Chiesa | DiocesiL’Eucaristia forma la Chiesa a diventare segno e strumento di unità della famiglia umana, mediante i gesti del servizio, del perdono, del dialogo e dell’ascolto
«A questa unione con Cristo, luce del mondo, sono chiamati tutti gli uomini» (Lg 3). Gesù Cristo, con il dono totale di sé, rappresentato e reso presente nell’Eucaristia, corpo donato e sangue versato, ha riconciliato tutti gli uomini tra sé e con Dio, ha abbattuto ogni muro di separazione e di inimicizia, ha abbracciato l’umanità intera: «Dio ha disteso sulla croce le sue mani per abbracciare i confini dell’universo» (Cirillo di Gerusalemme). La Chiesa, edificata continuamente dall’Eucaristia, è – come ricorda l’incipit di Lumen gentium – in Cristo segno e causa dell’unità di tutta la famiglia umana. La seconda preghiera eucaristica della riconciliazione recita: «In un mondo lacerato da lotte e discordie, riconosciamo la tua opera che piega la durezza dei cuori e li rende disponibili alla riconciliazione», opera di cui la Chiesa è segno e testimonianza, strumento di pace. È impossibile celebrare l’Eucaristia senza che il cuore e il pensiero vadano alle tante sofferenze che le divisioni causano. L’eco di queste parole è forte nel contesto attuale, segnato da discordie, conflitti, antagonismi, nazionalismi, discriminazioni, messianismi identitari. Il gesto sacramentale del banchetto che Gesù ci ha lasciato, che coniuga sempre insieme convivialità e sacrificio, dono e impegno, offre alla Chiesa e all’umanità la strada verso la concordia e l’unità. Sempre richiamando la seconda preghiera eucaristica della riconciliazione, si afferma che la via della pace, prima di essere un compito o uno sforzo umano, è un dono, ovvero è possibile perché il cuore si mette in ascolto e in obbedienza di una chiamata che viene dalla voce della coscienza: «Per tuo dono o Padre, la ricerca sincera della pace estingue le contese, l’odio è vinto dall’amore, la vendetta è disarmata dal perdono» (Riconciliazione II). Non siamo noi gli artefici della comunione – da soli non siamo in grado di farlo – ma a noi spetta che il dono ricevuto diventi compito, impegno, venga tradotto in scelte, gesti, strade che costruiscono concretamente la comunione significata e resa possibile dal dono che Cristo fa di se stesso nell’altare eucaristico. Il rito contiene la grammatica fondamentale della riconciliazione, il germe e il lievito perché l’umanità cresca nella fraternità. L’Eucaristia inizia con il segno della croce che invoca la Trinità, a significare che – come ricordava san Cipriano – noi siamo convocati nel nome dell’amore trinitario, non nel nostro nome. Prosegue con il gesto dell’invocare il perdono per poterlo donare; senza l’umiltà di chiedere e donare il perdono non è possibile la riconciliazione. La prima mensa è la Parola che chiede ascolto, apertura del cuore, disponibilità alla conversione, e che diventa a sua volta dialogo, incontro. La seconda mensa è quella del pane che, nel momento in cui viene spezzato, si rende presente il Risorto, viene riconosciuto come presente. La grande catechesi pasquale dei racconti di Emmaus attesta che nell’ospitalità («rimani con noi perché si fa sera») e nello spezzare il pane (segno della condivisione), ovvero nella carità si viene guariti dalla cecità, gli occhi si aprono a riconoscere nel fratello e nella sorella la presenza del Signore. Nell’ultima cena, che anticipa il senso della morte in Croce, il Signore Gesù compie un gesto che appartiene strutturalmente all’Eucaristia, anche se viene compiuto solo all’inizio del Triduo pasquale: la lavanda dei piedi. Partecipare alla mensa del Signore significa imparare a servire, non a essere serviti, significa diventare piccoli, non grandi, significa scegliere gli ultimi posti, non i primi: «Ricevere in me colui che si è sacrificato per me significa dargli spazio e potere di disporre di me in tutta la mia esistenza spirituale-corporale e quindi mettermi alla sua sequela» (Balthasar). L’Eucaristia forma la Chiesa a diventare segno e strumento di unità della famiglia umana, mediante i gesti del servizio, del perdono, del dialogo, dell’ascolto. La genuina natura della Chiesa, che nasce dalla cena del Signore, non è perciò pensabile senza il mondo, fuori dal mondo o separata dalla famiglia umana e dalle sue vicissitudini. La Chiesa è nel mondo, per il mondo, la sua vocazione è quella di riflettere la luce delle genti che è Cristo, di fare in modo che tutti gli uomini raggiungano la piena unità in Cristo. Il Vaticano II usa l’immagine della famiglia per parlare dell’umanità e molti documenti iniziano evocando la solidarietà della Chiesa con la famiglia umana e il compito di promuoverne l’unità: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi (…)» sono quelle dei discepoli di Cristo (inizio di Gaudium et spes). E nel documento sul rapporto della Chiesa con le altre religioni si richiama «il dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini», si ricorda che in virtù della fraternità universale (evocata dal Padre nostro recitato nell’Eucaristia) i cristiani condannano qualsiasi discriminazione per motivi di razza, di colore, di religione, di condizione sociale. Per un cristiano non esiste prima la patria o la propria cultura o la propria religione o la propria famiglia o la propria razza. Per il cristiano esiste prima l’essere umano, ogni essere umano, a qualsiasi condizione appartenga, perché Cristo ha steso le sue braccia in croce e si è spezzato per ogni uomo e donna.
Intenzione di preghiera del papa Preghiamo perché l’uso delle nuove tecnologie non sostituisca le relazioni umane, rispetti la dignità delle persone e aiuti ad affrontare le crisi del nostro tempo.
Intenzione dei vescovi Ti preghiamo, Signore, per la Chiesa: docile allo Spirito e sotto la guida del Papa, rafforzi i vincoli di comunione, perché, vinta ogni divisione e discordia, risplenda come segno profetico di unità e di concordia.
Intenzione per il clero Cuore di Gesù, rivesti di misericordia i presbiteri, perché prendano su di sé le debolezze del gregge e le pongano, insieme alle proprie, nelle tue mani.
don Andrea Toniolo Docente di Teologia alla Facoltà Teologica del Triveneto
