FattiIl Consiglio regionale ha approvato una legge che salvaguarda e valorizza i gelsi del territorio Veneto. Proposta che muove i passi da antiche tradizioni
È un progetto di legge che aspira a immaginare un futuro per la seta prodotta in Veneto, quello approvato all’unanimità il 5 marzo scorso dal Consiglio regionale. Un prodotto, la seta, che nella nostra Regione ha una storia antica legata ai morari, gli alberi di gelso spesso piantati a dividere le proprietà o lungo i fossi, le cui foglie sono alimento principale dei bachi il cui allevamento rappresentava un’importante forma di integrazione al reddito agricolo fino agli anni Sessanta. «L’approvazione del progetto “via della seta veneta” andrà a salvaguardare, valorizzare e promuovere i gelsi del territorio Veneto, ma anche a sostenere la gelsibachicoltura e avviare nuovi itinerari turistici e culturali» afferma soddisfatto Giuseppe Pan, presentatore e primo firmatario della legge. Da una parte il recupero di antiche tradizioni con una nuova attenzione all’ambiente, dall’altra la promozione di professionalità aggiornate per studenti degli istituti tecnici a indirizzo agrario e forestale: «Una proposta legislativa – sottolinea Pan – che coniuga diversi aspetti ambientali, culturali, storici, paesaggistici, gastronomici e turistici. Si creano così le premesse per la ricostituzione, anche a scopo divulgativo e museale, della filiera gelso-seta». Il correlatore, Jonatan Montanariello rileva poi la necessità di rendere coerente la proposta veneta con l’ordinamento europeo e promuovere attività condivise con altre città d’Europa dove la sericultura è quasi scomparsa a fine Ottocento e considerato che l’80 per cento delle industrie utilizzatrici della seta è in Italia. «In Italia abbiamo ancora un’industria serica nella zona di Como, con 13 mila addetti che si occupano della parte finale della produzione, tessitura e stampa, mentre manca del tutto la parte dell’allevamento del bozzolo e dell’estrazione del filo. Per la materia prima siamo del tutto dipendenti dalla Cina, che condiziona il settore da monopolista» premette Silvia Cappellozza, ricercatrice del Crea, laboratorio di gelsibachicoltura di Padova, uno dei due istituti in Europa (l’altro è in Bulgaria) che si occupa di studiare e tutelare la bachicoltura e conservare le razze del baco da seta e le varietà del gelso. Da anni, in Veneto, si cerca di recuperare la produzione della seta, ma anche di salvaguardare le piante secolari che nella nostra pianura hanno resistito ai cambiamenti climatici e alle malattie. Un percorso lungo, che deve confrontarsi anche con costi di produzione superiori a quelli cinesi, ma che potrebbe fare uno scatto grazie alla legge regionale. «Da una parte sarà possibile l’ammodernamento della gelsibachicoltura, al momento con una filiera da riorganizzare e tecnologie da rinnovare. Dall’altra unendo l’attività agricola ad altre proposte, per esempio quelle del turismo lento, esperienziale, sarà possibile integrare e rendere più competitivo il reddito delle imprese che si dedichino all’allevamento dei bachi». Si parla anche di una produzione etica della seta veneta: «Fin da quando abbiamo iniziato gli studi, abbiamo puntato a far incontrare le esigenze della gelsibachicoltura con quelle dell’industria, perché si corrispondesse a un giusto prezzo ai produttori e abbiamo sviluppato solo una produzione biologica, anche perché il baco è una sentinella ambientale e subisce i danni dell’inquinamento da prodotti chimici. Non vogliamo una produzione intensiva, una monocultura che potrebbe rivelarsi controproducente, ma tanti piccoli produttori che affiancano altre coltivazioni a quella del gelso, tutelando il paesaggio o ricreandolo dove era tipico. Per questo abbiamo coinvolto le scuole agrarie per un registro dei gelsi. Dal Veneto può ripartire quella che è stata la via europea della seta, da qui alla Grecia passando dai Balcani».
Nel novembre di un secolo fa, a Padova nasceva la prima Stazione bacologica sperimentale, oggi laboratorio di gelsibachicoltura del Crea agricoltura e ambiente, punto di riferimento nazionale per la filiera e la ricerca del settore, che raccoglie e rivitalizza una tradizione secolare per Padova e il Veneto.
Una raccolta fondi per ricostruire la rampa di mattoncini Lego del Teatro Verdi. È la proposta lanciata da Orizzonti e Generazione Padova. Formata da tremila mattoncini colorati, la rampa era stata realizzata dall’associazione Talents Lab con i suoi cinque ragazzi padovani nello spettro autistico per rendere accessibile anche alle persone con difficoltà motoria il teatro patavino. Sabato 9 marzo, durante lo spettacolo “Cenerentola”, la rampa era stata però rubata. «Abbiamo sporto denuncia per furto ai carabinieri, ma ci rivolgiamo a chiunque abbia commesso questo atto inqualificabile perché restituisca la rampa sapendo che dietro a questo oggetto esiste un progetto di inserimento lavorativo di persone con disabilità» aveva dichiarato subito dopo Claudia Marcolin, direttrice generale del Tsv. La raccolta fondi è su https://gofund.me/9adae1cd
