Tutti ricordiamo le stragi di Capaci e di via d’Amelio, anche chi non era ancora nato ne conosce l’impatto. Hanno infatti segnato la storia del Paese e sono state uno spartiacque. Falcone e Borsellino sono diventati due icone. Ma qual è la storia privata, quali lo sguardo e il moto umanissimo del cuore e del pensiero che soggiacciono alla storia pubblica?
Luca Fiorino e Giovanni Santangelo, diretti da Chiara Callegari, portano sul palcoscenico del Teatro Verdi un progetto di Simone Luglio, L’ultima estate. Falcone e Borsellino 30 anni dopo, il 23 maggio alle 20.30.
Lo spettacolo chiude il programma dei “Fuoriserie”, il contenitore multidisciplinare proposto dal Teatro Stabile del Veneto e si tiene in occasione della Giornata della Legalità, in collaborazione con la Camera di Commercio di Padova.
L’ultima estate ripercorre gli ultimi mesi di vita dei due magistrati siciliani nell’estate di quel 1992 e, attraverso fatti noti e meno noti, pubblici e intimi, racconta fuori dalla cronaca e lontano dalla commiserazione la forza di quegli uomini, la loro umanità e il loro senso profondo dello Stato, ma anche l’allegria, l’ironia, la rabbia e, soprattutto, la solitudine a cui furono condannati. Sottratti all’apparato celebrativo che ha fatto di loro delle icone cristallizzate, lo spettacolo li restituisce nella dimensione più autentica e quotidiana, che nulla toglie al senso della loro battaglia, ma li completa come esseri umani. Il diario civile di due uomini, non di due eroi. Un mosaico di eventi, un delicato intrecciarsi di momenti ironici e amari, pubblici e intimi. I due protagonisti si interrogano e si raccontano, si confrontano tra loro e con lo spettatore, portandolo a rivivere momenti fondamentali di un’amicizia, e della storia del nostro Paese.
Note di regia
L’ultima estate è un mosaico di eventi, in delicato intrecciarsi di momenti ironici e amari, pubblici e intimi.
I due protagonisti, per una volta sottratti alle ritualità e alle mitologie, si interrogano e si raccontano, si confrontano tra loro e con lo spettatore, portandolo a rivivere momenti fondamentali della loro amicizia, oltre che della storia di questo Paese.
Si parte dalla fine. Dalla loro morte. In scena la macchina da scrivere, i faldoni, le sedie, le giacche…l’ufficio in cui tutto è iniziato. Due attori ed elementi scenici ridotti all’essenziale, perché padrona della scena deve essere la parola.
Parole recitate, confidate a un microfono, affidate ai tasti di una macchina da scrivere, riprodotte da un registratore, a volte ridotte al silenzio di fronte ai ricordi.
Un viaggio nel tempo con due guide d’eccezione e una domanda sospesa: quale parte tocca a noi, adesso? di Chiara Callegari