Idee | Pensiero LiberoCommozione e attesa. La Chiesa e il mondo, di fronte alla morte di papa Francesco, sperimentano questi sentimenti in un clima sospeso tra l’“è stato” e il “sarà”.
Si chiude un papato tutto sommato breve, lungo meno di metà di quello di Giovanni Paolo II, e tuttavia il sipario pare scendere su un’era. Le immagini di quel marzo 2013, quando il cardinale argentino salutò dalla Longa delle benedizioni di San Pietro con un «Fratelli e sorelle, buonasera», toccano ancora oggi nell’intimo. Eppure da allora pare trascorso molto più di questi ultimi dodici anni. L’accelerazione sociale in atto, per la spinta vertiginosa dell’evoluzione tecnologica, si è sommata al verificarsi di eventi che mai avevamo visto prima d’ora o non capitavano da secoli. Una pandemia come quella del 2020 ha sconvolto vite e generazioni. L’invasione di un Paese europeo a opera di un aggressore ostile è tutt’ora in corso. La mutazione genetica dell’Occidente per le decisioni del presidente Trump avranno conseguenze pesanti e inaudite, ma non è detto solo negative. In tutto questo papa Bergoglio è stato un caposaldo sulla scena mondiale. Ha parlato chiaro fin dapprincipio, ha insistito su alcuni valori di fondo a favore di una serie di categorie di persone a forte rischio “indifferenza” causa globalizzazione. Ha riportato in auge temi centrali per il cattolicesimo, che tuttavia sembravano impolverati in un cassetto: l’ecologia integrale è radicata in san Francesco, la fraternità universale ha molti paladini tra cui san Benedetto, patrono d’Europa. Questo papa ci consegna molto su cui continuare a riflettere, probabilmente avrebbe voluto concretizzare maggiormente le riforme avviate, eppure ha saputo aprire porte che sembravano sbarrate. Un esempio viene dall’assai discusso tema del ruolo delle donne nella Chiesa: se è vero che le attese per il diaconato, aumentate dalla costituzione di ben due commissioni, sono state deluse, è altrettanto vero che per la prima volta alcune donne hanno avuto diritto di voto in un Sinodo dei vescovi, nella cui segreteria è stata nominata la francese Nathalie Becquart. E come queste, altre sono state le nomine innovative, come quelle di suor Raffaella Petrini a capo del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano e di Paolo Ruffini come prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede. Insito a tutto questo c’è un messaggio particolarmente importante – direi a tratti entusiasmante – che papa Francesco ha consegnato a ciascuno di noi: abbandoniamo il binario morto del “si è sempre fatto così”. Oltre alle nomine sono innumerevoli gli altri segnali che ha lanciato in questo senso, primo tra tutti la scelta di risiedere a Casa Santa Marta, ultimo, in ordine di tempo, stabilire la propria sepoltura a Santa Maria Maggiore e non nelle grotte vaticane dove si trovano le tombe dei papi (se santi traslati in San Pietro). È un atteggiamento che ha moltissime conseguenze, nella Chiesa come nella vita. Il modello del papa in questo senso è stato Gesù in persona: chi non ha peccato scagli la prima pietra; il sabato (e quindi la legge) è per l’uomo e non l’uomo per il sabato. La rivoluzione cristiana basata sulla centralità dell’uomo e sull’amore tra gli uomini passa oggi dalla sospensione del giudizio che il papa ha formulato in volo, di ritorno dalla Gmg in Brasile nel 2013, portando l’esempio di una persona omosessuale che cerca Dio. Ma passa anche dall’abbandono della diffidenza verso la Rete e la tecnologia («Internet è un dono di Dio», scrisse nel messaggio per la 48a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali del 2014) per arrivare a un suo utilizzo consapevole per l’uomo. Mai prima di oggi la Chiesa italiana tutta si era confrontata con un Sinodo che sta concedendo momenti di verità, come la Seconda Assemblea sinodale in cui i mille delegati hanno stoppato il testo per riscriverlo da qui a ottobre. In questi anni, una ventata di aria fresca è entrata dai portali delle nostre chiese e oggi, seppur di fronte alle incertezze del momento, sta a noi non chiuderli.
