Idee | Pensiero Libero
Serve con urgenza un’Ue “adulta”. Quadro geopolitico disorientante: integrazione ora. O mai più
Quadro geopolitico disorientante: integrazione ora. O mai più
Idee | Pensiero LiberoQuadro geopolitico disorientante: integrazione ora. O mai più
«Per far fronte alle sfide è sempre più chiaro che dobbiamo agire sempre più come se fossimo un unico Stato. La complessità della risposta politica che coinvolge la ricerca, l’industria, il commercio e la finanza richiederà un grado di coordinamento senza precedenti tra tutti gli attori: governi e parlamenti nazionali, Commissione e Parlamento europeo». Bisogna dire che quando Mario Draghi parla all’Unione Europea – e queste parole sono state pronunciate nell’emiciclo di Bruxelles martedì scorso – non usa giri di parole. Sono molti i passaggi del suo intervento su cui riflettere (ad esempio «sull’innovazione l’Ue spesso è il peggior nemico di se stessa»), ma quello con cui apriamo questo “pensiero libero” è fervido di domande, anche scomode. È passata la bellezza di 68 anni dal trattato di Roma che ha istituito la Comunità economica europea (Cee) e altri 32 da Maastricht, con la nascita vera e propria dell’Unione Europea, ma dobbiamo constatare che l’Europa non è ancora adulta. Come si spiega altrimenti che l’ex presidente della Banca Centrale europea debba ricordare oggi all’Eurocamera che occorre muoversi come un unico Stato? Ci siamo dimenticati la prospettiva federale in cui si sono mossi i padri fondatori De Gasperi, Schuman e Adenauer? Prendiamo atto che molto tempo è stato perduto e che nemmeno eventi eccezionali come la pandemia da Covid 19 è servita a un cambio di passo verso una maggiore integrazione tra i 27. Ora Draghi dice che occorre un «grado di coordinamento senza precedenti», ma saremo in grado di darcelo di fronte all’accelerazione geopolitica post rielezione di Donald Trump alla Casa Bianca? Il mondo che pare di intravvedere in filigrana, tra le parole del presidente Usa e le manovre cinesi, assomiglia sempre più a quello tratteggiato (o profetizzato?) da George Orwell nel suo celebre romanzo 1984. Da quelle pagine emana tutta la tensione politica in atto fra i tre mega-stati creati dalla mente del prosatore inglese: l’Oceania (composta da Nord e Sud America, Regno Unito e Irlanda, Australia, Nuova Zelanda e Africa meridionale), l’Eurasia (Europa e Russia) e l’Estasia (composta dai territori del Giappone, della Cina e del Tibet, dell’India settentrionale). Quale alternativa abbiamo all’integrazione tra piccole nazioni che tuttavia insieme danno vita al più grande mercato nonché a una potenza economica in grado di competere con i blocchi americano e asiatico? Eppure dobbiamo riconoscere che molti degli eventi accaduti nell’Unione Europea nel terzo millennio (a partire dal massiccio allargamento a est) sono stati fatti economici e non politici, men che meno valoriali. Oggi occorre capire chi crede davvero nell’Ue e chi ne fa parte per meri interessi di parte: la situazione impone di disabituare le posizioni e agire di conseguenza. La stessa posizione della premier Meloni va chiarita: le sue ottime relazioni con Trump e Musk fungeranno da ponte tra i continenti o finiranno per essere il cuneo attraverso cui dividere definitivamente i Paesi membri dell’Unione? Le parole del vicepresidente Vance alla conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera dello scorso 14 febbraio hanno certificato che, per molti versi, oggi Usa ed Europa parlano lingue differenti. Tra i molti passaggi sbalorditivi (che ha senso leggere) ce n’è uno che, ancora una volta, ci interroga profondamente. «Nelle conversazioni con parecchie persone sedute in questa stanza ho sentito molto su ciò di cui avete bisogno per difendervi, e naturalmente è importante. Ma ciò che sembra un po’ meno chiaro a me, e credo sicuramente a molti cittadini europei, è per cosa esattamente vi stiate difendendo. Qual è la visione positiva che anima questo patto di sicurezza condiviso che tutti crediamo sia così importante?». Questo è esattamente il punto: da cosa l’Ue si sta difendendo e perché. In altre parole: in che cosa crede l’Ue, quali sono gli elementi della sua cultura e visione del mondo per cui vale la pena investire? Ancora una volta le dinamiche geopolitiche investono completamente il continente e il suo assetto politico, ma ora non c’è più tempo per rimandare.