Idee
Un balzo di trent’anni, un monito che diventa realtà, attualità drammatica. Era il 1995 quando l’allora vice presidente della Banca mondiale, Ismail Serageldin, avvertì le potenze della Terra: «Se le guerre del Novecento sono state combattute per il petrolio, quelle del Duemila avranno come oggetto l’acqua». E se tra il 2000 e il 2009 si contavano 94 conflitti per l’acqua, nel decennio successivo erano balzati a 263. Oggi? Sono 347 secondo il report del Pacific Institute, think tank che monitora la cronologia delle guerre per l’acqua. Sono gli effetti collaterali del riscaldamento globale che ha aggravato contenziosi territoriali per il controllo di fiumi, pozzi, dighe, impianti idrici. «Tutti questi casi evidenziano diversi aspetti della crescente crisi idrica – ha affermato Peter Gleick, co-fondatore del Pacific Institute – L’incapacità di far rispettare il diritto internazionale; l’incapacità di fornire acqua potabile e servizi igienico-sanitari per tutti e la crescente minaccia della grave siccità». Nel 2023, poi, si è registrato un massiccio aumento della violenza per motivi idrici, in tutto il mondo, ma soprattutto in Medio Oriente e Ucraina. Gleick però non si sottrae dal suggerire possibili soluzioni: «Nei luoghi in cui la siccità e il cambiamento climatico contribuiscono alle tensioni per l’acqua, possono essere emanate politiche per distribuire e condividere l’acqua in modo più equo tra le parti interessate e la tecnologia può aiutare a utilizzare in modo più efficiente l’acqua disponibile. Gli accordi sulla condivisione dell’acqua e la gestione congiunta possono essere negoziati per risolvere i conflitti transfrontalieri, come quelli lungo i fiumi Tigri-Eufrate, il fiume Helmand e altrove. Quando applicate, le leggi internazionali di guerra che proteggono le infrastrutture civili come dighe, condotte e impianti di trattamento delle acque possono fornire protezioni essenziali che sostengono il diritto umano fondamentale all’acqua. Il miglioramento delle pratiche di sicurezza informatica può ridurre la minaccia di attacchi che cercano di trasformare l’accesso all’acqua in un’arma per le comunità. Le soluzioni sono disponibili, ma finora sono state applicate in modo insuffi-
ciente».