Mosaico
Il 30 e 31 maggio alle 19.30 al teatro delle Maddalene la vicenda di Matteo Toffanin, vittima innocente di mafia. Assassinato dalla mafia, perché scambiato con un affiliato alla Mala del Brenta. Una sequenza di coincidenze: il bersaglio innocente nel posto giusto dell’agguato. Domenica 3 maggio 1992, via Tassoni alla Guizza, poco dopo le 22. L’indirizzo è esatto, come la Mercedes E 190 bianca in sosta (che però ha qualche numero di targa diverso). All’interno, una coppia di ragazzi reduci dalla gita con il resto della compagnia a Jesolo. Davanti al volante, c’è Matteo Toffanin di 23 anni che si era fatto prestare l’auto dallo zio Luigi. Al suo fianco, la fidanzata Cristina Marcadella che abita proprio lì. All’improvviso la raffica di proiettili: lui muore, lei resta ferita Trent’anni dopo, sul palcoscenico la sopravvissuta dialoga a distanza con lo zio Luigi fra gli scatoloni di un trasloco e il garage stipato di documenti su quella maledetta sera. Venerdì 30 e sabato 31 maggio alle 19.30 al Teatro delle Maddalene va in scena “In fondo al buio. Morire innocenti di mafia in Veneto” con Giancarlo Previati e Giulia Briata. È lo spettacolo vincitore del premio nella rassegna “AngolAzioni 2024. Scorci dalla scena padovana”, realizzata in collaborazione con il Comune e il Teatro Stabile del Veneto. «Ci sono due solitudini sul palco, Cristina e Luigi, a rivivere il lungo percorso di dolore» evidenzia Michele Angrisani, autore della drammaturgia e regista dello spettacolo, «Ciascuno nel luogo più adatto per vedere cosa c’è, davvero, in fondo al buio. La cristallizzazione del dolore e il coraggio della solitudine. Dialogano senza parlarsi in un continuo scambio di parole ed emozioni che dura lo spazio di una notte. A partire da un lavoro di ricerca su documenti giudiziari e interviste orali, a teatro si rappresentano i fatti accaduti, prima e dopo il buio. Si può morire innocenti di mafia, in Veneto. E la storia di Matteo, Cristina e Luigi parla a tutti noi. Proprio perché tutti noi potevamo e possiamo essere come loro». L’esecuzione “sbagliata” del 1992 resta ancora impunita. Due anni fa, la Procura della Repubblica aveva riaperto il fascicolo d’indagine. Ma in 30 anni nessun processo, tanto meno sentenze a far giustizia. (O. D. M.)