Madagascar. Mons. Vella (Moramanga), “un Paese ricco ma impoverito dalla corruzione. La Chiesa resta l’unico rifugio per il popolo”
Mons. Rosario Saro Vella, unico vescovo italiano in Madagascar, vive sull’isola da 45 anni e guida la diocesi di Moramanga, impegnata tra povertà, speranze e una popolazione giovane in fermento. Il Paese ha vissuto di recente una crisi politica e un “colpo di Stato indolore”, frutto della protesta della generazione Z contro corruzione e povertà. Ricco di risorse ma tra i più poveri al mondo, il Madagascar soffre per l’egoismo politico e gli interessi stranieri. La Chiesa cattolica resta un punto di riferimento per la popolazione, offrendo istruzione, sanità e accoglienza ai più fragili. In questa intervista al Sir mons. Vella dice di puntare su educazione e formazione per costruire un futuro nuovo per il Paese.
Mons. Rosario Saro Vella, vescovo di Moramanga in Madagascar (Foto: R.Vella)
È l’unico vescovo italiano in Madagascar. Mons. Rosario Saro Vella, missionario salesiano, dal 2019 guida la diocesi di Moramanga, una cittadina ad un centinaio di chilometri dalla capitale Antananarivo. Vive in Madagascar da 45 anni e ha cambiato varie diocesi. Per lui la grande isola nell’Oceano Indiano è ormai una seconda patria. La sua diocesi al centro del Paese è estesa quanto metà Lazio e ha più di mezzo milione di fedeli, tra povertà croniche, speranze di rinascita e una popolazione giovane in fermento. Alla fine del 2021 gli abitanti del Madagascar erano circa 28 milioni tra cui 9 milioni di cattolici, pari al 32.2% della popolazione. Contati allora 2.000 sacerdoti, 6.400 religiosi e religiose, 500 parrocchie e migliaia di missioni. Cinque i vescovi stranieri all’interno della Conferenza episcopale: due polacchi, un portoghese, uno spagnolo e un italiano.
Negli ultimi mesi il Paese africano ha vissuto una stagione di proteste inedite, guidate in gran parte dalla cosiddetta “Generazione Z”. Dalle piazze è scaturito quello che mons. Vella definisce “un colpo di Stato un po’ indolore, differente da come si immagina”. L’Assemblea nazionale ha infatti destituito il presidente in carica Rajoelina, che è poi fuggito, lasciando un vuoto di potere. “È stato un passaggio anomalo – spiega mons. Vella al Sir – ma non del tutto fuori dalla legalità. Molti Paesi hanno riconosciuto il nuovo presidente, altri no. Di fatto, però,
la popolazione ha espresso il proprio disagio di fronte a una classe politica che da anni pensa ai propri interessi e non al popolo”.
Il Madagascar “potrebbe essere un paradiso”, osserva il vescovo. È ricco di risorse minerarie, paesaggistiche e agricole, e non ha mai conosciuto guerre civili interne.
“Eppure, è tra i Paesi più poveri al mondo. La causa è la corruzione, l’egoismo e l’inefficienza di chi governa.
A questo si aggiungono gli interessi stranieri, in particolare di multinazionali e potenze come la Francia, che continuano a trarre enormi profitti dal sottosuolo malgascio”. Oro, cobalto, terre, pietre preziose, manodopera tessile a basso costo, aziende informatiche, sono al centro di un intreccio di affari che “non porta alcun beneficio alla gente comune, ma solo a una ristretta élite”, denuncia.
La recente rivolta dei giovani è partita da motivi concreti e quotidiani – la mancanza di acqua ed elettricità e la difficoltà di accesso a borse di studio – ma dietro c’è una protesta più profonda contro “un sistema che non offre futuro”. “La Generazione Z – racconta – ha fatto sentire la propria voce, chiedendo diritti e dignità. Ma
non sappiamo ancora se emergeranno leader capaci di un cambiamento vero, o se prevarranno ancora una volta gli interessi di pochi”.
In questo contesto, la Chiesa cattolica continua ad essere, per molti, l’unico punto di riferimento, “l’unico rifugio per la gente”. “La Chiesa – afferma mons. Vella – è l’unica istituzione che può dire: faccio qualcosa di buono per il popolo. Le parrocchie e le comunità religiose sono centri di accoglienza per i poveri, i malati, i bambini, le ragazze vulnerabili. Le nostre scuole, anche nei villaggi più remoti, offrono un’educazione seria e accessibile. I nostri ospedali curano tutti, chiedendo solo un piccolo contributo”.
La diocesi di Moramanga è impegnata su cinque priorità: evangelizzazione, educazione, attenzione ai poveri, famiglia e giovani, promozione delle vocazioni. “Il Vangelo è la forza che può dare speranza al popolo nei momenti difficili – sottolinea – ma è fondamentale anche la formazione: dalle scuole materne all’università, fino ai centri per giovani agricoltori e madri”.
Proprio sull’educazione si concentra l’impegno maggiore. “Da oltre vent’anni – spiega – sosteniamo centinaia di studenti poveri con borse di studio universitarie. Crediamo che l’intelligenza non dipenda dalla ricchezza. Come diceva don Lorenzo Milani, cambiando una scuola si può cambiare la società.
I giovani che conoscono la povertà possono diventare i futuri avvocati, imprenditori e amministratori del Paese, se ricevono una formazione solida e valori autentici”.
Il sostegno della Chiesa italiana. In questi mesi mons. Vella ha chiesto alla Conferenza episcopale italiana, tramite il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, un sostegno per tre progetti in fase di realizzazione: un centro di accoglienza per ragazze vulnerabili a rischio di prostituzione (stanziati 250 mila euro), una struttura di recupero per tossicodipendenti e alcolisti (395 mila euro), realizzata con la collaborazione della “Fazenda da Esperança”, un’associazione nata in Brasile e un piccolo progetto di 60.000 euro per acquistare attrezzature scolastiche. Il prossimo sogno da realizzare, grazie al contributo dell’8xmille della Cei, è la costruzione di una università diocesana. “Se vogliamo un Paese nuovo, dobbiamo formare persone nuove, con mentalità nuova. Solo una cultura più elevata può generare una società più giusta”, dice con convinzione.
La solidarietà quotidiana. Accanto ai progetti educativi, la diocesi porta avanti numerose iniziative di solidarietà: piccoli alloggi per famiglie senza casa, centri di promozione della donna, attività di sostegno ai malati e alle scuole. “I bisogni sono infiniti – confida –. Quando in una famiglia qualcuno si ammala, la sanità non funziona e bisogna pagare tutto. Anche l’istruzione è un peso insostenibile per molti genitori. Noi cerchiamo di essere vicini in questi momenti difficili, anche con gesti piccoli ma concreti”.
Un missionario oramai “figlio di questa terra”. Dopo 45 anni in Madagascar, mons. Rosario Vella si considera “figlio di questa terra”. “Mi trovo benissimo qui – dice –. È il Paese che mi ha accolto, mi ha voluto bene come missionario e pastore e mi ha insegnato tanto. Mi sento parte del suo popolo, ma mi sento a casa anche in Italia. Viviamo in uno spirito di famiglia: la famiglia del Madagascar è vicina a quella che si trova in Italia”. In un Paese che cerca faticosamente una via di riscatto dopo l’ennesima crisi politica, il vescovo di Moramanga invita a non perdere la speranza: “Anche il Madagascar può risorgere, se saprà ritrovare onestà, giustizia e amore per il proprio popolo”.