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“Padova sia sempre umana”. Fanno discutere le multe ai senza dimora in stazione
Fanno discutere le sanzioni inflitte a due donne per bivacco. Conseguenze della “zona rossa”? Non direttamente, ma serve una riflessione
FattiFanno discutere le sanzioni inflitte a due donne per bivacco. Conseguenze della “zona rossa”? Non direttamente, ma serve una riflessione
«Ci sono bisogni che di notte pesano di più. Chi vive in strada cerca un letto e un piatto caldo. Chi si sente solo chiede ascolto e vicinanza. A rispondere, di notte come di giorno, sono tanti volontari che, costruendo relazioni, contribuiscono a superare le emergenze». Un lettore della Difesa, tenendo in mano il numero dell’11 novembre 2007, leggeva questo in prima. All’interno, tre pagine di inchiesta dove si dava voce ai tanti volontari che «rispondono ai bisogni tessendo relazioni», accanto agli emarginati, alle prostitute, ai senza tetto, in diverse zone della città di Padova, tra cui la stazione. Diciotto anni fa, la Difesa aveva messo in prima una foto interna della stazione, sotto alla biglietteria si vedono uomini e donne che riposano sopra ad alcune brandine, avvolti da coperte stile tartan o monocromatiche. Oggi queste brandine sono sparite, la città ha aperto altri luoghi più “umani”, è cambiata la terminologia, al posto di “emergenza freddo” si preferisce parlare di “accoglienza invernale”, ma le mani che si offrono e tendono verso i vulnerabili, quelle sono le stesse, sempre calde, accoglienti. È per questo che Padova si è sentita “scossa” nell’apprendere la notizia di multe inflitte ai senza dimora che una dimora sì, a loro modo, l’hanno trovata in questi mesi o anche anni proprio nella stazione dei treni. Anzi, all’esterno di essa. Si parla di 300 euro di sanzione a Ligia (per più multe messe assieme), come si legge sul Mattino, proveniente dalla Romania; verbali anche per Maria, la donna dai tratti asiatici che ogni giorno, su un pezzettino di carta, segna tratti con la penna o con la matita. Sfogliando online il regolamento di Polizia urbana, facilmente consultabile sul sito del Comune di Padova, all’articolo 19 si legge che «su tutto il territorio comunale è vietata l’occupazione di suolo pubblico o aperto al pubblico o la sosta ai fini di bivacco, anche con carriaggi abitativi, con veicoli, tende, baracche o altri ripari di fortuna…». La violazione comporta la sanzione amministrativa pecuniaria di 100 euro. Multe che difficilmente potranno essere pagate. Chi condivide la storia di queste persone sa che non è una novità: alla Difesa è stato riportato l’esempio, di un paio di anni fa, di un uomo che viveva in strada pur lavorando, è che stato sanzionato due volte nel giro di cinque minuti. Facile ipotizzare, però, che l’inasprirsi dei provvedimenti di questi giorni (e la conseguente levata di scudi) sia uno sconfinamento del provvedimento che ha portato all’istituzione, dallo scorso martedì 4 febbraio, della cosiddetta “zona rossa”, una delle prime in Veneto, proprio attorno alla stazione di Padova. Il provvedimento segue la direttiva del Ministro dell’interno che predispone iniziative per la sicurezza urbana nella quale «si prevede la possibilità di rafforzare le misure di prevenzione in taluni luoghi del contesto urbano caratterizzati da un alto afflusso di persone e fenomeni di microcriminalità».
Qui emerge tutta l’incongruenza del caso: «La predetta direttiva – come si legge nel comunicato stampa della Prefettura di Padova – configura i presupposti necessari al prefetto per disporre, in zone predeterminate, il divieto di stazionamento per i soggetti già attenzionati dalle forze dell’ordine per gravi reati contro la persona, contro il patrimonio e per lo spaccio di sostanze stupefacenti che assumano comportamenti aggressivi, minacciosi o insistentemente molesti, determinando un pericolo concreto per la sicurezza pubblica tale da ostacolare la libera fruibilità di quelle aree. Nei confronti di costoro le forze di polizia potranno quindi procedere all’allontanamento dal perimetro dei luoghi individuati dal provvedimento prefettizio». La contingenza temporale ha portato il dibattito anche in Consiglio regionale del Veneto, riunitosi martedì 11 febbraio. Elisa Venturini, capogruppo di Forza Italia, evidenzia che «forse è giunto il momento di avviare una riflessione più ampia sul potenziamento dei servizi sociali e assistenziali a Padova, per garantire un aiuto concreto a chi vive in condizioni di estrema difficoltà. Serve equilibrio tra sicurezza e solidarietà, affinché la nostra città possa essere più sicura e più giusta per tutti. Serve concretezza non sterile buonismo». Ferma la presa di posizione del capogruppo del Partito Democratico, Vanessa Camani: «Se da un lato è indiscutibile che la presenza massiccia di forze dell’ordine abbia una funzione importante, non si può contemporaneamente mettere in secondo piano la realtà che riguarda le persone fragili ed emarginate. La politica non è fatta solo di regolamenti e disposizioni ma deve contemperare anche l’umanità». E proprio attorno all’umanità, messa in questi giorni in discussione, che ruota l’appello del primo cittadino Sergio Giordani: «I fenomeni di marginalità estrema vanno gestiti con grande umanità, con l’attenzione alla cura della dignità delle persone e con percorsi di accompagnamento virtuosi. Quanto accaduto non ha colpevoli o responsabili da ricercare, ma semmai mi fa capire come tutte e tutti dobbiamo entrare in un sempre maggiore coordinamento dove, io per primo, dico a me stesso che possiamo e dobbiamo fare di più tutti assieme. Ricordo che, quelli di cui si discute, sono episodi che per loro stessa natura esulano dalle fattispecie previste dalla recente ordinanza prefettizia… La città delle Cucine economiche popolari, la città dove una miriade di cittadine e cittadini e associazioni ogni giorno operano nel bene per superare le diseguaglianze, la città di don Giovanni Nervo non può e non deve vivere la povertà come un fastidio ma come un pungolo che ci interroga ogni giorno e che ci spinge a fare sempre di più per proteggere queste persone e proprio spendendoci nella loro cura, riscattare e migliorare, nell’unità e nella cooperazione, tutta la nostra comunità».
«Le multe ai poveri rappresentano una sconfitta per la società civile. Ancora una volta il Governo di centrodestra guarda al consenso piuttosto che al bene comune». In Consiglio regionale si è espresso così Arturo Lorenzoni, portavoce dell’opposizione. «Intorno alla stazione di Padova ruotano diverse associazioni di volontariato che ogni giorno, con discrezione e lontano dai riflettori, danno un pasto caldo o una coperta ai più fragili. Oltre che una parola di conforto o utili consigli su svariate questioni burocratiche o sanitarie. Queste sono le azioni che rendono vivibile e bella una città. Da esse dovremmo ripartire». Lorenzoni punta il dito alle scelte del Governo: «Staccare verbali nelle zone rosse, come da diktat del presidente Meloni e del ministro Piantedosi, contribuisce ad alimentare un clima di scontro con chi ha la sola colpa di non avere un posto dove dormire».

La risposta di associazioni e comunità religiose già da tempo in prima linea per sostenere chi vive in condizioni di fragilità. La parola è collaborare
L igia, Maria… ma anche Mohammed e tanti altri… sono volti noti della città. Noi, come associazioni e realtà religiose che ci occupiamo quotidianamente di persone vulnerabili e svantaggiate per garantire loro l’accesso ai servizi primari (un pasto, un letto, una doccia…) o anche per una parola di conforto, li conosciamo; li chiamiamo per nome… conosciamo le loro fragilità, i problemi, le criticità che spesso si nascondono dietro alla fatica di trovare una soluzione dignitosa. Collaboriamo con i servizi sociali del Comune di Padova e con altre realtà del territorio per creare reti di aiuto efficaci, anche quando le situazioni sono disperate, convinti che solo collaborando e unendo forze e competenze si possa arginare il fenomeno della povertà. Siamo altrettanto convinti dell’importanza di un lavoro in sinergia con le forze dell’ordine per garantire la sicurezza di tutti i cittadini – poveri compresi – e creare deterrenti alla criminalità, alla violenza e allo spaccio. Perché vogliamo bene alla città e vogliamo il bene di quanti vi vivono, studiano, lavorano e anche di quanti purtroppo non hanno o non vogliono un tetto sicuro sotto cui dormire. E proprio per questo sentiamo la necessità di chiedere alle istituzioni e alle forze dell’ordine di trovare strade comuni per aiutare le persone più vulnerabili, sole e povere. Non è con le multe ai più poveri che si risolve il problema del degrado di una città, ma con politiche di contrasto alla povertà e di sicurezza che coniughino le norme con la dignità delle persone. Tra l’altro multare persone indigenti, portatrici di problematiche complesse, non solo rappresenta un accanimento inutile, ma si traduce in un aggravio burocratico altrettanto inutile, senza offrire alcuna soluzione alla persona disagiata.
La street artist Carolì, all’Arcella ha raccontato, nel 2021, tramite diversi murales proprio la storia di Maria (aveva scelto “Marta” come nome di fantasia)
nota congiunta di Fondazione Nervo Pasini-Cucine economiche popolari; Comunità di Sant’Egidio; Comunità Papa Giovanni XXIII; Beati i costruttori di pace; Caritas Padova

È paradossale che la miseria torni a essere un reato nella città di quel santo che ha portato avanti i diritti umani 800 anni prima del loro riconoscimento
Quanti a Padova sarebbero disposti a vivere per strada, senza un tetto che li ripari, senza una stanza che li protegga? Chi sarebbe disposto a provare? Forse nessuno. Perché allora rischiare la vita ogni notte? Perché vivere esposti all’incomprensione di tutti? Chi non ha alternative cosa può fare? Può vivere senza dormire? E poi, perché scegliere la stazione per dormire, dove l’esposizione agli altri è massima? Il via vai di persone è un disturbo continuo. L’illuminazione è impietosa e, tutto questo, per dormire per terra. Chi vive in questa condizione sperimenta la compassione di chi non li condanna. Ma, purtroppo, può sperimentare la violenza della giustizia ingiusta e innaturale che considera la miseria un reato. È paradossale che la miseria torni a essere un reato nella città di sant’Antonio. Nel 1231, mentre i diritti umani dovevano aspettare altri 800 anni per essere riconosciuti, il santo ha chiesto e ottenuto che il Consiglio maggiore della città cambiasse la legge, ingiusta e crudele, che condannava i debitori al carcere a vita. Don Giovanni Nervo ha dedicato la vita al rispetto dei poveri, degli ultimi, dei “senza tutto”. È la Padova di sant’Antonio, di don Giovanni e dei credenti nell’umanità e nella dignità di ogni persona. Insieme ci ricordano che Vangelo e Costituzione, con parole diverse, parlano di carità, solidarietà e giustizia, precisando che solo la “giusta giustizia” è vera giustizia. I giubilei della misericordia e della speranza, quella che non delude, invitano alla speranza anche chi è rimasto senza casa e senza casa degli affetti. Altrimenti perché si sentono sicuri mentre dormono per terra in una stazione?
Tiziano Vecchiato Presidente Fondazione Zancan