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Quanti anni servono per essere italiani? Il quinto quesito del referendum dell’8 e 9 giugno
Nel quinto quesito del referendum si chiede di ridurre a 5 anni il periodo di residenza per richiedere la cittadinanza
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L’ 8 e 9 giugno si voterà anche per il referendum cittadinanza con cui si chiede di ridurre da 10 a 5 anni il periodo di residenza necessario per richiedere la cittadinanza italiana, che una volta ottenuta, può essere trasmessa ai figli minorenni. La proposta è modificare l’articolo 9 della legge 91 del 1992 con cui si è alzato il termine di soggiorno legale ininterrotto in Italia per poter presentare la domanda di cittadinanza. Su questo tema si è aperto un dibattito con differenti approcci giuridici e politici: i promotori ritengono che il tetto dei 10 anni penalizzi persone, a partire da giovani e bambini, perfettamente integrati nel nostro Paese; sul fronte dei contrari si sottolinea il rischio di una “sanatoria” generalizzata. Alcuni partiti, come Lega e Fratelli d’Italia, hanno annunciato l’astensione. «Riteniamo non ci sia nulla da cambiare nella legge attuale – spiega l’onorevole Alberto Stefani, segretario regionale della Liga Veneta e vicesegretario federale della Lega – La soglia dei 10 anni per richiedere la cittadinanza italiana è sufficiente. Non è stata mai riformata neanche durante i governi di sinistra, stupisce dunque che sia stato promosso un referendum sul tema, che peraltro crea divisioni e astensioni nella stessa sinistra. Noi abbiamo molto chiara la differenza tra chi arriva in questo Paese e ci rimane legalmente per dare il proprio contributo, lavora e rispetta le regole, e chi invece è qui perché pensa di poter delinquere, che meriterebbe persino la revoca della cittadinanza». Per Stefani, presidente della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale, «chi parla di immigrazione senza distinzioni e vuole convincere le persone che l’Italia non sia accogliente e solidale, con leggi punitive in materia di cittadinanza, non fa propaganda per se stesso, come vorrebbe, ma contro il Paese e le numerose organizzazioni umanitarie che operano nei territori. Noi non vogliamo fare l’interesse di un partito ma quello dell’Italia. Un Paese in cui servono regole e sicurezza per il bene di tutti».
Parla, invece, di «cambiamento necessario» Navneet Kaur, referente del Comitato referendum di Padova che sta portando il tema all’attenzione dei cittadini. Ventisette anni, in Italia da quando ne aveva 8, è una delle numerose persone di nuova generazione attive su questo tema: «La mia famiglia è di origini indiane. Siamo arrivati in Italia nel 2005, da subito ho frequentato scuole, gruppi e associazioni, inserita in tante attività. Prima di diventare maggiorenne, i professori ci hanno fatto conoscere la Costituzione, ci hanno detto che avremmo potuto per la prima volta votare. Solo allora ho scoperto che non avevo la cittadinanza: non risultavo nelle liste elettorali e non avrei potuto esercitare quel diritto. Mi è caduto il mondo addosso, ho vissuto una crisi di identità, ti chiedi perché tutto questo. E poi è iniziata la trafila: la cittadinanza non si ottiene da un giorno all’altro, i tempi sono lunghissimi. Alla fine sono diventata cittadina italiana a 22 anni». Navneet racconta le discriminazioni vissute ogni giorno sulla propria pelle. Le stesse di Ingrid, giovane trentina nata in Nigeria, la protagonista di un progetto europeo, narrate con vignette e strisce di fumetto da Giorgio Romagnoni. «Le barriere sono quotidiane – continua Navneet – Ero in coda alla Galleria degli Uffizi a Firenze quando ho scoperto, solo al momento di entrare, che mi trovavo nella fila sbagliata. Come nelle gite scolastiche o nei viaggi all’estero quando in aeroporto sei costretto a stare in una fila diversa rispetto ai tuoi compagni di classe. E ancora, le difficoltà per accedere ai progetti europei di studio, Erasmus e non solo; il rinnovo del permesso di soggiorno, con giorni di scuola persi per sbrigare le pratiche in uffici aperti solo di mattina. Referendum cittadinanza, ma anche ius scholae, ius culturae sono battaglie di tutti, di chi crede che un Paese migliore è davvero possibile».
Primo appuntamento lunedì 19 maggio a Piove di Sacco alle 20.45
Tre serate di approfondimento sui temi del lavoro, della cittadinanza e del ruolo del referendum come strumento di partecipazione democratica in mano agli elettori: è questo il cuore del ciclo di incontri promosso dall’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro, dall’Ufficio per la pastorale della missione e dall’Ufficio per la pastorale dei migranti della Diocesi di Padova. Il primo appuntamento è in programma lunedì 19 maggio alle 20.45 presso il Cinema Marconi di Piove di Sacco (via Gauslino, 7). Interverranno Giuseppe Bergonzini, costituzionalista dell’Università di Padova, Aldo Marturano, segretario generale Cgil Padova, Roberto Crosta, segretario generale della Camera di Commercio di Padova, e Fabrizio Tellini del Consorzio Veneto Insieme. Mercoledì 21 maggio alle 20.45 il dibattito si sposterà al Cinema Teatro Giardino di San Giorgio delle Pertiche (via Roma, 74), con gli interventi del costituzionalista dell’Università di Padova Andrea Michieli, Marianna Cestaro della segreteria Cgil Padova, ancora Roberto Crosta e Gianromano Gnesotto, responsabile Migrantes. Terzo e ultimo incontro, giovedì 22 maggio alle 20.45 nella sala della parrocchia del Sacro Cuore a Padova (via Sacro Cuore, 18), con Andrea Michieli, Aldo Marturano, Antonio Santocono (presidente Cciaa Padova) e Tiziana Boggian del Consorzio Veneto Insieme. «Il referendum è uno strumento di partecipazione essenziale – spiega suor Francesca Fiorese, responsabile dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro – Per questo è nostro dovere di cittadini informarci ed esprimere nell’urna il nostro parere. L’8 e 9 giugno potremo esercitare il nostro diritto di voto su due elementi costitutivi della convivenza democratica: il lavoro e la cittadinanza».
A causa delle lungaggini burocratiche, molto spesso, gli anni per ottenere la cittadinanza non sono effettivamente 10, ma in alcuni casi si arriva anche ad aspettare tre anni in più. In Italia, la riforma riguarderebbe 2,3 milioni di persone.