura e pronta per chiunque abbia sete”. “E tanto più gustiamo il mistero di Dio, tanto più ne siamo attratti, senza mai restare completamente saziati”, ha affermato Leone citando l’Inno alla bellezza di Sant’Agostino, contenuto nelle Confessioni.
“Solo Gesù morto e risorto risponde alle domande più profonde del nostro cuore”, ha proseguito il Papa: “c’è davvero un punto di arrivo per noi? Ha senso la nostra esistenza? E la sofferenza di tanti innocenti, come potrà essere riscattata?”.
“Gesù, con la sua Risurrezione, ci ha assicurato una permanente fonte di vita: egli è il Vivente, l’amante della vita, il vittorioso su ogni morte”, ha ricordato Leone XIV: “Perciò è in grado di offrirci ristoro nel cammino terreno e assicurarci la quiete perfetta nell’eternità”. “Gesù Risorto non fa calare una risposta dall’alto, ma si fa nostro compagno in questo viaggio spesso faticoso, doloroso, misterioso”, ha assicurato il Papa:
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“Solo lui può riempire la nostra borraccia vuota,
quando la sete si fa insopportabile. Ed egli è anche il punto di arrivo del nostro andare. Senza il suo amore, il viaggio della vita diventerebbe un errare senza meta, un tragico errore con una destinazione mancata”. “Siamo creature fragili”, ha osservato Leone: “L’errore fa parte della nostra umanità, è la ferita del peccato che ci fa cadere, rinunciare, disperare. Risorgere significa invece rialzarsi e mettersi in piedi. Il Risorto garantisce l’approdo, ci conduce a casa, dove siamo attesi, amati, salvati. Fare il viaggio con lui accanto significa sperimentare di essere sorretti nonostante tutto, dissetati e rinfrancati nelle prove e nelle fatiche che, come pietre pesanti, minacciano di bloccare o deviare la nostra storia”. “Dalla Risurrezione di Cristo sgorga la speranza che ci fa pregustare, nonostante la fatica del vivere, una quiete profonda e gioiosa”, ha concluso il Papa: “quella pace che lui solo ci potrà donare alla fine, senza fine”.