Dell’Europa Amadou Baldeh aveva sentito parlare nei viaggi che faceva, nei mesi invernali, in Niger, Burkina Faso, Guinea, Mali e Senegal, per rifornirsi di merce da vendere nel negozio della zia. Erano racconti affascinanti, di una terra lontana, in cui non c’erano tutti i problemi che, invece, caratterizzavano la quotidianità nella sua di terra.
Il tempo passa, scandito dalle stagioni: in estate il lavoro nei campi, al fianco dei suoi genitori, agricoltori, come la maggioranza dei gambiani di etnia Fula, in inverno le lunghe trasferte all’estero per aiutare la zia. E con le trasferte, il sogno, sempre più concreto, di andare a vedere se in Europa era proprio come raccontavano.
Nel 2011 Amadou è in Libia per lavoro. La situazione nel Paese è tutt’altro che tranquilla. La rivoluzione del 17 febbraio con le proteste a Bengasi prima e a Beida poi, aveva mostrato le avvisaglie di quella che, qualche mese più tardi, storici e politologi avrebbero salutato come “la primavera araba”. I disordini e le proteste si allargano a Tripoli, la capitale centro nevralgico del potere del dittatore libico Gheddafi. Il 21 febbraio un milione di persone si raccolgono nella capitale per manifestare. La polizia fa illegittimamente fuoco sui rivoltosi e caccia militari libici ricevono l’ordine di effettuare dei raid contro i manifestanti. È un bagno di sangue. Nella sola Tripoli si contano – secondo alcune stime – 250 morti.
Restare in Libia è diventato troppo pericoloso. Ed è per sfuggire alla guerra civile che Amadou sale su un barcone, insieme a decine di altri disperati in cerca di speranza. Ha 27 anni e in tasca il sogno di quell’Europa di cui tanto aveva sentito parlare. Trascorre 14 giorni in balia delle onde, in mezzo ad un mare senza orizzonti, dove i sogni fanno più fatica a restare a galla che le quattro assi di legno a cui uomini, donne e bambini hanno affidato il peso della loro sopravvivenza.
Il barcone su cui viaggia Amadou resiste ai capricci e alla forza delle onde. E resiste anche il suo sogno.
Il giovane gambiano sbarca a Lampedusa. Così come avevano già fatto e avrebbero fatto in futuro migliaia di altri come lui. Dapprima l’accoglienza nell’hotspot dell’isola e poi il lungo viaggio in pullman verso Milano. Amadou trova lavoro in un’azienda agricola sul lago d’Orta, dove apprende le basi dell’agricoltura moderna e dove alimenta la passione per l’agricoltura trasmessa dai suoi genitori. Cinque anni più tardi, nel 2016, si trasferisce a Gressoney, in Valle d’Aosta, dove lavora per un’azienda che cura aree verdi. “Quando sono arrivato qui – racconta il giovane in una videointervista – ho trovato subito lavoro in un’azienda dove facevo il giardiniere. Quel lavoro mi è piaciuto subito tanto, al punto da iniziare a cullare il pensiero di continuare a farlo in autonomia”.
E quel sogno, Amadou, lo coltiva. Letteralmente. Acquista delle piantine di mirtilli e lamponi, che mette sul balcone. La sera, di ritorno dalla giornata di lavoro, incomincia il suo di lavoro. Si prende cura delle sue piantine e impara come farle crescere guardando e riguardando sul cellulare i tutorial sulla coltivazione dei piccoli frutti postati su YouTube.
Le piantine di mirtilli crescono e con loro cresce anche il sogno di Amadou. Fino a quando arriva il momento di raccogliere i frutti dei tanti mesi vissuti in questa particolarissima “alternanza lavoro-scuola” in streaming on demand. Nel 2022 Amadou lascia Gressoney, dà vita insieme a Annalisa Angster alla sua famiglia, che ben presto sarà allietata dall’arrivo della piccola Camilla. E apre la sua azienda. La chiama “Maisacolì”, come una località di quel Paese africano che gli ha dato i natali.
A Hone, borgo di 1.150 abitanti, nella bassa Valle d’Aosta, a ovest della Dora Baltea, trova la disponibilità di terreno. Tra le zolle di quel campo dominato dal Forte di Bard mette a dimora le piantine di mirtilli. Giorni, mesi e anni di paziente cura, una cura minuziosa e appassionata che ben presto viene ricambiata con i primi frutti. Piccoli come mirtilli, ma grandi come il sogno che li ha fatti nascere.
Oggi quello di Amadou Baldeh è il più grande campo di mirtilli di tutta la Valle d’Aosta. Le piante sono coperte da teli, per proteggerle dagli uccelli e soprattutto dalle grandinate. Diviene socio del progetto Campagna amica di Coldiretti e inizia a vendere i suoi prodotti al mercato coperto di Aosta, dove continua ad andare ancora oggi, al martedì e al sabato. Il passaparola si fa insistente, i mirtilli di Maisacolì piacciono e la richiesta cresce.
Accanto ai mirtilli, che costituiscono il 50% della produzione dell’azienda, Amadou inizia a coltivare anche lamponi, fragole, prugne, noci e nocciole. Dalla coltivazione, poi, è recentemente passato alla trasformazione. Grazie ad amici valdostani ha iniziato a creare una propria linea di prodotti: dalle marmellate alle creme dolci alla nocciola, patate e nocciole caramellate. Fino ad arrivare al tradizionale Genepy, il tradizionale liquore valdostano divenuto ufficialmente un Igp, realizzato con una pianta che ama i luoghi montani più scoscesi. Amadou coltiva il genepy a Gressoney. E poi come non ricordare il mirtillo americano blu tardivo, che arriva a produrre frutti.
“Per noi questo non è solo un lavoro – scrive Amadou sul sito di Maisacolì – ma un hobby che pratichiamo con piacere e dedizione. La nostra attenzione al territorio e alle piante si traduce in prodotti freschi, sani e di alta qualità, direttamente dal campo alla tavola”. A Hone Amadou apre un anno fa anche un suo punto vendita, dove i clienti possono anche trovare pane fresco e prodotti del territorio di altre aziende della zona.
Nei giorni scorsi la storia innovativa, sostenibile e inclusiva di “Maisacolì” ha ottenuto il premio “Campagna Amica”, uno degli Oscar Green di Coldiretti. A Udine la consegna del premio al giovane Amadou. “Sono molto emozionato di aver rappresentato la Valle d’Aosta nella finale nazionale di questo premio – ha detto il giovane durante la premiazione – e sono grato di aver avuto l’occasione di raccontare la mia storia e il legame che è nato con il magnifico territorio valdostano. Non avrei mai pensato di poter vincere un premio così prestigioso”. La voce è rotta dalla commozione. “Dopo tante difficoltà, questa è una grande soddisfazione per me e per la mia famiglia e desidero ringraziare anche la Coldiretti Valle d’Aosta per aver creduto in me”.
Non è la prima volta che la Valle d’Aosta sale sul podio negli Oscar Green della Coldiretti. Nel 2020 a vincere è stato La Petite Ferme du Bonheure di Alessandro Bruno, nel 2021 Hervé Grosjean ha conquistato la finale, nel 2022 a vincere è stato Didier Chappoz e nel 2023 Sara Manganone è entrata nella rosa dei finalisti.
L’avventura imprenditoriale di Amadou è un racconto di resilienza, una resilienza alimentata dalla passione ereditata dai suoi genitori in Gambia e concretizzata in un’azienda che ha saputo evolversi e diversificare la sua produzione. Una capacità di adattamento e di innovazione che testimonia la visione imprenditoriale di Amadou, che ha saputo coniugare le tecniche agricole tradizionali con un approccio moderno, attento a quelle che sono le richieste del mercato. Il premio alla storia di Amadou assume anche un significato particolare in un’epoca in cui l’inclusione e la valorizzazione del talento migratorio rappresentano un fattore centrale per lo sviluppo economico e sociale del nostro Paese.
Quello che offre oggi Amadou è un messaggio di speranza e di ispirazione per tutti quelli che come lui sono arrivati e arrivano in Italia alla ricerca di un futuro migliore. Un futuro che lui ha costruito con dedizione e passione tali da riuscire a superare gli ostacoli e ad avere risultati significativi. Un inno all’innovazione sociale e alla capacità dell’agricoltura italiana di accogliere e valorizzare le competenze provenienti da ogni parte del mondo.