MosaicoLa sua eredità è un invito a non temere il futuro, ma ad abitarlo con responsabilità, facendo della ricerca un atto di cura, di giustizia e di amore
Ricordare Papa Francesco e i suoi insegnamenti, per custodirne l’eredità. Tra i tanti ambiti in cui ha lasciato un’impronta profonda, quello del rapporto tra ricerca scientifica ed etica merita una riflessione particolare. In tempi in cui il sapere tecnico rischia di separarsi dalla coscienza morale, il suo insegnamento rappresenta un punto di riferimento lucido e profetico.
Nel corso del suo pontificato, Papa Francesco ha dedicato numerosi interventi al rapporto tra scienza ed etica, offrendo una riflessione profonda e attuale su come il progresso scientifico debba rimanere ancorato alla dignità della persona e al bene comune. In un tempo segnato da rapidi sviluppi tecnologici, la sua voce ha rappresentato un invito costante a un discernimento etico che accompagni ogni passo della ricerca.
Uno dei cardini del suo pensiero è l’idea che la scienza sia un bene pubblico, un dono prezioso da mettere al servizio di tutta l’umanità. Tuttavia, egli mette in guardia dal rischio di separare l’efficacia tecnica dal giudizio morale. In un’udienza con la Società Max Planck, Francesco affermava: “Non tutto ciò che è tecnicamente possibile o fattibile è perciò stesso eticamente accettabile. È necessaria una responsabilità che sia proporzionata alla potenza dell’azione tecnica”.
Il Papa insiste sulla necessità di una scienza integrata in un progetto etico che abbia come riferimento ultimo la persona umana. Ogni ricerca deve essere condotta non solo con rigore metodologico, ma anche con una coscienza formata e aperta alla responsabilità. In questa prospettiva, Francesco recupera l’intuizione di Paolo VI sulla “carità del sapere”, cioè una scienza animata da un sincero desiderio di servizio, capace di orientarsi verso i più deboli e le periferie esistenziali.
Il dialogo tra scienza ed etica è, per Papa Francesco, non solo auspicabile ma indispensabile. Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2024, egli ha osservato che: “Il progresso scientifico deve essere guidato da un’etica che metta al centro la dignità umana”. Questo vale in particolare per le tecnologie emergenti, come l’intelligenza artificiale, la robotica e la genetica, le quali pongono interrogativi morali inediti.
Inoltre, Francesco denuncia il rischio di un paradigma tecnocratico che mira a esercitare un dominio assoluto sulla realtà, trascurando i suoi limiti etici e spirituali. In Laudato si’, scrive che “il paradigma tecnocratico tende a esercitare il proprio dominio anche sull’economia e sulla politica, confondendo i mezzi con i fini” (Laudato si’, n. 109). Questo approccio può condurre a una “cultura dello scarto” che marginalizza le vite considerate improduttive o inutili.
Proprio per prevenire questi rischi, il Papa propone un’etica della ricerca scientifica fondata su un discernimento interdisciplinare. Ogni progresso tecnico dovrebbe essere valutato non solo alla luce della sua fattibilità, ma anche considerando le sue implicazioni sociali, ecologiche e antropologiche. A questo scopo, Francesco ha sostenuto iniziative come la Rome Call for AI Ethics, promossa dalla Pontificia Accademia per la Vita, che mira a sviluppare un’etica degli algoritmi o “algoretica”, fondata sulla dignità, l’inclusione e la trasparenza.
Infine, la visione di Francesco non è solo critica ma anche propositiva: egli crede in una scienza capace di collaborare con l’etica e la spiritualità, contribuendo alla costruzione di una società giusta, sostenibile e solidale. La scienza, se guidata da una coscienza morale e da una visione antropologica integrale, può diventare una forza straordinaria per il bene. Anzi, come affermò nel suo messaggio al Forum di Davos (2018), “l’attività scientifica è una forma di amore” quando si pone al servizio dell’umanità.
Nel salutare Papa Francesco, insomma, non possiamo che raccogliere la sfida e la speranza che ci ha lasciato: quella di una scienza umana, relazionale, al servizio della vita in tutte le sue forme. La sua eredità è un invito a non temere il futuro, ma ad abitarlo con responsabilità, facendo della ricerca un atto di cura, di giustizia e di amore.
Così, la scienza sarà davvero, come lui auspicava, un “dono di Dio” messo al servizio del bene integrale della persona umana
