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Passeggiata nei ricordi. Il racconto di Emilio Cannarsi
Emilio Cannarsi attraverso lo sguardo di un bambino, in un racconto autobiografico, rivive il clima e gli eventi dei primi anni Quaranta del ‘900
MosaicoEmilio Cannarsi attraverso lo sguardo di un bambino, in un racconto autobiografico, rivive il clima e gli eventi dei primi anni Quaranta del ‘900
È una passeggiata nella memoria il racconto intitolato Il mestiere dell’angelo custode scritto da Emilio Cannarsi (Turato edizioni, pag. 164), un racconto di ispirazione autobiografica in cui il protagonista, un bimbo di nome Mino, rivive il clima dei primi anni Quaranta del ‘900 e riporta alla memoria “quel tempo”, in particolare “il prima e il dopo il 25 luglio”, data che segna la caduta del fascismo. «Io credo che quando si arriva a una certa età – racconta l’autore, nato a Rodi nel 1937 poi da lì, piccolissimo, si è trasferito a Firenze e quindi a Padova dove tuttora vive, a Feriole, alle pendici dei colli Euganei – sia naturale, ogni tanto, tornare indietro e tornare con la mente ai primi anni della vita, non tanto e non solo agli anni della giovinezza, agli anni in cui eravamo bambini. E c’è una sorpresa facendo questo viaggio nella memoria: ci si rende conto di come quei ricordi siano rimasti vividi, nitidi, precisi. Con tanti particolari che non ci aspettavamo di trovare. Quello che manca è la consapevolezza di quei momenti: li abbiamo vissuti senza sapere che cosa significavano, qual era il contesto, quali potevano essere i motivi per cui si verificavano. Lo scopriamo dopo. E scopriamo così un rapporto fra la vita individuale, i piccoli momenti quotidiani di tanto tempo fa e la Storia, la storia più grande, quella che sta al di là, quella che funziona per conto suo». Il testo, chiuso in un cassetto per una decina di anni, è stato pubblicato a fine 2024, anche se, a causa di una degenerazione della vista, l’autore non ha potuto revisionarlo adeguatamente o come avrebbe voluto. Il protagonista è dunque Mino, un ragazzino che vive spensierato, va a scuola, gioca con il Meccano. Accanto a lui ci sono tanti altri personaggi, tutti reali, delineati con pochi tratti, che però assumono una loro caratteristica chiara, ben definita. C’è suor Alfonsina, con in capo «un’apparecchiatura tutta bianca, con due ali inamidate che ondeggiavano a ogni suo movimento come le ali di una enorme farfalla» e che «è un personaggio segno del tempo, un personaggio caratteristico – racconta l’autore – Mette in fila i bambini, li fotografa in ordine. È l’insegnante di una scuola parificata, comanda con voce autoritaria». Poi c’è il barbiere Bianchini «che se l’è cavata per il rotto della cuffia, pur essendo socialista, pur vivendo in quel periodo, pur avendo come vicino di casa un capitano della milizia. Alla fine non gli è successo niente». Ci sono i bambini, quasi un coro, che assistono da lontano alle tragedie pur vivendole. E poi naturalmente c’è l’angelo custode, che dà il titolo al libro. «È un simbolo di tranquillità, di protezione, di compagnia – spiega Cannarsi – Quando si è bambini ci si crede, infatti la preghiera dell’angelo custode era un rito quotidiano. Soltanto da grandi, poi, quando si diventa più scettici, più difficili da convincere, la memoria dell’angelo custode viene messa da parte». Il libro si chiude con una considerazione: «la vita stessa è senza conclusione. L’esistenza è sempre qualcosa di sospeso». «Questo è un po’ il senso del libro – conclude l’autore – Non aver potuto completare, rivedere il testo come avrei voluto, lascia un senso di incompiuto. Ma tutto sommato la vita è così. Siamo sempre alla ricerca di qualcosa che dia senso. Ma credo sia difficile, rarissimo riuscire a dare un senso compiuto».
«È chiaro che non ci credo più. Mi piacerebbe tanto poterci credere, sarei più contento. Certo, se siamo arrivati a questa età e non ci è capitato niente di particolarmente catastrofico, penso che lo dobbiamo a qualcuno».