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Lotta alla siccità, al Piano laghetti mancano i soldi
Un progetto nazionale per raccogliere l’acqua piovana. In Veneto almeno 30 siti coinvolti, ma è tutto fermo a causa del blocco delle risorse a Roma
FattiUn progetto nazionale per raccogliere l’acqua piovana. In Veneto almeno 30 siti coinvolti, ma è tutto fermo a causa del blocco delle risorse a Roma
Combattere la siccità con il Piano laghetti per raccogliere l’acqua piovana. È questa l’idea lanciata dall’Anbi, l’Associazione nazionale delle bonifiche e degli invasi, l’ente che coordina tutti i consorzi di bonifica italiani. Proposto per la prima volta nel 2021 assieme a Coldiretti, il progetto è stato approvato a Roma sulla carta, ma ad oggi le risorse non sono ancora arrivate. Risultato? Tutto è ancora fermo. Se si deciderà di attuarlo, potrebbero partire i lavori per realizzare 10 mila piccoli invasi artificiali in tutta la Penisola. In Veneto i siti individuati ammontano a 30 di cui 17 sono ex cave, per un totale di 44 milioni di metri cubi invasati. Oltre alla possibilità di utilizzare l’acqua piovana raccolta, si potrebbero installare degli impianti fotovoltaici galleggianti per 27 megawatt di potenza. I principali problemi, oltre al reperimento delle risorse, sono rappresentati anzitutto dai passaggi di proprietà visto che molti dei siti ritenuti adatti appartengono a privati. Poi dovranno essere effettuati dei lavori di impermeabilizzazione, anche se non sono previste opere in cemento. I problemi tecnici e finanziari non sono però gli unici che gravano sul progetto. Gli ambientalisti del Wwf e il Centro italiano per la riqualificazione fluviale hanno espresso perplessità sulla realizzazione di così tanti laghetti che, sostengono, potrebbero aggravare il bilancio idrico complessivo degli ecosistemi e delle falde, compromettendo gli habitat naturali. Meglio, forse, dare maggiore spazio a coltivazioni che richiedano meno acqua. Tuttavia le scene drammatiche viste l’anno scorso, quando i fiumi erano ridotti a rigagnoli, richiedono soluzioni affinché non si ripetano. «Il Piano laghetti, così come condiviso con la Regione, necessita di risorse significative che possono essere stanziate solo a livello ministeriale nell’ambito di una strategia ampia di contrasto e adattamento ai mutamenti climatici – ha commentato Andrea Crestani, direttore di Anbi Veneto – La Regione Veneto è a nostro fianco nella ricerca di tali finanziamenti ma al momento, da Roma, non sembrano esserci risorse disponibili. Quest’anno, fortunatamente, al di là delle temperature straordinarie, non si è riscontrata la grave siccità del 2022, tuttavia il problema è destinato a riproporsi e non possiamo più aspettare».
Anche spostando il focus su Padova e Venezia il Piano laghetti è fermo, come certifica il Consorzio di bonifica Bacchiglione: «Abbiamo proposto 12 interventi, per 5 dei quali abbiamo i progetti pronti per essere realizzati, ma sono in attesa di finanziamento – afferma Paolo Ferraresso, presidente del consorzio – Siamo fiduciosi e stiamo lavorando in questo senso per trovare i fondi per poter realizzare questi interventi necessari e non più rinviabili. Questo percorso, per ciò che ci riguarda, è iniziato nel 2018 con la progettazione degli invasi multi-obiettivo nel bacino colli Euganei per far fronte alle esigenze e alle criticità del territorio. Nonostante la sua importanza l’opera non ha ancora ottenuto i fondi per essere realizzata, ed è stata inserita tra le proposte del Piano laghetti per trovare soluzioni concrete ai cambiamenti climatici per il nostro territorio». Oltre alle ex cave, in Veneto sono stati individuati altri dieci siti per realizzare gli invasi di pianura, con una capacità stimata in 5 milioni di metri cubi d’acqua, funzionale soprattutto all’irrigazione di precisione, cioè a orti e frutteti. La terza strada “navigabile” è quella della “bacinizzazione” dei corsi d’acqua esistenti: dieci sbarramenti in altrettanti tratti di fiumi o canali, per una capacità complessiva di 5 milioni di metri cubi da averli disponibili nel momento di bisogno. «Abbiamo pronte delle proposte concrete che hanno come obiettivo quello di immagazzinare il più possibile l’acqua piovana come riserva idrica – conclude Paolo Ferraresso – per poi poterne usufruire nei momenti di necessità e allo stesso tempo quello di garantire la sicurezza idraulica. Le nostre proposte riguardano sia la costruzione di invasi che il miglioramento di strutture già esistenti».
Andrea Benato