Fatti
Rapporto Caritas e Migrantes. Aumentano i cittadini stranieri in Italia: sono oltre 5 milioni
Rimangono disparità sul lavoro. Cosa ci dice il territorio con le sue esigenze
FattiRimangono disparità sul lavoro. Cosa ci dice il territorio con le sue esigenze
Il Paese reale è più avanti del dibattito politico. Se vogliamo è questo il sottotitolo che emerge sfogliando la 33a edizione del Rapporto immigrazione Popoli in cammino, realizzato da Caritas italiana e Fondazione Migrantes, pubblicato a metà ottobre con lo scopo di fotografare i dati sul fenomeno migratorio e scacciare luoghi comuni scollati dalla realtà. Perché i banchi di scuola, i luoghi di lavori, i centri parrocchiali e le società sportive, cioè quelle realtà che vivono di relazioni e anche di contrasti, raccontano un’altra storia. Il rapporto – come sottolinea nella prefazione il presidente della Cei, Matteo Zuppi – «ci aiuta a mettere a fuoco le coordinate fondamentali della mobilità, un fenomeno che attraversa pressoché il mondo intero e tutti gli ambiti del vivere sociale e che papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti definisce “un elemento fondamentale del futuro del mondo”». Partiamo da qui, dai numeri: sono 281 milioni i migranti internazionali, erano 84 milioni nel 1970. E poi guardiamo in Italia, a chi ha scelto di stabilirsi nel nostro Paese e a contribuire alla sua economia: sono 5 milioni e 308 mila i cittadini stranieri residenti in Italia nel 2024, in aumento di 166 mila individui, il 3,2 per cento in più rispetto all’anno precedente. Oltre 200 mila di loro hanno conseguito la cittadinanza sempre nel 2023 e a livello nazionale rappresentano il 9 per cento della popolazione residente in Italia. Ma il rapporto è un passaggio continuo tra luci e ombre, opportunità, schiarite e zone critiche: il 2023 ha visto una crescita complessiva dell’occupazione in Italia, ma ha riguardato prevalentemente gli occupati italiani, mentre è ancora diffusa la tendenza secondo cui migranti altamente istruiti continuano a essere meno occupati delle controparti “native”, e a occupare spesso posizioni per le quali sono sovra-qualificati. E la fragilità occupazionale è una delle condizioni prevalenti negli utenti che si sono rivolti ai centri di ascolto Caritas: secondo i dati provenienti da 144 Diocesi aderenti al sistema nazionale di raccolta dati Ospoweb, nel corso del 2023 le persone che hanno chiesto aiuto e sostegno ai 744 centri di ascolto Caritas sono state 269.689 e la maggioranza è costituita da soggetti di cittadinanza straniera (57 per cento), a dimostrazione che nel corso degli ultimi sette anni il peso dell’utenza straniera è andato crescendo. Nel 2023 le persone di origine straniera aiutate sono state 146.415, in gran parte provenienti da Marocco, Ucraina, Romania, Perù, Nigeria, Albania, Tunisia, Senegal, Egitto e Pakistan. Gli stranieri aiutati hanno un’età media di 42 anni, sono per lo più coniugati, con un livello di istruzione basso. «Per dare una restituzione locale, ho provato a guardare un piccolo territorio, le realtà di Vigodarzere e Cadoneghe – spiega Lorenzo Rampon, responsabile della Caritas diocesana di Padova – Qui il sistema di raccolta dati è ben utilizzato e ci dice che ai centri Caritas si sono rivolti 83 nuclei di stranieri, 297 persone in tutto. Ebbene, se li confrontiamo con il numero dei residenti non italiani che vivono in questi due Comuni, ci rendiamo conto che meno del 10 per cento delle persone migrate si rivolge alla Caritas: l’altro 90 per cento o ha reti di supporto o è riuscito a emanciparsi. È un dato positivo, incoraggiante che mi fa dire che, sì, la società è più avanti del dibattito politico, che di questi temi se ne serve solo per arrivare allo scontro». Una lettura che Rampon definisce «sfalsata» e che, però, non appartiene solo alla politica: «Come Chiesa ci dobbiamo mettere in discussione perché non abbiamo una lettura adeguata della situazione: se vediamo il dato dell’appartenenza religiosa, quanto sappiamo integrare gli altri cattolici e quanto sappiamo essere noi veramente cattolici? E con i musulmani a che punto siamo come dialogo interreligioso?». Il rapporto, infatti, evidenzia come all’inizio del 2024 i cristiani siano tornati ad incidere sul totale della popolazione straniera iscritta nelle anagrafi dei Comuni italiani per il 53 per cento del totale, mantenendo il proprio ruolo di maggioranza assoluta; quello di maggioranza relativa passa per molto poco ai musulmani, col 29,8 per cento d’incidenza (1 milione 582 mila). Significa che nella pratica religiosa quotidiana, il ruolo dei cattolici immigrati, di fatti più giovani rispetto agli “autoctoni”, appare fondamentale. Domande se ne dovrebbe fare anche il sistema scolastico e formativo: quanto è adeguato all’istruzione dei circa 900 mila alunni con cittadinanza non italiana? «Un aspetto sul quale la nostra Diocesi si sta muovendo – conclude Rampone – è il doposcuola: l’attenzione sta aumentando ed è positivo perché tocca il tema dell’inserimento a pieno titolo dei nostri ragazzi nella nostra società. Le difficoltà ci sono e non sono di poco conto, penso alla dispersione scolastica: i dati suoi giovani sono preoccupanti, dovremmo leggere questo dato e agire di conseguenza quanto prima e meglio possibile».