Idee
Niente bob a Cortina? Un sospiro di sollievo
Terra terra. La decisione del Comitato Olimpico Internazionale
IdeeTerra terra. La decisione del Comitato Olimpico Internazionale
Non tutte le ciambelle escono col buco. Ma certi “buchi” di carattere economico-sportivo sempre meglio evitarli oltre che pensarli. Che lo sport sia importante, è indubbio. Che servano strutture sportive pure. Ma che approfittando delle due cose, ci siano guadagni e speculazioni di ogni genere sulle spalle dei contribuenti, è cosa deprecabile. Lo sport è sano per sua natura, ma diventa “malato” quando sulle diverse discipline si riversano i vizi della società. Quel genere di vizi che conosciamo tutti. Così l’annuncio del Cio (il Comitato Olimpico Internazionale, ndr) e il conseguente commento del presidente Luca Zaia, sulla mancata fattibilità per Cortina di ospitare le gare di bob, slittino e skeleton per le Olimpiadi 2026, fanno tirare un sospiro di sollievo. Questione logica o mancanza di denaro? Entrambe le cose, considerando che oltre agli 80 milioni di euro stanziati, ne sarebbero serviti altri 60 per recuperare la dismessa pista di Cortina, per farla resuscitare, restando comunque un megaimpianto di nessuna utilità futura. Struttura da archeologia sportiva del passato, dal forte impatto ambientale presente e futuro. Grande dibattito. Grandi speranze e promesse. Progetti già pagati, per arrivare a sentir dire alla fine agli organizzatori italiani che: «Meglio spostare le competizioni di bob in Svizzera o Austria». Geni, viene da rispondere. Geni della sordità innanzitutto, visto il movimento popolare (di non poche persone, molte di Cortina), che si sono mobilitate per scongiurare lo scempio. Geni poi della contabilità, dato che da mesi si palesava che i fondi non sarebbero bastati. Geni della superficialità per finire, considerando che sono stati avviati studi di fattibilità, nonostante non vi sia stato uno straccio di azienda disposta a imbarcarsi nell’impresa suicida. Sono stati quindi fatti i conti senza l’oste, come spesso accade in Italia, ipotizzando che comunque alla fine c’è sempre qualcuno che ci guadagna. Cortina resta così orfana di un pezzo di Olimpiade, mentre gli italiani che sono sportivi per natura, e altrettanto “sportivi” quando si tratta di giustificare le spese, sono in ritardo con i lavori a 800 giorni dall’inaugurazione. Che bella figura viene da quei “Monti Pallidi”, come vengono soprannominate le Dolomiti, da farci impallidire non per la loro fantasia, ma realtà.
Sappiamo tutti come lo sport sia un grande business, prima ancora che un’attività agonistica. Lo sportivo che vince, non sarà mai come la vittoria ottenuta da imprenditori e società che con poco sforzo e molti investimenti pubblici, guadagnano cifre olimpioniche. Così, fintantoché avremo ministri e assessori compiacenti, pronti a perorare nuovi stadi, palazzetti e impianti avveniristici per città e paesi – molti dei quali destinati a diventare scheletri di cemento (l’esempio ce l’abbiamo con Italia ’90) – bocciature come quelle che arrivano da Cortina, più che un respiro di sollievo, dovrebbero indurci a un brindisi collettivo per lo scampato pericolo. Ma fino a quando? Ci sarà già qualcuno che sta pensando a nuove proposte per grassi incassi, che di fatto è uno “sport nazionale”.
In vista dell’inverno, la Commissione Ue «rafforza oggi la sua azione per proteggere i consumatori di energia, in particolare quelli vulnerabili». Con l’adozione di una nuova raccomandazione sulla povertà energetica, inviata lunedì 23 ottobre ai 27 Paesi membri, l’esecutivo comunitario «definisce le buone pratiche per i miglioramenti strutturali che gli Stati membri possono adottare per affrontare le cause profonde della povertà energetica». Vengono inoltre evidenziati gli investimenti in misure strutturali per affrontare il basso rendimento energetico delle case e degli elettrodomestici. Altre misure includono la fornitura di informazioni chiare sulle bollette energetiche e sulle pratiche di risparmio energetico e l’incoraggiamento dei cittadini a unirsi alle comunità energetiche o a passare a soluzioni di energia rinnovabile.
Lo sostiene Save the Children in un rapporto reso noto lunedì scorso in cui analizza la situazione delle 14 città metropolitane italiane tra cui Venezia. Ciò che manca sono spazi, opportunità e stimoli per crescere.