Mosaico
Ha frequentato la Scuola d’arte a Siracusa, le officine grafiche di Salisburgo e ha lavorato a Parigi. è stato titolare della cattedra di pittura all’Accademia di Belle arti di Brera fino al 2001 e ha sperimentato l’illusione ottica attraverso strutture al neon che simulano prospettive all’infinito. Paolo Scirpa, artista e maestro dell’avanguardia dell’arte del secondo Novecento, si è spento il 29 luglio all’età di 91 anni e lo scorso primo agosto, nella chiesa del Rosario di Thiene, c’è stato dato l’ultimo saluto.
Nato a Siracusa, residente a Milano, era a Thiene per far visita ai parenti della moglie Carla Corà. Una morte improvvisa; ora il suo corpo riposa nel cimitero di Thiene. La signora Corà (82 anni di età e 54 di matrimonio) ricorda il marito come un uomo eccezionale «è sempre stato rispettoso, una persona di pace che cercava di andare incontro agli altri». Questa bontà d’animo si ritrova anche nelle sue opere. Il carattere aperto e gioioso, insieme a una profonda esigenza interiore, alimentò costantemente il suo lavoro.
Celebri sono i suoi “ludoscopi”: tubi luminosi, frutto di un’elaborazione geometrica, che si protendono verso l’infinito e creano l’illusione tramite l’uso di specchi e neon. Nel ’66 scrisse «mi pare di aver intuito un centro vitale al quale tutte le forze misteriosamente convergono in unità e da cui divergono succedendosi, messaggere del processo evolutivo, del senso umano e universale». La storica dell’arte Marta Michelacci, grande amica di Scirpa nonché curatrice di alcune sue mostre (l’ultima inaugurata il 5 luglio a Palazzo Acquaviva ad Atri, intitolata “Generazione dalla luce”), ricorda: «Paolo ha elaborato un linguaggio personale e ha dimostrato una creatività senza limiti. Ha prodotto sculture, mosaici, pitture, incisioni. è stato un artista poliedrico che ha progettato anche opere per spazi ecclesiastici. La caratteristica del suo lavoro è la capacità di unire la dimensione legata alla geometria-matematica-scienza, una realtà che attinge a un’idea di profondità spirituale. Questa luce (l’infinito) è ciò che aveva colto dall’incontro con Chiara Lubich».
Negli anni ’50-’60 Scirpa aveva infatti conosciuto la fondatrice del Movimento dei Focolari e l’impatto con il suo carisma aveva segnato profondamente la sua vita. Per la cappella del Centro Mariapoli internazionale di Rocca di Papa (Roma) nel 1964 Scirpa realizzò il mosaico absidale dove si trova oggi la tomba di Chiara. E proprio a Rocca di Papa scoccò il colpo di fulmine tra i futuri coniugi Scirpa. La signora Carla ricorda come il marito ci tenesse ad andare personalmente a reperire le tessere vitree a Murano e scegliere altre pietruzze lungo i torrenti per realizzare l’opera dal titolo “Maria madre della Chiesa”.
Nell’artista siracusano c’è sempre un aspetto etico ed emotivo che traspare. Il legame tra la prassi artistica e il contenuto ideale si rende più evidente in opere pensate per spazi sacri. è il caso della “Porta stretta”: un’installazione luminosa in cui la forma triangolare diventa evocativa e traduce un invito a oltrepassarne la soglia. «Niente di più sacro e semplice al contempo: la traduzione diretta di un contenuto evangelico» sottolinea la Michelacci.
Fino all’ultimo momento si è dimostrato un artista di grande giocosità e creatività «con la nipotina Laura di 6 anni aveva un legame speciale – spiega la moglie – disegnavano insieme, lei aveva una lavagnetta col cavalletto vicino a quella dell’artista e ha ereditato da lui la manualità e la sensibilità».
«Alla fine della vita di Paolo, si può dire che il disegno della sua esistenza si è compiuto nell’amore – ha detto don Giovanni Baldo nell’omelia delle esequie – ora prosegue il suo cammino, chiamato dalla luce verso la pienezza dell’infinito».
Per info: www.paoloscirpa.it