Mosaico
Il poeta americano Carl Sandburg annotava che “un neonato rappresenta il convincimento di Dio che il mondo debba continuare”. Nell’Anno giubilare che volge quasi al termine, memori della Bolla di indizione in cui papa Francesco ci ha consegnato come secondo tema fondamentale per la conversione, dopo la pace, quello della vita (cfr. SnC n.9), sulla scia di questa citazione c’è una scommessa che sempre più profuma di speranza e trova spazi di confronto accademico, di ricerca scientifica e attività clinica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Campus di Roma. È qui che, ospitati nel convegno “La fertilità e la gravidanza nella paziente oncologica: utopia o realtà?”, svoltosi nei giorni scorsi su tre sessioni e promosso dal Centro di Ricerca e Studi sulla Salute Procreativa (Cerissap), dall’Istituto Scientifico Internazionale Paolo VI (Isi) di ricerca sulla fertilità ed infertilità umana per una procreazione responsabile e dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, esperti nel settore della fertilità e della gravidanza nella paziente oncologica hanno affrontato problematiche e prospettive su un tema delicato quanto sfidante.
Tema che ci conferma come negli ultimi anni siano stati fatti grandi passi avanti nella cura delle malattie oncologiche: oggi si stima difatti che nel mondo il tasso di sopravvivenza a cinque anni sia intorno al 65% e per alcune forme tumorali (linfomi e tumore mammario) superiore all’85%. In più, ogni anno nel nostro Paese circa 8mila cittadini under 40 (5mila donne e 3mila uomini) sono colpiti da tumore, trenta ogni giorno, pari a circa il 3% del numero totale delle nuove diagnosi. Uno scenario in cui si profila inequivocabile il compito dell’oncologo, chiamato a non occuparsi soltanto della sopravvivenza del paziente ma a curarne anche la qualità di vita e, se donna, a porre uno sguardo conscio e attento sulla maternità.
A coniugare il senso della speranza con la prova umana della malattia è mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo e presidente dell’Isi, che, inquadrando la tavola rotonda nell’alveo del Giubileo, ha evidenziato come “il generare la vita è l’atto per eccellenza che ci fa riconoscere come esseri umani aperti a qualcosa che va oltre noi stessi: saper conservare questa potenzialità è un segno di umanità. Parliamo di nuove creature portatrice di diritti e la visione antropologica di matrice cristiana che appartiene al nostro Ateneo ci vede a servizio di una vita che si avvale della scienza, con percorsi scientificamente validati che consegnano alla dignità della donna una scelta così importante come la gravidanza”.
“I progressi scientifici uniti ad una coscienza etica ci offrono risposte appropriate per garantire orizzonti di speranza alle coppie che anelano alla genitorialità”.
Una strada, quella dell’oncofertilità, come ricordato da mons. Giuliodori, aperta dalla straordinaria opera del prof. Giovanni Scambia, prematuramente scomparso e nel cui nome è appena sorta una Fondazione. La sua preziosa eredità è stata raccolta dall’oncologo e ginecologo dottor Giacomo Corrado che spiega come “la ricerca medica ha permesso di rendere il cancro sempre più curabile e superare gli ostacoli che ancora si frappongono alla guarigione completa.
Con i progressi della ricerca oncologica, diventare madre dopo aver affrontato il cancro non è più un traguardo irraggiungibile: esistono storie di successo che dimostrano come sia possibile vivere sia il percorso di cura, che l’esperienza della gravidanza. È fondamentale informarsi subito, dopo la diagnosi e prima di iniziare i trattamenti, per valutare le opzioni della preservazione della fertilità, congelamento degli ovociti o del tessuto ovarico. Soprattutto quest’ultima è l’unica opzione possibile per la bambina prepubere affetta da neoplasia ed è l’unica tecnica che permette alla donna di riavere il ciclo mestruale e di avere una gravidanza spontanea. E’ importante, infine, affidarsi ad un team di oncofertilità formato da specialisti che includa oncologi, specialisti della riproduzione, biologi, psicologi, ostetrici e neonatologi”.
Un approccio integrato, dunque, in cui decisivo per Corrado è stato l’incontro con il luminare: “Dal prof. Scambia ho imparato che nulla è impossibile se lo vuoi veramente, se ti dedichi anima e cuore per ottenerlo e se lo fai insieme a persone preparate e dedite allo studio ed alla ricerca come i colleghi con cui ho l’onore di lavorare . Ai miei studenti, come ai miei figli, cerco di insegnare proprio questo: con un lavoro di squadra, con il sacrificio e con la dedizione nulla è impossibile!”.
È proprio in questo attributo che, di fatto, si condensa la vision della realtà Isi, come sottolineato anche dal direttore Tullio Ghi: “Per noi medici c’è un dovere che va al di sopra di tutto, la nostra stella polare sta nel non togliere mai ai nostri pazienti la speranza, perché la principale cura è quella dell’anima. La priorità è quella di tenere accese e inalterata la fiaccola della speranza, con le pazienti oncologiche in particolare”. “La speranza di una gravidanza, che, come soleva ricordare il prof. Scambia, era nel passato un’utopia, oggi può diventare realtà. Per questo motivo – sottolinea Maria Luisa Di Pietro, direttrice del Cerissap – è eticamente doveroso informare la paziente della possibilità di preservare la propria fertilità. Le proposte sono diverse tra di loro dal punto di vista clinico ed etico”.
“Muovendo da un’etica centrata sulla persona, la Fondazione Policlinico Gemelli ha optato per proposte che consentano alla donna e alla coppia di approcciarsi in modo naturale alla ricerca di una gravidanza. Ad esempio, con l’offerta della criopreservazione del tessuto ovarico e il suo successivo reimpianto per la ricerca di un concepimento naturale”.
La panoramica che emerge dai vari focus, integrando più saperi, tocca quindi più ambiti, inclusi quelli psicologici e sociali, grazie alle competenze sanitarie di un’eccellenza come il Gemelli, oltre ai professionisti dell’ospedale Sandro Pertini, con riferimento al Piano nazionale e alla Rete regionale del Lazio di Preservazione della Fertilità, e ai responsabili della Banca Tessuto Ovarico della Regione Lazio. Tra le varie ‘voci’ che ben sanno descrivere il percorso che implica una gravidanza dopo un tumore, sulla cui promozione c’è ancora “scarsa cultura”, tra le altre spicca anche quella dell’oncologa Alessandra Fabi, responsabile UOSD Medicina di Precisione in Senologia al Gemelli. È lei a precisare quanto la paziente debba essere accompagnata in questo viaggio, dal counseling al follow up, senza mai trascurare il valore del tempo dell’attesa, che per una donna che accarezza il sogno della genitorialità e assume farmaci chemioterapici può apparire infinita.
Lo può raccontare Angela, che è una sua paziente e ora stringe tra le braccia la piccola Karole. “Nel 2015, a trentacinque anni, il mondo mi crollò improvvisamente addosso quando a seguito di alcuni controlli, mentre con il mio compagno Alexandro cullavo già il desiderio di diventare madre, i risultati istologici riscontrarono un tumore al seno. Un male non aggressivo ma, vista l’età, da contrastare subito. Venni operata alla fine dell’estate e poi, a Bologna, fui sottoposta ad un intervento di crioconservazione del tessuto ovarico: una scelta dettata dalla profonda convinzione di non lasciare nulla di intentato e, soprattutto, di non avere rimpianti per una eventuale, futura maternità”. Conversando, è la stessa mamma a confessare quanto i suoi stati d’animo fossero totalmente destabilizzati e quando arrivò il punto di svolta. “L’incontro con la dottoressa Fabi – prosegue Angela – significò l’inizio di un cammino segnato da chiarezza, dal coinvolgimento personale nei congressi legati al tema, dagli incontri con altre pazienti e dal reale accompagnamento per la nostra coppia. Dopo l’operazione seguì una massiccia terapia prima chemioterapica e poi radioterapica: partecipai persino alla realizzazione di un calendario benefico, per il quale nonostante la perdita dei capelli ci venne ridonata per un attimo la nostra femminilità… In quel tempo, per così dire, ‘sospeso’ è stato fondamentale il rapporto medico-paziente, instaurato su un dialogo onesto con una professionista che mi ha trattata con grande umanità, sulla lucidità che ha rappresentato la mia forza e sulla capacità di affrontare quel periodo con la maggiore serenità possibile. Fu poi necessaria una cura ormonale che induce ad una sorta di menopausa momentanea, una condizione abbastanza particolare per una donna giovane: grazie alla crionconservazione riuscivo comunque, nel buio, ad intravedere una luce, una possibilità”.
![]()
“Da credente, la fede mi e ci ha fortemente aiutati a non crollare, a non coltivare illusioni, né a cedere all’ossessione di avere un bambino, che resta il frutto dell’amore tra due persone e non l’obiettivo di un accanimento umano. Se una mamma non sta bene, un figlio diventa un gesto egoistico”.
Il cancro in quei lunghi anni rimaneva tuttavia uno spauracchio che poteva ripresentarsi di colpo, ma mentre Angela seguiva la prescrizione costante e scrupolosa dei farmaci antitumorali, contemporaneamente si sviluppava un confronto “limpido e privo di sconti” con la specialista, che ha ben saputo ‘distrarre’ la sua mente con intelligente consapevolezza. Veder ritornare, in modo naturale, il ciclo alla fine della terapia ormonale è stato “un ritorno alla vita”, seguito da ulteriori screening di prassi per lei, ormai quarantenne, e suo marito. Il 23 maggio 2022, da una gravidanza spontanea nonostante la crioconservazione, è venuta alla luce una splendida bambina che porta il nome di un Papa Santo, perché, confida la sua mamma con un velo di commozione, “c’è un progetto per ciascuno di noi e nulla avviene per caso: credere significa avere speranza e fidarsi delle persone giuste, degli ‘angeli custodi’ che incontriamo lungo la strada terrena”. “Ogni persona che mette al mondo dei bambini o si occupa dei piccoli – genitori, nonni, insegnanti, catechisti, persone consacrate, famiglie affidatarie – dovrebbe sentire la simpatia e la stima degli altri adulti, perché il servizio al sorgere della vita è garanzia di bene e di futuro per tutti”, si legge nel Messaggio per la 48^ Giornata nazionale per la Vita, e questa testimonianza, in cui altre donne con il medesimo vissuto magari potranno riconoscersi, ne è la più ottimistica riprova.