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Pandemia, economia, guerra, inflazione, Pnrr. È estate ed è altra crisi
Pandemia, economia, guerra, inflazione, Pnrr. Nonostante tutto, l’Italia si addentra nell’ennesima pericolosa instabilità di governo
IdeePandemia, economia, guerra, inflazione, Pnrr. Nonostante tutto, l’Italia si addentra nell’ennesima pericolosa instabilità di governo
A inizio gennaio, Padova è stata scelta come prima tappa del 2022 del “tour” Italiadomani, un ciclo di incontri promosso dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per comunicare con cittadini e istituzioni gli importanti interventi del Piano nazionale ripresa resilienza. Tra i relatori era presente Francesco Giavazzi, consigliere economico del Presidente del Consiglio, che senza troppi giri di parole aveva ammonito: «Da questo piano dipende il futuro dell’Europa dei prossimi 50 anni. Se il Pnrr dovesse funzionare allora è auspicabile uno slancio verso l’unione fiscale: una prova che riguarda l’Italia, il Paese purtroppo colpito più pesantemente dalla pandemia. Ed è per questo che ha la parte più cospicua dei fondi. Se l’Italia fallisce, tutta questa prospettiva è morta. Ecco, la responsabilità cruciale in Europa». È questo lo scenario, e relativo peso specifico, che fa da contorno all’attuale crisi di governo con annessa instabilità. Instabilità, per altro, scansata sempre nei giorni di gennaio con la rielezione di Sergio Mattarella in qualità di presidente della Repubblica. Il premier Mario Draghi ha annunciato di volersi dimettere dopo il mancato voto sul “dl Aiuti” al Senato da parte del Movimento- 5Stelle, tra i banchi della maggioranza con l’esecutivo. Dimissioni “congelate” perché Mattarella le ha respinte, chiedendo una verifica della tenuta del Governo in Parlamento. Insomma, sono giorni cruciali in un momento storico che richiederebbe tenuta politica, coesione e solidità, su cui aleggia, invece, l’apprensione di cittadini e anche dell’Europa oltre confine: «La situazione italiana ha già suscitato preoccupazioni – racconta Gianni Borsa, corrispondente del Sir da Bruxelles – non sono nelle istituzione europee, ma anche nelle varie cancellerie da Berlino, a Parigi, passando per Madrid. Draghi e Mattarella sono ritenuti oggi garanti per l’Italia nel consenso europeo, ma in Europa non si comprende come in un tempo di grave instabilità e incertezza a livello internazionale, un Paese grande come l’Italia possa permettersi di perdere la guida del Governo ed entrare in crisi politica che potrebbe sfociare persino in elezioni anticipate. La situazione italiana è considerata ben più grave di quanto sta avvenendo nel Regno Unito, dato ormai per scontato fuori dall’Europa, è Paese terzo. L’Italiano, è ben diverso. Al momento è appurato che in Europa ci sono almeno cinque crisi contemporanee e dinanzi a queste è inimmaginabile credere che qualcuno possa pensare di andare alle elezioni facendo cadere un governo». La crisi bellica causata dal conflitto in corso in Ucraina; il Covid-19 che ha alimentato la crisi sanitaria; la crisi economica, effetto a cascata delle due di sopra – a proposito, Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’Economia, lo scorso 16 luglio ha dichiarato che «secondo le nostre stime, quest’anno la crescita sarà del 2,7 per cento, per poi scendere all’1,5 per cento l’anno prossimo) – la crisi energetica legata al gas russo e che ha ripercussioni direttamente sulle famiglie; infine, la crisi alimentare mondiale, con il blocco del grano. Eppure in tutto questo, uno dei casus belli su cui i pentastellati hanno storto il naso è una norma inserita nel testo del decreto Aiuti per la costruzione di un inceneritore per bruciare i rifiuti a Roma.
«Un’eventuale uscita di scena di Mario Draghi, per la sua caratura internazionale – ipotizza Fabio Bordignon, docente di scienze politiche all’Università di Urbino e ricercatore all’istituto Demos&Pi – può essere vista come un indebolimento del Paese e anche in chiave interna si tratterebbe quanto meno di un’occasione perduta per il ruolo dell’Italia sul panorama internazionale. L’Italia in questi mesi di guerra ha dimostrato la legittimità a sedersi accanto ai grandi partner europei. Detto questo non possiamo, però, perdere di vista il fatto che il Governo Draghi costituisce un’anomalia rispetto all’iter naturale di un sistema politico. Capisco gli equilibri internazionali, ma anche il funzionamento del sistema politico e la routine democratica non possono essere trascurati. Il Governo era evidente che sarebbe andato avanti a difficoltà crescenti: con le elezioni di Mattarella si era già entrati in campagna elettorale, a maggior ragione dopo le amministrative. “L’anatra zoppa” ci sarebbe stata comunque, forse Giuseppe Conte ha sottovalutato il quadro presente, immaginava forse di far esplodere la crisi un po’ più avanti. Draghi, attenzione, potrebbe probabilmente trarne vantaggio perché questa è l’occasione per fare chiarezza: se va avanti potrebbe avere una leadership ancora più forte».
Lo scorso 29 giugno, l’Italia ha presentato a Bruxelles la richiesta per ricevere il secondo finanziamento destinato al Pnrr, 21 miliardi di euro. Un procedimento che avviene ogni sei mesi, quando la Commissione europea controlla che i Paesi abbiano completato, nei tempi stabiliti, le scadenze definite nei rispettivi piani. Dal 1° aprile al 30 giugno 2022 erano 38 le scadenze europee da completare, ma a tale data risultavano ancora cinque interventi da conseguire. Ecco perché la concretezza della politica europea, come detto, non può digerire una crisi di governo: il Pnrr richiede un Governo e un Parlamento concentrati sul bene comune, richiede azioni concrete, riforme da attuare e progetti da realizzare. Insomma, è necessaria una leadership che sappia guardare al 2026, anzi oltre al 2026, scadenza del Pnrr stesso: «Ecco la parola chiave è proprio “leadership” – rimarca Gianni Borsa – Chi guarda alle elezioni a breve termine non è un leader e non è uno statista. I statisti e i leader guardano avanti, a un Paese ammodernato e al bene dei cittadini. L’opinione pubblica osserva preoccupata quanto sta succedendo anche perché non ha le stesse tutele di coloro che stanno decidendo il futuro dell’Italia. Non hanno i medesimi stipendi. Il cittadino guarda alla sua situazione economica, i suoi pensieri sono rivolti a creare opportunità per i figli, alla possibilità di curarsi e istruirsi, ad assistere i propri anziani, ad avere una dignitosa prospettiva di invecchiamento. Sono queste le cose su cui i leader devono interrogarsi e assicurarli non domani, ma da qui a un medio e lungo periodo, sapendo che ci sono dietro l’angolo sempre nuove sfide». Per Gianni Borsa il grande politico è colui che cerca di immaginare il futuro del Paese tenendo conto che gli ostacoli arriveranno, vedi la pandemia o la guerra: «Bisogna creare una stabilità politica: la forza di alcuni Paesi europei è questa, stabilità e progettualità comune che non riguarda un singolo mandato di governo, ma una serie di governi. Perché la Germania è una Nazione solida? Ha in sé una sorta di “convergenza” dei diversi partiti, tutti allineati rispetto alla crescita e alla tenuta. Lo stesso succede in Francia dove la politica tiene il passo e non molla la presa: pensiamo al sostegno alla natalità, è da 30 anni che adotta politiche mirate con risultati che noi non possiamo nemmeno immaginare. Ed è per questo che la Francia è un Paese ben più giovane di noi. La vera leadership non è quella che guarda ai sondaggi: una forte tensione politica ci dev’essere, anche un confronto duro, ma per il bene degli italiani, non quello che dicono i sondaggi o per accrescere il proprio partito di tre punti percentuali in più. Qui, più di qualcuno ragiona così».
Tra prestiti da restituire (122,6 miliardi di euro, prima beneficiaria assoluta), sovvenzioni da non restituire (68,90 miliardi), fondo da 30,6 miliardi di euro e 13 miliardi del programma ReactEu, l’Italia può beneficiare di 235,1 miliardi di euro.
«Le dimissioni di Draghi dopo una spaccatura nel suo Governo di unità nazionale annunciano una maggiore incertezza politica anche se venissero evitate le elezioni anticipate».