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Mappe IconMappe | Mappe 04 – Il settore primario – febbraio 2022

martedì 15 Febbraio 2022

Meno gas e più green. Settore primario, i nodi da sciogliere

Meno gas e più green. Cala ancora l’occupazione in agricoltura, ma il settore regge nonostante i costi dell’energia. Sguardo ora alla nuova politica europea

Gianluca Salmaso

Per raccontare l’agricoltura nel 2022 bisogna entrare in un mondo di opposti: eccellenze alimentari e produzioni non remunerative; un mercato estremamente competitivo e l’elevato impatto delle politiche e delle sovvenzioni pubbliche. E poi c’è il nodo dell’energia, con i prezzi del gasolio alle stelle e una rivoluzione verde che rischia di ingiallire sotto il peso delle crisi inflazionistica e geopolitica. L’economia è in ripresa anche in campagna. Dopo le difficoltà del 2020, il 2021 si è contraddistinto per la crescita record dell’economia italiana. Anche la produzione industriale agroalimentare ha fatto la sua parte vedendo le proprie esportazioni aumentare del 12,6 per cento a 40 miliardi di euro. L’Italia esporta soprattutto vini, formaggi stagionati, pasta e prodotti da forno. Anche il Veneto ha visto la propria economia crescere e le sue produzioni recuperare importanti quote di mercato con l’agroalimentare che registra buoni risultati nei settori del vino e caseario. Non va altrettanto bene l’occupazione, ancora in calo del 3,6 per cento sul 2019, e sui consumi generali che non hanno ancora recuperato i valori precedenti alla pandemia. Il caro-gasolio rischia di fermare la filiera. «Gli agricoltori per le operazioni colturali sono costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50 per cento del gasolio – spiega in una nota la Coldiretti– L’impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi dei concimi, con l’urea passata da 350 euro a 850 euro a tonnellata». Il caro-energia condiziona tutte le attività industriali: l’aumento del gasolio rischia di lasciare in secca la flotta da pesca mettendo a rischio la tenuta di 12 mila imprese a livello nazionale, ma neppure i floricoltori se la passano meglio con le serre, tra cui quelle padovane del distretto florovivaistico di Saonara, che temono di veder erosi i già scarsi margini dall’aumento dei costi di riscaldamento necessari per tenere le colture a una temperatura costante prossima ai 20 gradi. Se il consumatore vede aumentare i prezzi dei prodotti, questi non sempre vanno a coprire l’aumento dei costi dei produttori che lamentano di non trovare soddisfazione nelle contrattazioni all’ingrosso.

Il Veneto alla prova della congiuntura. A parità di prezzi, l’unica produzione agricola in positivo riguarda gli allevamenti, cresciuti nel 2021 sull’anno precedente del 1,8 per cento. Chiudono una classifica quasi interamente negativa realizzata da Veneto Agricoltura le produzioni legnose, in calo del 9,5 per cento. Ai danni della pandemia si assommano le gelate primaverili e le problematiche fitosanitarie che hanno condizionato in particolare il mercato frutticolo con le pesche in calo di oltre il 77 per cento e le pere a quota meno 85 punti percentuali. E sembra che il clima non giochi nella stessa squadra degli agricoltori anche quando si parla di coltivazioni orticole, del mais e della soia: le lunghe e torride estati siccitose finiscono col ridurre le quantità prodotte, con la resa per ettaro non compensata – nel caso della soia – da un aumento delle superfici coltivate.

I fondi europei verso la nuova Pac. Dagli anni Sessanta, l’Europa è particolarmente attiva nel settore primario, sostenendo a oggi oltre 6,3 milioni di aziende agricole in tutta l’Unione e garantendo in media quasi la metà del reddito disponibile agli agricoltori. Una misura costata 41,7 miliardi di euro nel solo 2018. Tale mole di aiuti rivolti a sostenere il reddito deriva dalla consapevolezza che gli agricoltori guadagnino mediamente il 40 per cento in meno degli impiegati in altri settori e che il loro salario sia condizionato tanto dalla concorrenza dei paesi extra Unione quanto dalle incertezze climatiche. Nel 2019 l’intero bilancio generale dell’Ue ammontava a poco più di 103 miliardi di euro di cui circa 58 destinati al sostegno all’agricoltura. Dei fondi Pac, 14,18 miliardi sono destinati al secondo pilastro, il cosiddetto sviluppo rurale. Dopo un biennio di transizione negli anni 2021 e 2022, dal 2023 inizierà la stagione della “nuova Pac”: la nuova politica europea è chiamata a destinare almeno il 40 per cento dei fondi in ottica di azioni per il clima previste dal Green deal, il tutto con finanziamenti stimati in calo di circa il 10 per cento rispetto a quanto avveniva prima del 2020. «Se obblighiamo i nostri produttori ad andare verso il biologico a costi minori per essere competitivi e a ridurre i terreni coltivati, togliamo sei miliardi all’agricoltura italiana e quindi 600 milioni di euro a quella Veneta – spiega l’eurodeputato Mara Bizzotto – Con la nuova Pac i nostri agricoltori non avranno margini di redditività e saranno costretti a chiudere. Manca la reciprocità: se agricoltori veneti e italiani devono produrre rispettando determinate regole non rispettate dal resto del mondo, è inutile essere i primi della classe in Europa se poi subiamo l’invasione di prodotti non tutelati». I Fondi europei in Veneto. «Siamo già riusciti a destinare tutti i fondi europei della vecchia programmazione, a dare direttamente nelle casse degli agricoltori oltre il 67 per cento di questi fondi – illustra Federico Caner, assessore regionale ai fondi Ue, turismo, agricoltura e commercio estero – Credo questa sia la cosa più importante che la nostra Regione riesce fare: garantire alle nostre aziende di avere le risorse necessarie per fare investimenti». Il Psr, il piano di sviluppo rurale del Veneto, dal 2014 al 2020 ha visto lo stanziamento di oltre 1,169 miliardi di euro cofinanziati al 43 per cento dall’Unione, al 40 dall’Italia e al 17 dalla Regione. Con il 69,4 per cento di avanzamento dei progetti presentati, il Veneto si colloca al secondo posto dietro la Provincia di Bolzano – al 78 per cento – a livello nazionale. Tra le sei priorità evidenziate dalla Regione, quella che registra le performance meno positive riguarda, nel periodo 2014 – 2020, la transizione ecologica per quanto riguarda l’incentivo all’efficienza e alla riduzione delle emissioni: degli oltre 49 milioni di euro programmati, ne sono stati concessi 43,6 ed effettivamente finanziati 19,5 milioni, pari al 39,7 per cento del totale. I dati, aggiornati al 24 febbraio 2021, sono in controtendenza rispetto alle altre priorità fra cui primeggia la voce dei pagamenti agroclimatici- ambientali al 99,8 per cento. «Il tema della sostenibilità non è soltanto ambientale, ma è economica e sociale, dobbiamo ricordarlo – puntualizza Caner – Altrimenti rischiamo di entrare in quel vulnus dell’estremismo ambientalista che non contempla le altre esigenze. Tutti siamo orientati al tema della sostenibilità ma abbiamo anche il tema competitività delle nostre imprese». Un principio che dovrà misurarsi con i parametri di quel Green deal che si prefigge di riscrivere completamente le regole che fin qui hanno sorretto il settore primario in Europa. Perché qualcosa bisognerà pur fare, alla fine dei conti, di queste cattedrali erette dall’artigianato che fu.

I bassi margini di guadagno per il tabacco

Non va bene per il tabacco che in Veneto occupa 3.600 ettari (200 nel Padovano): a ottobre, i tabacchicoltori denunciavano l’aumento del 20 per cento dei costi di produzione, non compensati dall’aumento degli investimenti che non ha sortito effetti sui prezzi di vendita compromettendo la redditività della coltura.

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