FattiPrima indagine nazionale sulla condizione giuridica dei rom originari dell’ex Jugoslavia, condotta dall’Associazione 21 luglio. Che afferma: “Non più le 15 mila o i 25 mila persone di cui si parlava in passato! Si colma finalmente un gap conoscitivo. E la conoscenza dei numeri è indispensabile per politiche mirate”
Secondo l’ultimo rapporto annuale curato dall’Associazione 21 Luglio, sono circa 20 mila le persone identificate dalle istituzioni come rom e sinti che vivono nelle baraccopoli formali e informali italiane, pari allo 0,03% della popolazione italiana. Circa 7300, in maggioranza comunitari (si tratta di cittadini bulgari e romeni, impegnati prevalentemente in un pendolarismo stagionale. Non mancano tuttavia, nell’area metropolitana di Napoli, mega insediamenti informali abitati da famiglie originarie di Bosnia, Montenegro e Serbia) vivono negli insediamenti informali e nei micro-insediamenti; altri 12.700 risiedono nei 119 insediamenti formali presenti in 68 comuni italiani. Di questi ultimi, sono circa 5300 i rom originari dell’ex Jugoslavia; più di 6 mila hanno la cittadinanza italiana senza essere originari di un Paese dell’area balcanica e circa 1400 sono quelli di cittadinanza romena.Un’indagine della stessa Associazione 21 Luglio punta l’attenzione oggi proprio sui 7300 rom originari dell’ex Jugoslavia presenti negli insediamenti formali e informali italiani, al fine di indagare sul loro status giuridico e sul livello di rischio apolidia per i minori. L’indagine, insomma, mira a dare numeri e considerazioni su quello che considera un “fenomeno sovrastimato”.
Afferma l’Associazione: “Con la dissoluzione dell’ex Jugoslavia, iniziata con la morte di Tito nel 1980 e la guerra civile che ne è scaturita, migliaia di cittadini sono scappati dal loro Paese di origine per trovare riparo nelle periferie delle metropoli italiane. Si stima che negli anni Ottanta e Novanta siano stati almeno 40 mila i cittadini di origine rom in fuga dal conflitto balcanico e stanziatisi inizialmente all’interno di tende o di roulotte prima che venissero costruiti i cosiddetti campi rom dove concentrare persone considerate erroneamente di cultura ‘nomade’. Negli ultimi 30 anni la condizione giuridica di molti di loro non è mai stata sanata. La cancellazione anagrafica disposta dal Paese di provenienza e l’impossibilità ad ottenere un permesso di soggiorno italiano li ha fatti piombare in una sorta di limbo giuridico che si è tradotto per molti in una condizione di apolidia ‘de facto’ senza alcun tipo di riconoscimento. Persone senza diritti perché inesistenti per lo Stato italiano e le amministrazioni locali”.
Ma quanti sono oggi i cittadini rom a rischio apolidia presenti negli insediamenti italiani? “Sino ad oggi svariati sono stati i numeri stimati – afferma l’Associazione 21 Luglio -. Nel 2008 fu l’Ispo (Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione) a stimare ‘almeno 20/25 mila giovani rom soprattutto dell’ex Jugoslavia che non hanno cittadinanza: non sono stati riconosciuti nei Paesi di origine, parlano solo italiano e romanès e sono senza documenti’. Tre anni dopo la Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato ha indicato altre cifre relative alla condizione che ‘riguarda i minori, figli (e sempre più spesso nipoti) di rom provenienti da quella che fu la Jugoslavia: si può stimare che si tratti di circa 15 mila giovani’. Tali numeri, non supportati da studi e ricerche, hanno fatto sì che negli anni si promuovessero disegni di legge, si creassero Tavoli di lavoro anche all’interno della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si impegnassero fondi per l’implementazione di progettualità su larga scala”, aggiunge l’Associazione.Associazione che, come detto, ha voluto indagare sull’entità del fenomeno e, con la ricerca “Fantasmi urbani”, ha condotto un’analisi meticolosa e puntuale sulla presenza, in Italia, dei cittadini di origine jugoslava a rischio apolidia. Uno studio i cui risultati marcano una forte differenza rispetto ai dati di riferimento assunti anche dal Governo italiano. L’indagine è partita da un ampio campione rappresentato dal 36,5% del totale di cittadini dell’ex Jugoslavia presenti nei “campi rom” italiani. Per raccogliere i dati sono state incontrate 2.666 persone e visitati 17 insediamenti in 8 Comuni italiani.“Alla luce dei risultati emersi, le persone originarie dell’ex Jugoslavia a rischio apolidia, perché prive di passaporto e di permesso di soggiorno, residenti nei ‘campi rom’ italiani sono circa 860, un numero ben lontano dalla forbice sino ad ora stimata di 15 mila/25 mila unità. Di essi poco meno di 500 dovrebbero essere rappresentati da minori”, conclude l’Associazione.Secondo l’Associazione 21 luglio, dunque, “un numero così esiguo, assai lontano dalle cifre passate non fondate su basi scientifiche, ridimensiona il fenomeno e soprattutto consente finalmente l’attivazione di politiche mirate a singoli contesti e specifiche situazioni locali”.
