C’è un ambito dell’educazione familiare che è fondamentale e rispetto al quale può sembrare che spesso i genitori siano perdenti e non riescano a essere efficaci con i loro figli. Sto riferendomi all’educazione al linguaggio che è oggi più che mai necessaria perché i ragazzi sono spesso protagonisti di un lessico aggressivo e volgare com’è quello che domina nelle relazioni interpersonali e nel mondo della comunicazione.
Siamo tutti esposti all’influenza di un linguaggio in cui le parole sono violente, aggressive, denigratorie e i ragazzi apprendono molto presto queste forme espressive, senza spesso rendersi conto di quanto possano ferire i destinatari. Il linguaggio aggressivo e volgare nasce da una cultura che non rispetta l’altra persona in quanto tale e lascia libero sfogo alle pulsioni più basse e istintive. Anche l’apprezzamento fisico di una ragazza può essere fatto con mancanza di rispetto ed eleganza e anche in questo caso c’è da vigilare.
La prima cosa che una famiglia può fare è creare una discontinuità con l’esterno e vigilare perché tale linguaggio non entri a far parte del lessico familiare. Non si tratta semplicemente di censurare dei modi di dire, ma di rendere consapevoli i figli che non c’è spazio per certi toni ed espressioni nel contesto della famiglia, perché qui vige una modalità di confronto che deve marcare la differenza rispetto a quella che si ascolta fuori. Ai giovani va spiegato che non si può abbassarsi a un livello di comunicazione aggressivo per il solo fatto che lo si trova diffuso in diversi ambienti e che non ci si può permettere di conformarsi a esso per una forma di inerzia imitativa. I genitori hanno il difficile compito di spiegare che le parole possono essere armi che fanno molto male, che creano divisione, disagio, dolore e che non ci si può permettere di utilizzare certe espressioni per il solo fatto che è una degradazione che appare comune fra i coetanei o attraverso i mezzi di comunicazione e i social network.
Di fatto, come dice anche il Vangelo, le parole possono ferire come lame a doppio taglio ed è fondamentale rimanere sempre vigili e responsabili nel loro uso, se non si vuole contribuire a creare un clima di violenza che facilmente può passare dalle parole ai fatti. Chi parla male pensa male e rischia di agire di conseguenza.
Interrogarsi sul perché questo linguaggio prenda piede è un primo modo per prenderne anche le distanze, creare un’alternativa, andare in direzione contraria a quella dominante. Spesso dietro un linguaggio volgare c’è una bassa considerazione di sé e dell’altro, una logica che tende a primeggiare sempre e comunque, sgomitando per farsi largo fra tanti potenziali avversari. Abbiamo invece bisogno di parole di accoglienza e di benevolenza che mettano l’altro nelle condizioni ottimali per poter esprimersi al meglio. Questa disponibilità e apertura all’altro non nasce spontanea, ma va coltivata e proprio il tempo che i genitori dedicano a tale educazione è tempo prezioso che non può essere sostituito da nient’altro. Anche in occasione delle prese di posizione rispetto a situazioni di conflitto o di vera e propria guerra, come quelle a cui assistiamo in questi tempi, possono essere scelti dei toni e dei modi che non acuiscano le contrapposizioni ma cerchino sempre la via del dialogo e del confronto non violento.
Usare un linguaggio pacifico è il primo modo per essere operatori di pace nel contesto in cui si vive, che sia la scuola, il lavoro e in genere la società civile.