Fatti
Padova è medaglia d’oro al valore sanitario
Padova ottiene il prestigioso riconoscimento dalle mani del Presidente della Repubblica Mattarella per il soccorso messo in campo nella grande guerra
FattiPadova ottiene il prestigioso riconoscimento dalle mani del Presidente della Repubblica Mattarella per il soccorso messo in campo nella grande guerra
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella giornata di lunedì 7 aprile, ha conferito alla Città di Padova la Medaglia d’Oro “per il valore sanitario espresso durante la grande guerra”. A ricevere l’onorificenza al Quirinale è stato il sindaco Sergio Giordani, accompagnato dal prof. Giampiero Avruscio, dell’Azienda Ospedale Università di Padova, promotore dell’iniziativa assieme a Maurizio Rippa Bonati, docente di storia della medicina dell’Università di Padova. La Città del Santo fu protagonista della sanità militare italiana, divenendo una vera e propria “Città ospedale”, grazie a circa ottomila posti letto allestiti in edifici pubblici e privati e all’attivazione di corsi accelerati per oltre 1.332 studenti di Medicina, tra cui quelli formati per far fronte alla carenza di medici al fronte. Durante la cerimonia, Sergio Giordani ha ricordato il coraggio e la dedizione di medici, infermieri e operatori che prestarono soccorso ai feriti della guerra, sottolineando come questo spirito solidale sia ancora vivo nella sanità padovana, come dimostrato anche durante il Covid-19: «Una missione che è rimasta nel Dna della nostra sanità e che abbiamo visto quanto sia stata importante nella recente emergenza della pandemia». Nel giugno 2018 in occasione delle celebrazioni per il centenario della grande guerra, il Consiglio comunale, raccogliendo l’invito del Comitato “Padova medaglia d’oro al Merito della Sanità pubblica”, aveva approvato all’unanimità una delibera in cui si chiedeva che nel centesimo anniversario dell’Armistizio, la Città di Padova fosse insignita del giusto riconoscimento. Un momento cruciale fu il 26 novembre del 1916, quando con decreto regio, si stabiliva che gli studenti degli ultimi quattro anni dei corsi di medicina sotto le armi, in qualunque parte del regno fossero, dovessero essere inquadrati in uno specifico battaglione universitario, costituito a Padova. Il numero di feriti assistiti – 170 mila – e i 3,6 milioni di giorni di cura offrono la misura di uno sforzo logistico e umano straordinario, che trasformò la città in un modello di solidarietà e organizzazione medico-sanitaria durante il primo conflitto mondiale.
Durante gli anni concitati della guerra, oltre alle aule di medicina a Padova vennero allestite aule didattiche in altri luoghi della città. L’istituto d’arte Pietro Selvatico si trasformò in spazio per la formazione dei giovani medici. In breve si laurearono in medicina e chirurgia i primi 524 medici, gli altri si laurearono dopo il 1917: molti giovani studenti erano originari di Trento e Trieste. Moltissimi edifici civili e religiosi vennero trasformati in sedi ospedaliere, per l’accoglienza e la cura dei feriti. Oltre una ventina di ospedali diffusi in città, tra cui quello allestito nella basilica di Santa Giustina, con ben 1.060 posti letti. L’ospedale civile, con i suoi 746 posti letto, il già citato istituto d’arte Selvatico, si trasformò in ospedale con 630 posti. Presso il Seminario vescovile la Croce Rossa predispose una struttura ospedaliera con 600 posti letto. All’interno dell’ospedale psichiatrico provinciale si predisposero 370 posti.