Idee
Ci si è chiesti più volte, durante quest’anno giubilare, se lo sport può essere portatore di messaggi di fede, e se il dinamismo competitivo e la pacata spiritualità siano così in contrasto o possano trovare un punto d’ incontro. La risposta sta forse in una frase comparsa più volte al Giubileo degli sportivi che si è tenuto il 14 e 15 giugno a Roma, la quale riconosceva lo sport come “Lo slancio della speranza”, a significare che chi è abituato ad andare oltre, a fare gioco di squadra, a misurarsi con le difficoltà e le conquiste, può fare grandi cose.
Sono questi i valori che maggiormente si riconoscono anche nelle parole del narratore sportivo Federico Buffa, invitato a Monselice nel ricco cartellone di eventi giubilari in una rassegna di incontri che ha visto la partecipazione di altri nomi importanti come lo scrittore Aldo Cazzullo e il campione di ciclismo Paolo Bettini. Dialogando con la collega di SkySport Roberta Noè sul tema “Sport e fede”, Buffa ha ricordato infatti quella grande visione di Nelson Mandela, per cui lo sport può arrivare laddove nessun’altra cosa arriva; oltre i pregiudizi e le diversità religiose; oltre i contrasti ideologici, politici e di qualsiasi altro genere.
Partendo dai greci, quando partecipare alle gare di Olimpia voleva dire smettere di fare la guerra e lanciare un messaggio di pace al mondo, Buffa ha poi raccontato episodi di storia più recente attraverso una serie di ritratti e di esempi legati al mondo del calcio e della boxe, ma in particolare sono emerse due personalità speciali in questo excursus: lo sportivo Karol Wojtyla e l’appassionato tifoso Jorge Mario Bergoglio.

Papa Francesco non ha mai nascosto il suo tifo sviscerato per il San Lorenzo de Almagro, la squadra di Buenos Aires che portava nel cuore: «Voi siete parte della mia identità culturale», disse nel 2014, quando incontrò dirigenti e giocatori a Roma dopo la vittoria della Coppa Libertadores. Federico Buffa sottolinea le ragioni di tanto trasporto rileggendo una storia che parte da lontano. Il San Lorenzo era nato infatti da un gruppo di ragazzi che giocavano nelle strade di un barrio, in pericolo; un padre salesiano, don Lorenzo Mazza, aprì allora i cancelli del suo oratorio per ospitarli al sicuro, in cortile, e diede a quella squadra i colori delle vesti della Madonna, il rosso e il blu. Quando la dittatura di Videla espropriò lo stadio vendendolo, il campo diventò un supermercato, ma con il tempo i tifosi riuscirono tutti insieme a riacquistarlo e lo riportarono alla condizione originaria. Papa Bergoglio ci andava da bambino col padre e continuò a fare il tifo tra gli spalti anche da vescovo. Quella squadra significava molto per Buenos Aires e per lui; era il riscatto della gente povera.
La numerosa platea che ha apprezzato il racconto di Federico Buffa rimane però di stucco quando Roberta Noè legge i numeri della tessera di socio onorario di papa Bergoglio: 88235 e aggiunge: «Papa Francesco è morto a 88 anni alle 2.35 ora argentina».
La narrazione di Buffa si sposta poi su un’altra storia di sport, non meno avvincente, che riguarda Giovanni Paolo II e la sua profonda ammirazione per Cassius Clay-Muhammad Ali. «È risaputo che ancora presule si alzasse di notte per non perdersi neanche un incontro del campione di boxe – racconta Federico Buffa – e quando il pugile viene in Italia non è per conoscere il papa, ma perché il papa vuole conoscere lui!».

Quell’incontro avvenne il 4 giugno del 1982 e la richiesta d’udienza arrivò all’ultimo momento, ma papa Wojtyla cancellò parte della sua agenda pur di poterlo ricevere dicendo: «Per nulla al mondo mi perdo l’incontro con lo sportivo della mia vita». Ricevette in dono i guantoni del campione che volle tenere per sé, anziché consegnarli alla Santa Sede. Apprezzava quell’uomo che aveva avuto una vita di grandi contrasti ma anche di profondi cambiamenti; duro e spietato con i suoi avversari, ma poi capace di dimostrare il valore dell’amicizia e del rispetto, come in una delle ultime telefonate con il pugile George Foreman dove parlano di sport e fede. Foreman era diventato un predicatore evangelico e lui un musulmano, ma Clay dichiara: «Non c’è che una sola religione amico, quella del cuore. L’uomo giudica l’uomo, ma solo Dio giudica il suo cuore».