È stato un inno alla speranza condivisa e all’impegno concreto nel mondo l’intervento di mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, nella messa pontificale delle 11.30 del 13 giugno, celebrata in Basilica del Santo per la solennità di sant’Antonio. A poche ore dalla tradizionale processione con la statua e le reliquie del Taumaturgo, mons. Cipolla ha offerto un’immagine suggestiva della folla di pellegrini: «È un salmo di implorazione, una richiesta di aiuto e di soccorso questo continuo pellegrinare di tanti uomini e donne alla tomba del Santo. Un salmo composto da lenti passi, da lacrime, da sentimenti ed emozioni».
Nel suo intervento, il vescovo ha fatto appello alla fragilità condivisa come via di autenticità e di comunione: «Siamo deboli e fragili, siamo creature bisognose di sentirsi amate. Possiamo condividere questa condizione insieme ad altri uomini e donne che si riconoscono deboli e fragili come noi». E ha aggiunto: «Non siamo soli e non ci vergogniamo di ricorrere umilmente a sant’Antonio per chiedere la sua intercessione».
Mons. Cipolla ha letto nella devozione popolare un messaggio profondamente teologico: «Si incrociano, si fondono e si rafforzano contemporaneamente le tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità. L’una richiama l’altra, l’una è necessaria all’altra, l’una è verifica dell’autenticità dell’altra: tutte tre sono dono di Dio». Ed è proprio nella preghiera condivisa, ha sottolineato, che queste virtù si fanno carne, si fanno storia, e danno la forza per affrontare anche le prove più dure.
Nella parte centrale dell’omelia, il vescovo ha fatto memoria dei celebri «sequeri antoniani», interpretandoli come invito a riconoscere nella fede una spinta all’azione: «Il nostro pellegrinare è domanda di un miracolo che non allontana da noi stessi il dovere di fare tutto il possibile, ma domanda a Dio la forza della vita, la voglia e il coraggio di vivere, di impegnarci, di lottare».
E, citando direttamente l’inno: «Se cerchi miracoli, ecco messi in fuga morte, errore, calamità… lo attestino coloro che lo sperimentano, lo dicano i Padovani!». Il miracolo, ha detto, non è solo un evento straordinario, ma una nuova visione della realtà: «Il miracolo è dunque vedere con gli occhi di Dio, amare con il cuore di cui ci ha parlato sant’Antonio, quello di Dio, parlare con le parole di Dio».
La spiritualità antoniana, secondo mons. Cipolla, non è evasione ma impegno: «Accogliamo sulle nostre spalle, come giogo soave e mandato evangelico, le grandi sofferenze delle nostre famiglie e dei nostri amici, dei compagni di cammino, ma anche le grandi, immani ed inaccettabili sofferenze sparse in tutto il mondo». E ha ammonito: «Ogni guerra, ogni condizione di povertà, ogni ingiustizia, ogni privazione di libertà contraddicono quanto il nostro salmo canta».
L’omelia si è conclusa con un mandato missionario, rivolto a ciascuno dei presenti: «Non siamo qui per caso ma per accogliere personalmente una parola che ci dia coraggio e forza. È la parola conclusiva del Vangelo che vorrei lasciare a ciascuno: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura”».
E con uno sguardo denso di fiducia: «Antonio ci ha preceduti nel cammino, cammina davanti a noi testimone di Vangelo e di speranza».