Un dolore straziante, indescrivibile, il più lacerante che un essere umano possa provare. La morte di un figlio è per un genitore una ferita non rimarginabile, dopo la quale l’esistenza non sarà più la stessa. Il 21 agosto in provincia di Ragusa un piccolo di 2 anni perde la vita in una piscina gonfiabile nella casa di villeggiatura della famiglia, ma è solo l’ultimo della tragica catena che quest’estate ha visto quattro bambini annegati in piscina. Un’estate costellata anche di incidenti stradali, soprattutto in moto, con diverse vittime, principalmente giovani; di incidenti mortali in montagna e di giovani vittime di risse, spesso scatenate per futili motivi, o di malori improvvisi e inaspettati come l’embolia polmonare che il 18 agosto ha stroncato la quattordicenne Matilde Valeri, in vacanza con i genitori nel Veneziano, deceduta dopo due giorni di coma.
Ma c’è chi, di fronte alla tragedia della perdita di un figlio, sceglie la vita. Come i genitori di Matilde, che hanno deciso di donarne gli organi.
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“Questo gesto salverà cinque bambini”, ha spiegato il padre Achille.
Una vicenda che ricorda quella, più di 30 anni fa, di Nicholas Green, bimbo americano di sette anni, ucciso da una pallottola il 29 settembre 1994 durante una vacanza in Italia, sulla Salerno-Reggio Calabria. Un atto di violenza insensata e brutale che avrebbe potuto generare solo rabbia e disperazione. Invece, Reginald e Margaret Green decidono di donare gli organi del figlio, trasformando una tragedia in un gesto di amore universale. “Volevo dare l’opportunità ad altri bambini di poter vivere”, mi disse con semplicità nei primi anni duemila il papà Reginald, incontrato a Roma, a margine di un congresso internazionale sul trapianto di organi al quale era stato invitato. E ricordando l’ondata di commozione che attraversò il nostro Paese per quella morte innocente e per la generosità dei genitori, aggiunse con tono pacato che proprio quel calore umano aiutò lui e Margaret a
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“far trionfare la speranza sulla disperazione”.
Da quel momento l’Italia non è più la stessa. La donazione degli organi, fino ad allora poco conosciuta e praticata, diviene un tema centrale nel dibattito pubblico. Nicholas salvò sette vite e ispirò migliaia di persone a fare lo stesso, tanto che si parlò di “effetto Nicholas”: una rivoluzione culturale che ha reso il nostro Paese un’eccellenza mondiale nel campo dei trapianti.
La storia di Giordano. Trent’anni dopo, nel 2024, a Torino un altro bambino, Giordano, cinque anni, riceve un cuore nuovo. Dopo lunghi mesi di attesa e sofferenza, il trapianto gli salva la vita. La mamma, Annalisa Margarino, ha vissuto con lui otto mesi all’ospedale Regina Margherita, condividendo paure e speranze con altre famiglie.
“Quando aspetti un organo per tuo figlio, non speri nella morte di un altro bambino, ma semplicemente che nella disperazione più buia germogli la forza di un dono”,
dice commossa, raccontando la sua vicenda in un’intervista al Sir. “Il dolore può indurire, oppure trasformare. Io ho scelto di vivere con più amore”.
I numeri della speranza. Nei primi mesi del 2025, secondo i dati del Centro nazionale trapianti (Cnt) diffusi lo scorso 14 aprile, 28ma Giornata nazionale della donazione di organi e tessuti, sono oltre 450 i donatori deceduti che hanno permesso più di 1.100 trapianti. Ma la lista d’attesa resta lunga: 8.200 pazienti sono in attesa di un organo: circa 6mila un rene, oltre mille un fegato, 750 un cuore, quasi 300 un polmone e poco meno di 200 un pancreas. Sono invece 48mila le persone che oggi vivono grazie a un trapianto. In Italia sono attivi 97 centri di trapianto che operano presso 42 ospedali, sotto il coordinamento di 19 centri regionali e col supporto di 30 banche dei tessuti.
Sì alla donazione di organi. “La nostra rete trapiantologica migliora continuamente dal punto di vista clinico-scientifico e sotto il profilo organizzativo – afferma Giuseppe Feltrin, direttore del Cnt –. Il nostro impegno quotidiano è garantire con la massima tempestività ed efficienza che ogni organo donato venga assegnato al paziente migliore, quello che ne ha più bisogno e che ha il maggior grado di compatibilità”. Eppure, ancora oggi molti cittadini, soprattutto nelle fasce d’età più avanzate, continuano a dire “no” alla donazione. Come convincerli? “Il messaggio che vogliano trasmettere loro – risponde Feltrin – è:
dateci fiducia e dite sì alla donazione degli organi”.
Come donare. È possibile dichiarare la propria volontà in diversi modi, tutti legalmente validi: al Comune, al momento del rilascio o del rinnovo della carta d’identità; online tramite Spid, attraverso l’Aido (Associazione italiana donatori di organi); presso la propria Asl, firmando un modulo; con una dichiarazione in carta libera completa di tutti i dati personali, datata e firmata. Tutte le dichiarazioni sono registrate e consultabili attraverso il Sistema informativo trapianti (Sit).
Quali organi? Post mortem si possono donare cuore, polmoni, fegato, reni, pancreas, intestino. In vita: rene, parte del fegato, midollo osseo, sangue.
Donare gli organi è facile, gratuito, e soprattutto è l’unico modo per salvare chi attende un trapianto.
Le storie di Matilde, Nicholas e Giordano mostrano che anche nel buio più profondo può accendersi una luce, e che un gesto d’amore può moltiplicarsi all’infinito.