Idee | Pensiero Libero
L’“allarme” lo ha lanciato la Gazzetta dello sport martedì mattina di buon’ora nel suo sito web: «Gattuso punta gli occhi su Ahanor, ma per ora manca la cittadinanza italiana». Non esattamente una grande emergenza, si dirà, di fronte allo scenario critico internazionale in cui stiamo navigando (ogni riferimento alla Global Sumud flotilla è del tutto cercato). Eppure la storia di Ahanor, che di nome fa Honest, ha qualcosa da dirci, con un vago sentore di flash back rispetto all’8 e 9 giugno scorsi, quando siamo andato al mare anziché votare per i cinque quesiti referendari.
Riavvolgendo il nastro del racconto, dobbiamo andare fino ad Aversa, in Campania, dove Ahanor nasce il 23 febbraio 2008. Dopo un anno si trasferisce a Genova con la famiglia e dopo altri quattro anni entra nelle giovanili rossoblù del Genoa. Lì cresce calcisticamente e come persona, Honest ha la stoffa del predestinato, difensore centrale, il suo mito è un certo Paolo Maldini. Ad appena 16 anni esordisce in Serie A, è il primo 2008 a giocare una partita da titolare nel massimo campionato: l’allora allenatore del Grifone Alberto Gilardino non ha dubbi, Honest ha le doti per affrontare la categoria. È suo il tiro che induce l’autogol del portiere del Napoli (poi scudettato) Meret durante il Napoli-Genoa dell’11 maggio scorso finito 2 a 2.
Poi arriva l’estate e come ogni anno parte il circo del calciomercato. Tutti parlano di Giovanni Leoni, il 19enne del Parma che tutti vogliono, ma solo il Liverpool di Slot paga 37 milioni di euro (e ora è alle prese con un pesante infortunio che lo terrà fuori per un anno). Così il passaggio di Honest dal Genoa all’Atalanta per la cifra monstre di 20 milioni di euro passa praticamente in sordina, ma se consideriamo che si tratta di un minorenne che ha tutto da dimostrare, siamo di fronte a un’operazione di primo livello.
Nella stagione appena iniziata, è bastata una partita e mezza ad Ahanor per lasciare il segno. Due prestazioni da veterano contro le torinesi hanno attirato su di lui le attenzioni di tutti gli addetti ai lavori, tra cui il commissario tecnico della Nazionale Gennaro Gattuso, che sta tentando di portarci ai mondiali dopo dodici anni (siamo diventati un popolo di pallavolisti e tennisti…).
Ed è qui che questa storia inciampa su quei referendum, e in particolare sul quinto quesito, quello sulla cittadinanza. Honest Ahanor – e come lui migliaia di altri ragazzi – è nato nel nostro Paese, qui è cresciuto ed è andato a scuola, ma l’Italia non lo riconosce perché i suoi genitori sono nigeriani. La Nazionale lo vuole, ma non può convocarlo perché – stando alla Gazzetta – il ragazzo non ha il passaporto. «Prima di cederlo all’Atalanta per la cifra record di 20 milioni, il Genoa ha a lungo combattuto per far ottenere ad Ahanor la cittadinanza italiana, ma tra cavilli, postille e tempistiche della burocrazia, la pratica è ancora lì, su qualche scrivania», scrive Gregorio Spigno sulla “Rosea”. Quindi niente scorciatoie per il calciatore. Chiunque sia nato qui da genitori stranieri, infatti, deve attendere il 18esimo compleanno per chiedere la cittadinanza, e può farlo per un solo anno, dimostrando di non essersi mai mosso dal Paese fino al raggiungimento della maggiore età. In una società in grande mobilità, sempre più multietnica e multireligiosa, la cosa appare fuori dal tempo. Esattamente come avviene per quei ragazzi nati all’estero, arrivati in Italia magari a uno o due anni, che per chiedere la cittadinanza devono dimostrare di essere stati qui per dieci anni, senza aver mai lasciato l’Italia.
«Nel frattempo – scrive sempre la Gazzetta – Honest potrebbe invece scegliere di giocare per la Nigeria. Occhio, Italia…». Chissà che nella Repubblica del Pallone, la storia di un adolescente con la stoffa del campione, che scegliesse il Paese dei suoi genitori perché il suo non gli ha ancora dato la cittadinanza, non riesca a riaccendere i riflettori su un tema sepolto dalla pietra tombale dell’astensione di giugno.