Mosaico
Dal 15 al 17 ottobre, Napoli ha ospitato l’undicesima edizione di Med – Mediterranean dialogues, l’evento internazionale promosso da Ispi- Istituto per gli studi di politica internazionale e dal Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale. Oltre duemila partecipanti tra ministri, diplomatici, esperti, accademici e rappresentanti del mondo economico si sono confrontati sul futuro del Mediterraneo, in un momento segnato da profonde trasformazioni geopolitiche e fragili segnali di pace. L’edizione 2025 si è svolta all’indomani della tregua siglata a Sharm El-Sheikh tra Israele e Hamas, che ha posto fine a due anni di guerra a Gaza. Un evento che ha dato nuova linfa al dibattito internazionale, pur nella consapevolezza della precarietà dell’accordo raggiunto. Med 2025 ha offerto così uno spazio di dialogo sulle prospettive reali di pace e stabilità, ma anche sulle tensioni latenti che continuano a scuotere l’intera regione Mena- Middle East and North Africa.
Gaza: tra tregua e incognite politiche. Uno dei temi centrali è stato il futuro della Striscia di Gaza. Se da un lato una parte della popolazione accoglie con sollievo la fine delle ostilità, dall’altro permane una profonda incertezza sul fronte politico. La proposta statunitense per la pace, accolta con prudente ottimismo da alcuni governi, non scioglie i nodi più critici: la rappresentanza politica palestinese, il ruolo di Hamas e il processo di ricostruzione. Molti palestinesi sostengono la formazione di un comitato di figure indipendenti per guidare la nuova fase. Tuttavia, è difficile immaginare un futuro politico senza considerare il peso organizzativo e militare di Hamas, che continua a godere di una base di consenso significativa, sebbene la sua capacità elettorale resti limitata. La richiesta di una leadership rinnovata si scontra con le difficoltà strutturali nel creare nuovi partiti e superare la storica contrapposizione tra Hamas e Fatah.
Il nodo palestinese come chiave per la pace regionale. Molti relatori hanno ribadito che non può esistere una pace duratura in Medio Oriente senza una soluzione alla questione palestinese. Mentre diversi governi arabi mantengono relazioni formali con Israele, la distanza tra le élite politiche e l’opinione pubblica nei loro Paesi cresce. La normalizzazione dei rapporti resta condizionata alla nascita di uno Stato palestinese riconosciuto, in grado di coesistere con Israele. La frustrazione nei confronti di un ordine internazionale percepito come iniquo è emersa chiaramente: l’apparente doppio standard dell’Occidente e l’assenza di reazioni efficaci ai bombardamenti su Gaza hanno aumentato il rischio di un allargamento del conflitto.
Israele: sicurezza in crisi e leadership sotto accusa. Anche Israele si trova in una fase di profonda riflessione. Gli attacchi del 7 ottobre hanno evidenziato una vulnerabilità strutturale, smentendo l’idea di un’onnipotenza militare. La popolazione israeliana appare oggi traumatizzata, confusa e disillusa, e cresce la domanda di responsabilità politica. La mancanza di una vera inchiesta sui fallimenti della sicurezza e l’incertezza sulle prossime elezioni alimentano tensioni interne. A livello internazionale, emergono divergenze significative tra le iniziative diplomatiche statunitensi e quelle europee o arabe, mentre il divario tra interessi personali del premier Netanyahu e gli interessi nazionali diventa sempre più visibile.
Iran, Stati Uniti e il fragile equilibrio nucleare. Altro tema cruciale affrontato a Med 2025 è stato il confronto tra Iran e Stati Uniti dopo il breve ma intenso conflitto dei mesi precedenti. Il nodo centrale resta il programma nucleare iraniano. Mentre Teheran non accetta condizioni che considera umilianti, Washington fatica a trovare un approccio negoziale efficace. L’Iran continua a vedersi come potenza regionale, ma la perdita di credibilità e l’indebolimento delle sue reti di alleati (proxy) stanno ridisegnando il suo ruolo nello scacchiere mediorientale.
Libano: tra disarmo di Hezbollah e riforme istituzionali. Il Libano ha occupato uno spazio significativo nel dibattito. La possibilità – per ora solo ipotetica – di un disarmo graduale di Hezbollah potrebbe segnare un punto di svolta nel delicato equilibrio interno. Le recenti decisioni del governo libanese e la pressione internazionale potrebbero aprire un nuovo ciclo di discussione politica interna. A ciò si affiancano due grandi sfide: da un lato la costruzione di un sistema di difesa credibile e indipendente, dall’altro la necessità di riforme economiche profonde, che superino il controllo delle élite corrotte e il sistema clientelare che paralizza lo sviluppo del Paese.
Attori non statali e nuovi equilibri di potere. Med 2025 ha anche analizzato il crescente ruolo di attori non statali come i ribelli Houthi e gruppi come Al-Shabaab. Queste organizzazioni, pur agendo spesso in modo indipendente, stanno approfittando delle crisi regionali per espandere la propria influenza, soprattutto in Africa e nel Sahel. La loro popolarità all’estero contrasta con una crescente sfiducia interna, alimentata da ideologie radicali e metodi distruttivi.
Siria e la sfida della ricostruzione. Non è mancato uno spazio di riflessione sulla ricostruzione della Siria, dove il pragmatismo appare oggi più urgente che mai. Se da parte del nuovo governo siriano arrivano segnali di apertura, la mancanza di flessibilità dell’Occidente – bloccato da sanzioni e diffidenza – rischia di impedire un vero rilancio del Paese. Secondo molti esperti, sarà impossibile attrarre investimenti senza una revisione del quadro politico e normativo.
Il Golfo e la trasformazione della difesa. Infine, si è discusso del ruolo strategico del Golfo, dove Paesi come Uae, Arabia Saudita e Qatar stanno investendo massicciamente in intelligenza artificiale, materiali critici e difesa locale. La cooperazione con l’Ue e la Nato si sta intensificando, andando oltre i tradizionali accordi militari per affrontare nuove sfide comuni, come la sicurezza marittima e le infrastrutture digitali.
In conclusione il Med 2025 ha fotografato un Mediterraneo in rapida evoluzione, ancora attraversato da conflitti e tensioni, ma animato anche da opportunità diplomatiche, aperture politiche e tentativi di ricostruzione. La posta in gioco è alta: senza un impegno multilaterale e coraggioso, la regione rischia di perdere l’ennesima occasione di stabilità. Ma se si sapranno cogliere i segnali di cambiamento e agire con pragmatismo, il Mediterraneo potrebbe tornare a essere un ponte tra civiltà, anziché una linea di frattura tra mondi.