Idee | Pensiero LiberoNon è questo il momento di stancarsi. Stancarsi di pregare per papa Francesco. Tra pochi giorni sarà trascorso un mese dal suo ricovero al policlinico Gemelli di Roma. «La sua voce manca terribilmente», ha confessato mons. Vincenzo Paglia.
Anche il suo corpo manca, dal momento che il papa non si è mai affacciato dalle finestre dell’appartamento papale situato al decimo piano della struttura ospedaliera. Ai tanti tra noi che rischiano l’assuefazione ai bollettini medici e alle notizie sulle condizioni di salute di Francesco – riportate ogni giorno dalla stampa, dalle radio e dai tg – le due crisi respiratorie acute di lunedì scorso hanno ridestato l’attenzione. «Il papa non è fuori pericolo», hanno detto i medici, anche se tutti i sintomi sono compatibili con il decorso da polmonite bilaterale. Malattia della quale forse nessuno aveva capito la gravità, come scriveva una settimana fa Simonetta Venturini, direttrice de Il Popolo, settimanale della Diocesi di Concordia-Pordenone. Jorge Mario Bergoglio era diventato vescovo di Roma da pochi istanti, quella sera del 13 marzo 2013, e già aveva iniziato a chiedere di pregare per lui, «facciamo una preghiera di voi su di me», aveva invitato la folla assiepata all’interno del colonnato di piazza San Pietro appena dopo la fumata bianca dalla cappella Sistina. Così, in queste settimane il popolo di Dio (e in alcuni casi anche chi da Dio si sente lontano) si è raccolto in preghiera e il papa ha ammesso attraverso i social di sentire questo sostegno spirituale a lui indirizzato. Di martedì scorso è la nota dei vescovi del Triveneto che, radunati a Zelarino (Ve) per uno degli incontri canonici della Conferenza episcopale Triveneto, hanno fatto sapere che «le Chiese e i vescovi del Triveneto continuano a stringersi in preghiera, con grande affetto, intorno a papa Francesco in questo tempo di prova e sofferenza». Notizie che fanno il paio con quelle che vengono da altri continenti: la minoranza cattolica del Pakistan è stretta in preghiera dopo gli appelli dei vescovi di Lahore e Karachi. «Camminiamo insieme con il papa nel rosario di ogni giorno e con la messa giornaliera offerta per le intenzioni del pontefice e per la sua salute provata. Ma lui è forte e speriamo tanto nell’aiuto di Maria», ha detto invece mons. Sandro Overend Rigillo, vicario apostolico di Bengasi in Libia. E così via in tutto il mondo. Oggi ci siamo resi conto per davvero che il papa ha bisogno di noi, un noi che comprende tutti coloro che si sentono legati a lui, per la fede, certo, ma anche solo per un “sentire”, per la costante difesa degli ultimi, per gli incessanti appelli per la pace e la dignità dell’uomo. Su tutti questi temi, attraverso la voce altrui, la presenza del papa sulla scena pubblica non è mai mancata, così come il governo della Chiesa attraverso le nomine, tra cui quella del nostro don Riccardo Battocchio, nuovo vescovo di Vittorio Veneto. Una presenza che rimane un baluardo profetico. Anche oggi, nella sofferenza, papa Francesco lancia il suo sguardo oltre orizzonti di piccolo cabotaggio. Esattamente come ha fatto con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, che rappresentato una boccata d’ossigeno per molti che anelano tuttora una chiesa conciliare. Come pure con l’enciclica Laudato si’, quando è riuscito a parlare alla comunità scientifica sulla grave situazione in cui versa la «casa comune». Come ha fatto con la Fratelli tutti, una lettera enciclica sulla fraternità universale (anche politica!) nel mezzo di una pandemia che aveva isolato le persone, in alcuni casi separato le famiglie, inondato di lutto l’intero pianeta. È esattamente in questo solco che Francesco ha inviato lunedì scorso, grazie ai suoi collaboratori, un messaggio alla Pontificia Accademia per la vita tutto da leggere e approfondire, contro la tecnocrazia e l’iperindividualismo contro i sovranismi e il transumanesimo. È questo il tempo di stringerci ancora di più in preghiera. Per Francesco, per Jorge Mario, per tutto quanto ha dato e continua a dare per la Chiesa e per il pianeta.
