Fatti
Pfas, 3.800 morti in 34 anni nell’area rossa
La ricerca Per la prima volta viene dimostrata una correlazione tra esposizione alle sostanze e malattie cardiovascolari. Lo studio pubblicato su Environmental Health
FattiLa ricerca Per la prima volta viene dimostrata una correlazione tra esposizione alle sostanze e malattie cardiovascolari. Lo studio pubblicato su Environmental Health
Quasi quattromila morti in più, in 34 anni, nelle aree venete contaminate da Pfas. Un nuovo studio recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Health, dell’editore britannico BioMed Central, ha rivelato «l’impatto devastante» della contaminazione da sostanze per-fluoroalchiliche e poli-fluoroalchiliche, più note come Pfas, sulla mortalità della popolazione che risiede nei Comuni veneti più colpiti. Lo rende noto, tramite comunicato di lunedì 6 maggio, il gruppo delle Mamme No Pfas. Parliamo di un’area che coinvolge 30 Comuni della cosiddetta area rossa delle province di Vicenza, Padova e Verona: la contaminazione delle acque superficiali, sotterranee e potabili, scoperta nel 2013, ha avvelenato circa 350 mila persone.
La ricerca, condotta dal docente Annibale Biggeri con il suo gruppo di lavoro dell’Università di Padova, in collaborazione con il Registro tumori dell’Emilia-Romagna, il Servizio statistico dell’Istituto superiore di sanità e con il contributo di citizen science del gruppo Mamme No Pfas, ha dimostrato un aumento significativo della mortalità nella regione, con oltre 3.800 morti in eccesso registrate dal 1985 al 2018, equiparabile alla scomparsa di due interi comuni della medesima area rossa. Si è riscontrato un aumento dei decessi per tutte le cause, con una correlazione tra esposizione alle Pfas e un rischio maggiore di morte per malattie cardiovascolari, dimostrando per la prima volta un’associazione causale. L’analisi ha evidenziato un aumento del rischio di tumori nelle fasce di età più giovani, mentre le donne in età fertile sembrano essere protette, probabilmente, si legge nella ricerca, a causa del trasferimento delle Pfas dalla madre al feto durante la gravidanza e l’allattamento. «Queste drammatiche evidenze scientifiche sottolineano che non esistono più scuse per ritardare ulteriormente l’avvio dello Studio di coorte, deliberato dalla Regione del Veneto già nel 2016, ma mai iniziato – ammonisce il gruppo attraverso il comunicato – Lo Studio di coorte è fondamentale in questo contesto per diverse ragioni tra cui l’analisi a lungo termine, l’identificazione dei fattori di rischio, il delineamento di informazioni per le politiche di salute pubblica».