Chiesa
Una visita riservata e familiare. Dopo aver incontrato ad Assisi i vescovi italiani, Papa Leone XIV si è recato al monastero agostiniano di Montefalco per trascorrere alcune ore con le monache che custodiscono la memoria di santa Chiara della Croce. Ha celebrato la messa, pranzato con la comunità e condiviso un momento di dialogo semplice e fraterno. A raccontare quanto vissuto è suor Maria Cristina Daguati, madre priora: “C’è stata un’incredulità e poi lo scoppio di una gioia corale. Poche parole, tanto incanto”.
Come avete accolto l’arrivo del Papa?
Con grande stupore! La notizia della venuta del Papa l’ho data alla comunità, siccome era da tenere segreta, prima dell’ingresso negli Esercizi spirituali. Certa che questo tempo propizio ci aiutasse a tenere il segreto – siamo in silenzio assoluto – e che la visita fosse accolta nel cuore della preghiera.
Che cosa è accaduto in quel momento nella comunità?
Vi è stata un’incredulità e poi lo “scoppio” di una gioia corale. Poche parole, tanto incanto.
Che legame c’è tra santa Chiara della Croce e il vostro oggi?
Santa Chiara della Croce con il suo cuore abitato dal Cristo crocifisso ci dice che
Cristo poi in Chiara e in noi, se glielo permettiamo, fa un duplice lavoro: entra nel cuore e lo apre rendendoci sensibili alle vicende di questo nostro tempo.
Come si inserisce questo nel messaggio del Papa?
Il bel messaggio che il Papa a braccio ha consegnato ai fedeli riuniti fuori dal portone dell’orto è quanto cerchiamo di mettere in pratica nella nostra vita.
In che modo la vita contemplativa risponde a questa chiamata?
La vita contemplativa cerca di rispondere a questo Assoluto di Dio nelle nostre vite e rilanciarlo in amore per i fratelli che ci raggiungono, ma anche per tutti quanti non sanno nemmeno dell’esistenza dei monasteri. Amati gratuitamente, rispondiamo con gratuito amore nella preghiera e nell’ospitalità.
I monasteri sono uno spazio verde di ristoro per l’anima in cerca di Dio.
C’è un gesto o una parola del Papa che l’ha colpita particolarmente?
Sono stata, in virtù del servizio di madre priora che svolgo in questo momento nella comunità, la privilegiata che ha potuto accompagnare il Santo Padre in una cella preparata nel corridoio della nostra clausura.
Cosa significa per voi accogliere qualcuno in clausura?
Far entrare una persona in clausura, significa accoglierlo nella vita intima della nostra casa. Mentre questo silenzioso e naturale incontro accadeva, avvertivo nel cuore una parola forte: “Zaccheo, oggi mi voglio fermare a casa tua”.
Che senso ha avuto per lei questo momento?
Il Santo Padre si è veramente fermato e con questo passaggio ci ha richiamato l’incontro con Gesù. La venuta del Signore alla fine dei tempi la immagino come questo “banchetto” di festa. Una gioia delicata e profonda che supera l’ottimo sacrantino di Montefalco offerto dalle cantine della città per l’occasione.
Come vivete il rapporto tra clausura e mondo?
Papa Leone XIV è la meravigliosa sintesi incarnata di questa nuzialità fra interiorità e servizio. Quando la preghiera è autentica,
il mondo è l’altra faccia della medaglia che raffigura il Salvatore del mondo.
Qual è la vocazione profonda di una contemplativa?
La passione di una contemplativa è duplice: Cristo e il mondo. Dalla preghiera nasce poi la creatività dell’accoglienza secondo la forma di clausura abbracciata dal monastero.
Che traccia lascia questa visita nella vostra comunità?
Vi è una frase che osava ripetere la madre priora che mi ha accolta in monastero: “La Chiesa è un deposito di affetto”. Ci siamo incontrati nell’amore e nell’amore orante rimaniamo unite al Santo Padre, certe che è stato un dono incommensurabile.