Romana Giacomelli, affettuosamente conosciuta come Mamma Romana, nacque nel 1896 in una famiglia umile di Padova. La sua vita avrebbe potuto seguire un destino comune ad altre vite, se non fosse stato per la straordinaria capacità di Romana di prendersi a cuore i bisogni dei più fragili. Con tenacia e determinazione, riuscì a superare criticità familiari, economiche e sociali diventando una figura di riferimento per le donne in difficoltà. La sua storia personale, segnata da lutti e solitudine, si intreccia con quella di tante donne giudicate, escluse, colpevolizzate per aver infranto regole familiari o sociali. All’inizio degli anni Trenta, dopo la perdita del marito e con due figlie piccole da crescere, Romana trovò nella fede e nella solidarietà la forza per andare avanti. Cominciò ad accogliere nella sua casa donne rifiutate dalle famiglie, spesso vittime di violenza, gravidanze non volute o disturbi psichici. Donne considerate “sbagliate”, per le quali non esisteva spazio nella società dell’epoca. Da questo impegno nacque, al termine della seconda guerra mondiale, la Casa Mamma Romana in via Citolo da Perugia a Padova. Qui, fino alla sua scomparsa, avvenuta il 5 novembre 1979, Romana accolse e assistette centinaia di donne e bambini, offrendo loro dignità e la possibilità di un futuro migliore. Il suo impegno concreto, che nei difficili anni del dopoguerra aveva anche assunto i tratti di una silenziosa resistenza civile quando, dopo l’8 gennaio 1943, Romana si dedicò alla vita partigiana, oggi è forza quotidiana per educatrici e operatrici che, con lo stesso spirito, combattono l’emarginazione e la solitudine femminile. La sua opera, infatti, non si è fermata con la sua morte. Ancora oggi, lo spirito di Mamma Romana vive grazie all’impegno di un piccolo gruppo di operatrici e volontarie che portano avanti il suo lascito adattandolo ai bisogni dei nostri tempi. La casa in via Citolo da Perugia non è una classica struttura di accoglienza né una residenza sanitaria assistenziale ma è uno spazio che accoglie donne adulte, tra i 50 e i 70 anni, con alle spalle percorsi segnati da disagio psichico, sociale o familiare. Donne che oggi si trovano senza una casa, senza una rete, spesso dimenticate da tutti. «Non sono solo casi sociali – spiega Federica Rosina, assistente sociale – sono donne che la vita ha abbandonato. Persone che hanno dato tanto, ma poi sono crollate e nessuno le ha più volute accanto». Il dolore di queste donne ricorda quello vissuto dalla stessa Mamma Romana, che nel 1954 fu perfino oggetto di un tentativo di ricovero coatto in manicomio. Con intelligenza e dignità, Romana si fece visitare dal celebre prof. Cherubino Trabucchi di Verona, che le rilasciò una dichiarazione di perfetto equilibrio mentale. Un documento che lei portava sempre con sé.
Oggi, molte delle ospiti arrivano attraverso i servizi sociali, centri di salute mentale o altri enti di cura. Alcune non hanno nessun altro posto dove andare. Non sono adatte alle comunità riabilitative e sono troppo giovani per le case di riposo. Vivono in un limbo, in una “terra di nessuno”. La quotidianità a Casa Mamma Romana è fatta di gesti semplici: si cucina, si tengono in ordine gli ambienti, si partecipa ai laboratori e alle attività di gruppo. Si esce nel quartiere e si prova, lentamente, a reinserirsi nel mondo. Non è facile. C’è chi ha bisogno di essere incoraggiata ogni giorno anche solo a lavarsi, vestirsi o mangiare. «Sembrano cose ovvie – continua Rosina – ma qui nulla è scontato». Molte ospiti non hanno più contatti con la famiglia, altre mantengono legami fragili, ridotti a poche telefonate all’anno. Alcune vedono i figli adulti una o due volte in dodici mesi. Non c’è rabbia, ma piuttosto rassegnazione. Famiglie che non hanno retto il peso di storie complesse o che hanno semplicemente smesso di cercare un contatto. La forza della casa sta nello sguardo realistico e non giudicante con cui accoglie le donne e le loro fragilità. Alcune hanno commesso errori, altre sono state incapaci di prendersi cura della propria vita e oggi convivono con questo peso. Eppure, proprio per questo, meritano uno spazio di umanità e di possibilità. Oggi a distanza di decenni dalla morte di Mamma Romana, la sua missione è più viva che mai e offre rifugio, calore e dignità a chi è rimasto indietro. «La città è cambiata, si è arricchita – conclude Rosina – ma c’è sempre una fascia di persone che resta esclusa. Noi accogliamo chi è rimasto ai margini, esattamente come faceva Mamma Romana». Tra le pareti di questa casa, tra le litigate e le risate, tra le paure e i piccoli traguardi quotidiani, si custodisce un’idea semplice ma rivoluzionaria: nessuna donna deve mai più essere dimenticata.
A Padova, lo scorso aprile 2025, in zona Piazza Mazzini, è stata inaugurata la rotonda dedicata a Mamma Romana. L’iniziativa segue altre intitolazioni, come a Graziana Campanato e Tina Anselmi. Un’idea nata da una proposta della Commissione per le pari opportunità, che dal 2022 valorizza il contributo delle donne intitolando loro alcune rotonde cittadine.
L’associazione Opera Magnificat-Casa Mamma Romana nasce nel 1930 a Padova grazie a Romana Giacomelli, detta Mamma Romana, che dedicò la sua vita all’accoglienza di giovani donne emarginate. La prima sede fu in Corte Linguazze, nel ghetto di Padova. Dopo vari trasferimenti, nel dopoguerra ottenne in affitto il Bastione Moro in via Citolo da Perugia come luogo di accoglienza. Durante la seconda guerra mondiale sostenne la Resistenza, ricevendo il titolo onorifico di capitano dei servizi di collegamento. Nel 1953 il Ministero dell’interno riconobbe ufficialmente l’attività assistenziale, che prese il nome di Opera Magnificat. Dopo la sua morte nel 1979, l’opera proseguì e nel 1995 si formalizzò come onlus. In risposta alle nuove direttive regionali, la struttura si è dedicata all’accoglienza di donne in difficoltà tra i 50 e i 65 anni, spesso escluse dai servizi. L’associazione collabora con enti locali e offre supporto educativo, sociale e abitativo ed è dotata di 15 posti letto.