Il Meeting per l’amicizia tra i popoli ha la pace nel Dna ma il titolo di questa edizione, che si svilupperà tra il 22 e il 27 agosto alla Fiera di Rimini, è particolarmente focalizzato sull’emergenza delle emergenze, che affronta con un titolo aperto alla speranza: “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”. Una frase dall’opera Cori da “La Rocca” dello scrittore Thomas Stearns Eliot: come spiegano gli organizzatori, è un invito a costruire nei deserti dell’individualismo, dell’indifferenza, della violenza, della mancanza di senso un mondo di relazioni autentiche, di vera accoglienza, di un lavoro che serve al bene di tutti. Al presidente della fondazione Meeting, Bernhard Scholz, abbiamo chiesto cosa e come costruire un mondo in pace. Ecco le sue risposte.
Guerra in Ucraina e guerra in Medioriente. La guerra crea il deserto e la necessità di ricostruire. Quali saranno i mattoni nuovi che i cattolici dovranno mettere?
Il Meeting si apre con un incontro nel quale interverranno due madri: una madre israeliana e una madre palestinese, che hanno perso ciascuna un figlio nei conflitti. A loro si aggiunge una suora eritrea che vive e opera da molti anni nella Striscia di Gaza. Questo inizio è anche un messaggio: ci sono persone capaci di portare la novità della riconciliazione e superare i rancori e le aspirazioni di vendetta.
Così come oggi ci sono ebrei israeliani e musulmani palestinesi che hanno creato il Parent Circle, dove si incontrano e condividono le loro esperienze. Sono germogli di pace che un giorno fioriranno. Una mostra realizzata da giovani studenti sulla pace porterà numerose testimonianze che fanno intravedere la possibilità di vivere anche dentro le guerre con un cuore di pace e di speranza per un nuovo inizio.
Esiste anche una guerra economica mondiale a pezzi. Che tipo di sviluppo proponete per superarla?
Ci sono diversi aspetti da distinguere: conflitti manifesti o latenti insorgono dalla lotta per l’approvvigionamento delle terre rare, dalla produzione di chip e batterie concentrata in pochi Paesi, dalla nascita di nuove oligarchie con un potere tecnologico e biotecnologico quasi esclusivo, e – non da ultimo – da un protezionismo sempre più aggressivo. Alcuni di questi temi verranno affrontati al Meeting di Rimini, anche se certamente non pretendiamo di avere la ricetta per risolverli. Ma
è fondamentale cercare di comprendere i problemi per non cadere nelle trappole dell’indifferenza, delle illusioni o del complottismo.
Auspichiamo che attraverso negoziati tra le nazioni e un minimo di regolamentazione internazionale, gli effetti di queste dinamiche possano almeno essere mitigati. Credo che la questione più preoccupante sia il potere tecnologico concentrato in poche mani e con scarsissimi controlli.
Quali sono i deserti in cui oggi non si può costruire?
I deserti dove è difficile costruire sono quelli dell’odio, del rancore e dell’indifferenza, nei rapporti tra le persone, tra i gruppi e tra i popoli.
Tuttavia, è possibile portare testimonianze che rendono presente una attrattiva capace di superare questi atteggiamenti. Per esempio: chi odia è schiavo del proprio odio, e incontrare una persona che si è liberata da questa schiavitù può rappresentare l’inizio di un cambiamento. Per questa ragione è così importante mettere in luce le storie di chi è uscito dal buio dell’astio, del disprezzo e dell’inimicizia, trovando la libertà dell’incontro e del dialogo. Siamo grati di poter presentare al Meeting alcune di queste testimonianze provenienti da diverse parti del mondo.
Parliamo dei giovani: lei crede che un giovane oggi sia disposto a sperare in qualcosa e possa impegnarsi a costruire qualcosa?
Io credo fermamente.
Se un giovane incontra una proposta che abbraccia la sua vita e la apre a un orizzonte che le dà senso e utilità, c’è quasi sempre una risposta positiva.
Pensiamo a quanti ragazzi sono usciti da situazioni difficili grazie a famiglie o opere sociali che li hanno accolti, a percorsi di formazione professionale, o anche semplicemente grazie a un’amicizia propositiva. Appena possibile, iniziano a impegnarsi e a costruire. Anche in questo Meeting ci saranno incontri che documentano come spesso proprio i ragazzi usciti da esperienze difficili si rivelino più costruttivi, proprio per aver fatto esperienza di una positività inattesa. Vorrei anche ricordare che è cresciuto il numero dei volontari universitari e delle scuole superiori che permettono al Meeting di funzionare. In totale avremo quest’anno tremila volontari. In ogni giovane c’è una speranza che potremmo chiamare “naturale”, che però non resiste automaticamente alle sfide e ai problemi che la vita oggi presenta. Hanno bisogno di incontrare adulti che vivono di una speranza profonda e fondata. Non è un caso che il Giubileo abbia posto al centro l’attenzione sulla speranza.
La Nato, la crisi energetica, l’incapacità di gestire i mercati e il post-pandemia, i tagli al budget agricolo: la von der Leyen e l’Unione europea sono già a corto di mattoni?
L’Unione europea si trova in una fase molto complessa, sia per le nuove sfide geopolitiche, sia per quelle economiche, tecnologiche e protezionistiche che abbiamo accennato. A prescindere da chi guida la Commissione, il vero problema è la difficoltà di trovare risposte e soluzioni comuni in tempi utili e di presentarsi sulla scena globale come una forza incidente e credibile.
La vocazione storica dell’Europa è essere un luogo di incontro e scambio fra soggetti diversi.
Le istituzioni che la rappresentano dovrebbero avere a cuore questa ricchezza che si esprime nella diversità. Al Meeting ci saranno incontri importanti su questi temi, con Mario Draghi, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola, il vicepresidente della Commissione Raffaele Fitto e parlamentari delle diverse famiglie politiche. Sulla competitività europea interverrà Enrico Letta.
Da Francesco a Leone XIV, da Bergoglio a Prevost: cosa cambierà?
C’è evidentemente un cambiamento di stile e di approccio. Ma c’è una continuità nella volontà di rendere la Chiesa presente nel mondo come luogo dove si possa trovare una risposta salvifica alle domande e alle ferite che segnano il nostro tempo. C’è continuità anche nell’impegno per una pace giusta e duratura, sia nelle guerre più seguite che in quelle meno visibili ma non meno atroci del nostro tempo.
Papa Leone stesso ha annunciato una sua attenzione particolare per i rischi culturali e sociali dei cambiamenti tecnologici, specialmente dell’intelligenza artificiale. Sarà quindi un tema ancora più centrale in questo nuovo pontificato di quanto lo era già nel pontificato di Papa Francesco.