FattiGli sbarchi aumentano In Italia sono arrivati 55 mila migranti in più rispetto al 2022. In Veneto, Regione, prefetti (maldestra la scelta di Vicenza) e sindaci si attivano, ma c’è rottura sulla modalità: attraverso i Sai o creando nuovi grandi hub? E la Lega si dimostra disunita
Calde sono le temperature di questi giorni. Non certamente solo in Italia, ma anche nei Paesi africani che si affacciano sul mar Mediterraneo. Quel “clima favorevole” che acquieta le acque, speranza o illusione di rendere meno impervia l’attraversata dei migranti per raggiungere le coste italiane. Calda, molto calda, è la gestione degli sbarchi: il cruscotto statistico giornaliero del Dipartimento per le libertà civili e le immigrazioni, aggiornato al 17 luglio, riporta che dal 1° gennaio 2023 a oggi, sono arrivati in Italia 78.182 migranti. Nella stessa fascia temporale nel 2022 gli arrivi erano stati 33.187; l’anno prima 24.624. Al Veneto è stata assegnata una quota del 6 per cento di tutti i migranti arrivati in Italia. Calda, caldissima è la situazione in Veneto e il clima politico si è accesso attorno al discusso protocollo.
Ad annunciarlo era stato il governatore Luca Zaia, martedì 11 luglio, in una conferenza a Palazzo Balbi. Sottoscritto con Anci (l’associazione dei Comuni) e Prefetture, il documento avrebbe spinto per l’accoglienza diffusa sul territorio. No ai grandi hub dunque: evitare la creazione di grandi centri di accoglienza come l’ex base militare di Cona, dove arrivarono a coesistere oltre 1.300 migranti, ma arrivare a una gestione in piccoli numeri e nei vari Comuni. Avrebbe, per l’appunto, perché è stato momentaneamente bloccato per il polverone alzatosi da diversi sindaci ed esponenti leghisti contrari. Luca Zaia lunedì 17 luglio ha rivendicato la scelta aggiungendo che «il protocollo è andato al ministero degli Interni, è stato approvato, e con il ministro Piantedosi ho parlato più volte… Come Regione e con il presidente dell’Anci Mario Conte (sindaco di Treviso anch’egli leghista, ndr) siamo stati i primi a livello nazionale a chiedere che ci sia una cabina di regia. Se si lascia fare alle prefetture in autonomia, da qualche parte una tendopoli ce la troviamo». Insomma, il messaggio nemmeno troppo sibillino è che la linea è concordata con il Governo.
È duro, durissimo Franco Corti, segretario cittadino del Pd di Padova: «Noi faremo di tutto per evitarlo, ma se e quando a Padova verrà aperto un hub o una tendopoli a causa della mancanza di collaborazione per ragioni di politiche di calcolo, spiegheremo ai padovani che i veri responsabili di queste situazioni saranno i vari onorevoli Stefani, Ostellari e Bitonci che coi loro colleghi di Fratelli d’Italia non hanno voluto affrontare la realtà e saranno quindi i veri mandanti di operazioni folli di questo tipo». Tra gli oppositori (e sembrerebbe un refuso) al protocollo di Zaia c’è Alberto Stefani, segretario regionale della Lega e primo cittadino di Borgoricco. In attesa di nuovi aggiornamenti, preferisce non lasciare ulteriori dichiarazioni, ma nei giorni scorsi, sul suo profilo Facebook, ha chiarito la sua posizioni e degli altri omologhi del Carroccio: «Bisogna avere il coraggio di dire che l’accoglienza di tutti è impossibile. I sindaci della Lega diranno sempre no all’accoglienza indiscriminata. Quanto successo a Vicenza è un atto grave che rompe la collaborazione tra Prefettura e sindaci. Qualcuno deve spiegarmi perché un sindaco è costretto a ospitare richiedenti asilo semplicemente perché vengono scaricati davanti al municipio alle 5 di mattina. Invece si dovrebbero destinare le risorse a decine di famiglie in difficoltà che non trovano abitazioni per il caro affitto o subiscono uno sfratto».
Stefani fa riferimento a quanto successo martedì 11 luglio: a Cornedo Vicentino, Altavilla Vicentina e Sovizzo, senza preavviso sono stati letteralmente “scaricati” alcuni migranti e lasciati nelle piazze davanti alle sedi dei Comuni o alle poste, sintomo di una certa difficoltà nella gestione dell’accoglienza che potrebbe aggravarsi ancora. Dall’Alto Vicentino, sulla scia di una gestione avviata già nel 2016 con il principio di tre profughi ogni mille abitanti, arriva però l’intenzione di collaborare ma solo come gruppo di Comuni: «La nostra posizione che riferiremo al prefetto – dichiara Giampi Michelusi, sindaco civico di centrosinistra di Thiene coinvolto nel gruppo assieme a Zugliano, Carrè, Sarcedo, Lugo e altri con Santorso capofila – è che ci siamo, non ci tiriamo indietro, crediamo nella possibilità di dare un futuro a queste persone, ma siamo per il modello Sai, il Sistema di accoglienza e integrazione. A Thiene abbiamo 48 persone accolte, sempre tramite accoglienza diffusa». Ribadendo il principio di un’accoglienza dignitosa, del resto, è il pensiero stesso della Diocesi di Padova che lo scorso 22 giugno, assieme alla Provincia, ha promosso un incontro proprio sul Sai, con ottanta sindaci. «Una cosa va detta – conclude Michelusi – Non possiamo da soli fare il lavoro di tutta l’Europa. I nostri politici a Bruxelles dovrebbero accelerare affinché tutti i Paesi si facciano carico di questa situazione».
In Veneto, secondo i dati di marzo 2023 di retesai.it, il Sistema di accoglienza e integrazione è sviluppato in 22 Comuni e vede l’inserimento di 888 migranti con 77 minori non accompagnati. Le persone straniere, per accedere al progetto, devono essere in possesso di un permesso di soggiorno per asilo politico e/o titolari di protezione internazionale.
Le parole di Sergio Giordani, sindaco e presidente della Provincia di Padova, sul Mattino: «L’accoglienza deve essere diffusa in piccoli gruppi, è l’unica strada sensata. Le tendopoli sono la sconfitta dei territori e della buona amministrazione. Il sistema veneto deve mostrarsi all’altezza di trovare strade anche indipendenti e originali per non far pagare alla gente un fenomeno che tanto non si fermerà urlando alla luna. Penso che se lo si vuole siamo perfettamente in grado di farlo: dove starebbe la tanto declamata autonomia se poi facciamo decidere a Roma dove piazzarci un maxi centro profughi?».
Il 16 luglio l’Unione Europea ha raggiunto un accordo con la Tunisia che prevede il sostegno economico di Bruxelles in cambio del controllo delle frontiere. Alla firma era presenta anche Giorgia Meloni. L’Ue si impegna a fornire un sostegno finanziario a Tunisi per migliorare il suo sistema di ricerca e soccorso in mare, il pattugliamento delle acque territoriali e il controllo delle frontiere. La Tunisia dal canto suo afferma di essere disposta a favorire il rimpatrio dei cittadini tunisini che sono arrivati irregolarmente in Europa. Ma solo suoi connazionali ed è un punto delicato perché durante i negoziati, l’Europa proponeva anche gli altri stranieri.
