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Mappe IconMappe | Mappe 20 - Parità di genere - febbraio 2024

mercoledì 21 Febbraio 2024

Scuola. La parità insegnata

Scuola Nonostante linee guida nazionali, l’educazione è affidata principalmente ai singoli docenti. Manca un approccio interdisciplinare che permetta approfondimenti da diverse prospettive

Paolo Gallerani
Paolo Gallerani
collaboratore

La scuola veneta, come si sta muovendo sotto l’aspetto dell’educazione alla parità di genere nonché sessuale e affettiva? A proposito delle questioni trattate, dal punto di vista legislativo la legge 107/2015 all’articolo 1 comma 16, conformemente all’articolo 3 della Costituzione che tutela i diritti fondamentali alla pari dignità e alla non discriminazione, afferma che «il piano triennale dell’offerta formativa (Ptof, quel documento fondamentale elaborato da ogni istituto, che ne esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa, ndg) assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni». Successivamente il Miur ha emanato le linee guida nazionali “Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione” per rendere attuativa la legge stessa. Indicazioni molto chiare che dovrebbero trovare spazio nelle programmazioni didattiche e percorsi interdisciplinari ma che sono spesso disattese. Racconta Giovanni Realdi, docente di Storia e Filosofia presso il liceo Galileo Galilei di Caselle di Selvazzano e referente d’istituto dell’Educazione alla salute: «Sul tema della parità di genere, collegata alla violenza e al femminicidio di Giulia Cecchettin, nella nostra scuola è stata fatta un’assemblea gestita dagli studenti, che ha visto i più grandi guidare il dibattito in gruppi formati da alunni più giovani. Ci sarà un momento di restituzione a noi insegnanti e ai genitori». Il referente mette in luce il fatto che l’educazione alla cittadinanza (di cui fa parte l’educazione civica, una disciplina che da settembre 2020 interessa tutti i gradi scolastici), «è affidata ai singoli docenti e alcuni di loro affrontano queste tematiche nelle loro ore. Avverto il fatto che manchi – come in altri ambiti dell’insegnamento – un lavoro interdisciplinare che ci porti ad approfondire argomenti come questi da diversi punti di vista. Le questioni di genere possono riguardare le relazioni di potere tra maschile e femminile o anche il tema dell’identità sessuale e possono essere affrontate in modo trasversale, tra la salute e la cittadinanza, scienze o storia, statistica, italiano e diritto. La cultura del rispetto dei diritti e quella delle differenze, parte dalla nozione del sé come essere sessuato e in relazione, arrivando alle dinamiche socioculturali di massa». Per quanto riguarda la questione della sessualità e affettività, aggiunge che «oltre a iniziative di singoli docenti nelle proprie materie, negli ultimi anni questo tema è stato affrontato nella nostra scuola in maniera sporadica. I fondi consentono di coprire poche classi». Al Galilei sono stati avviati alcuni progetti: l’anno scorso il «validissimo» “Esserci” dell’associazione Casa; quest’anno alcuni nel contesto di Attivamente (un programma di iniziative di carattere formativo promosso dalla fondazione Cariparo); il progetto Real (Relazioni emozioni affettività linguaggi) finanziato dal Corpo europeo di solidarietà e alcune iniziative di educazione relazionale e sessuale affidate a psicoterapeute e psicologi. Il professore conclude dicendo che «il rischio di fare educazione sessuale nel contesto della salute è quello di schiacciarla su argomenti solamente medici, mentre emerge chiaramente l’esigenza tra i nostri giovani, di mettere a tema la qualità delle relazioni e le dinamiche del consenso».

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