E’ un titolo provocatorio quello scelto quest’anno per la XXVII edizione del Rapporto sulla scuola cattolica, realizzato dal Centro studi per la scuola cattolica (Cssc) della Conferenza episcopale italiana per i tipi di Scholé (Brescia 2025): “Intelligenza artigianale”. Una scelta in evidente alternativa – ma senza alcuna polemica – all’intelligenza artificiale che oggi sembra pervadere e condizionare ogni attività umana. Ad illustrarne le ragioni è mons. Claudio Giuliodori, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica:
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“Il richiamo all’artigianalità dell’intelligenza vuole valorizzarne la dimensione umana (l’artigianato è tale perché è opera di un artigiano) e al tempo stesso sottolineare il significato ‘intelligente’ e pedagogico del lavoro, che è di fatto il vero obiettivo del volume”.
Lavorare per vivere o vivere per lavorare? Il Rapporto sarà presentato nel corso della XVIII Giornata pedagogica della scuola cattolica che avrà luogo sabato 18 ottobre a Milano (Istituto Leone XIII, via Leone XIII 12). All’evento interverranno autori del Rapporto (Pierpaolo Triani, Dario Nicoli, Susanna Sancassani) e alcuni enti di formazione professionale per documentare il concreto valore educativo ed esistenziale del lavoro nei diversi percorsi formativi: Centro Aslam di Milano, Piazza dei Mestieri di Torino, Centro Afp Patronato San Vincenzo di Bergamo. Molte le domande più o meno implicite sul tappeto: la scuola prepara alla vita o al lavoro? Si lavora per vivere o si vive per lavorare? Scuola e formazione professionale riescono a fare proposte educative aggiornate e significative? Intelligenza artificiale e intelligenza artigianale sono alternative o complementari? Come orientarsi nei nuovi scenari? Come collegare la scuola alla vita?
Le diverse intelligenze. Nella prima parte del report il percorso prende le mosse dalla natura multidimensionale dell’intelligenza (Triani) e prosegue con gli effetti prodotti dalle recenti trasformazioni sul curricolo scolastico (Roberto Franchini) per arrivare a delineare il significato educativo del lavoro da un punto di vista sociologico (Nicoli ) e pedagogico (Andrea Potestio), soffermandosi infine sul progetto educativo della formazione professionale che pone al centro della sua azione proprio il lavoro come occasione di realizzazione personale (Arduino Salatin). La seconda parte del Rapporto affronta alcune tematiche collaterali particolari, a partire dal valore scolastico delle nuove tecnologie (Michele Pellerey) e dalle novità didattiche offerte dai nuovi AI-book (Susanna Sancassani). Seguono approfondimenti sull’orientamento scolastico (Giuseppe Zanniello), e sul Service Learning, (Simone Consegnati). Spazio infine per dare conto di una ricerca qualitativa svolta sugli enti di formazione professionale di ispirazione cristiana, che offre uno strumento pratico per valutare l’efficacia formativa dei percorsi (Confap).
Un quadro tra luci e ombre. Conclude il Rapporto l’appendice statistica con i principali dati relativi al sistema di scuola cattolica in Italia nell’anno scolastico 2024-25 appena concluso. L’elaborazione del Centro studi si basa su dati forniti dal ministero dell’Istruzione: nel nostro Paese sono presenti 7.379 istituti (-1,49 rispetto all’anno precedente) per un totale di 503.869 alunni (-11.266). Il 59,9% delle scuole si trova al Nord (4.418), il 14,9% al Centro (1.096), il 25,2 al Sud (1.865). Gli alunni con cittadinanza non italiana sono 35.061 (il 7%), quelli con disabilità 11.122 (2,2%), gli insegnanti 52.992. I maggiori segnali di difficoltà provengono dal Sud e dalle scuole dell’infanzia. Negli ultimi 14 anni, si legge nel report, sono scomparsi 236.767 alunni e 1,.992 scuole.
Pedagogia del lavoro. “Parlare di intelligenza artigianale – spiega in conclusione Sergio Cicatelli, coordinatore scientifico del Cssc – può essere
una provocazione concettuale per aprire nuove strade all’educazione dei giovani”.
L’accento sull’artigianalità dell’intelligenza, prosegue, è “la via d’accesso a una pedagogia del lavoro che trova la sua più specifica applicazione nella formazione professionale ma che deve essere tenuta presente in qualsiasi altro percorso di educazione scolastica, perché il lavoro non può essere considerato come un fatto accessorio e strumentale nella vita delle persone, bensì come elemento costitutivo dell’identità umana”. Il messaggio trasmesso dal Rapporto è allora quello di
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“un complessivo ripensamento del ruolo del lavoro nella vita della persona:
obiettivo che può essere raggiunto” non solo attraverso la scuola ma “con il contributo di tutte le componenti della vita sociale ed economica”. E forse, conclude Cicatelli, “un primo compito” potrebbe essere
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l’eliminazione della “separazione – storica, giuridica e pedagogica – tra scuola e formazione professionale:
una separazione in primo luogo sociale, che conferma il pregiudizio dell’incomunicabilità tra formazione intellettuale e agire manuale”.