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Piazze che parlano. Immagini e voci da Roma, Mosca e Gaza
In questi giorni tre piazze in particolare sono negli occhi di quanti guardano oltre la siepe del proprio giardino
IdeeIn questi giorni tre piazze in particolare sono negli occhi di quanti guardano oltre la siepe del proprio giardino
Le piazze delle città del mondo hanno sempre parlato e oggi, anche grazie ai media, parlano ancor più. Parlano al mondo e parlano tra di loro. Sono il cuore delle città: passato e futuro qui si incrociano, pongono domande, indicano direzioni.
Parlano attraverso i monumenti, le bellezze artistiche e architettoniche, parlano attraverso le persone che le affollano in momenti lieti e in momenti tristi, in momenti di speranza e in momenti di paura, in momenti di protesta e in momenti di condivisione.
In questi giorni tre piazze in particolare sono negli occhi di quanti guardano oltre la siepe del proprio giardino.
In Piazza san Pietro risuonano le parole di pace di un Papa appena eletto, la brezza dello Spirito Santo dalla solennità della Cappella Sistina, dalla loggia centrale della basilica vaticana è ora nell’abbraccio del colonnato.
Nella piazza Rossa di Mosca sfilano le armi accompagnate da applausi e muscolosità, la commemorazione della fine dell’atrocità del secolo scorso stride con l’atrocità di oggi mascherata da operazione speciale.
In quella che era la piazza della striscia di Gaza si levano le mani imploranti un po’ di cibo crudelmente impedito da chi ha fatto dell’odio la risposta a un altro odio.
In piazza san Pietro c’è un papa che parla di pace disarmata e disarmante, che parla di un camminare insieme e di uno “sparire perché rimanga Cristo”.
Nella piazza Rossa tra i colori scuri di un protagonismo politico e militare risalta un punto bianco che diventa un doloroso punto interrogativo per i cristiani.
Le piazze di Palestina non respirano più strette come sono nella morsa di un esercito agli ordini di chi tradisce l’anima di un popolo che, pur avendola conosciuta ieri, respinge oggi la spietatezza come unica risposta possibile al terrore.
Le piazze parlano, come ieri e forse ancor di più. Da alcune vengono voci che confermano la vocazione all’incontro, al confronto e alla speranza, da altre vengono voci che tradiscono questa vocazione. Luoghi pensati e costruiti per celebrare e vivere la bellezza vengono deturpati non da scritte o sfregi ma da tracce di sangue innocente.
Le pietre parlano di questi luoghi nei quali il bene e il vero duellano con male e il falso. Una voce dalla loggia centrale affacciata su piazza San Pietro si leva la sera dell’8 maggio e dice che “il male non prevarrà”. Per chi crede una certezza da coltivare nel tempo delle incertezze e per chi non crede una misura alta della ricerca di senso. Entrambe sono mosse da quell’inquietudine del cuore che, come ha cambiato la vita di sant’Agostino, così può cambiare la direzione della storia.