Idee
Se sul sociale i due principali candidati alla carica di presidente della Regione Veneto sembrano d’accordo perché ritengono che vada aumentato l’impegno stanziando risorse aggiuntive e con un assessorato specifico separato da quello per la sanità, al motto comune “per non lasciare indietro nessuno”, su altre questioni le visioni si allontanano. Con l’ufficialità del padovano Alberto Stefani come candidato di centrodestra, ora il duello con il trevigiano Giovanni Manildo, alfiere di centrosinistra, è entrato nel vivo.
Tra i vari temi, quello relativo alla mobilità interna nella Regione e tra i territori veneti e le aree circostanti e quello della tutela del territorio, appassionano meno, fino a che non ci si trova a fare i conti con problemi irrisolti e nuove sfide che derivano da scenari economici che cambiano rapidamente e variazioni climatiche che hanno impatti disastrosi. E che il Veneto, in questi anni, ha conosciuto molto bene.
In tema di mobilità, Manildo ha rilanciato il biglietto unico per i trasporti in area regionale, sottolineando come spostarsi per pendolari e turisti sia molto più costoso in Veneto che in Regioni limitrofe. Rispetto alla mobilità delle merci, lo studio più approfondito sui grandi nodi infrastrutturali per la mobilità in Regione lo ha proposto Uniontrasporti, società di Unioncamere. A fine settembre ha aggiornato il Libro bianco sulle priorità del sistema economico veneto mettendo sul tavolo del nuovo Consiglio regionale la necessità di promuovere «la coesione territoriale come fattore determinate per una crescita sostenibile». Roberta Delpiano, project manager Uniontrasporti, nel presentare lo studio sottolinea come chi guiderà la Regione per i prossimi cinque anni dovrà comprendere «l’importanza della complementarità tra progetti. La pianificazione condivisa tra Regioni e Stati confinanti è cruciale per l’efficienza dei corridoi di trasporto tenendo conto che la crescita economica del Veneto è trainata dal commercio estero. La collaborazione sovraregionale è la chiave imprescindibile per lo sviluppo di un piano logistico sostenibile a livello nazionale».
Una sfida tra le altre è spostare entro il 2030 almeno il 30 per cento del trasporto merci su ferrovia per tratte superiori a 300 chilometri e il Veneto – punto di confluenza di tre corridoi europei – deve diventare hub logistico europeo. Uniontrasporti identifica cinque macro-obiettivi. Il primo per importanza è il nodo di Verona che rappresenta la principale porta di accesso del Veneto verso i mercati del Nord: si lavora già all’A22 e alla ferrovia Fortezza-Verona con una galleria ferroviaria di 55 chilometri che collegherà Fortezza (Alto Adige) e Innsbruck (Austria). Con fine lavori prevista al 2032, l’interporto di Verona vedrà adeguata la capacità di ricevere treni da 750 metri, sarà realizzato il quarto modulo ferroviario e verrà potenziata la stazione di Verona Quadrante Europa. Altri obiettivi sono potenziare i collegamenti intervallivi per agganciare le aree produttive interne del Bellunese, Trevigiano, Padovano e Vicentino alla rete nazionale, cogliere le opportunità della Zls (zona logistica semplificata), ricucire il territorio delle provincie di Rovigo e Padova con il resto della Regione per colmare i limiti del Basso Veneto e infine valorizzare le specificità del Bellunese rivitalizzando un territorio isolato dando spazio alle potenzialità ancora non espresse. «Il Veneto rappresenta il cuore pulsante dell’economia italiana, la terza Regione con un valore dell’export di 80,2 miliardi di euro che forma oltre il 40 per cento del Pil regionale. È un territorio che ospita uno dei sistemi produttivi più dinamici d’Europa ed è riconosciuta come naturale piattaforma logistica, crocevia di importanti corridoi di trasporto terrestri e marittimi».
Ma per mantenere questi risultati serve intervenire per garantire infrastrutture e servizi logistici di alto livello, come quello della Zona logistica semplificata Porto di Venezia-Rodigino (Bluegate) il cui fulcro è il porto di Venezia e che potrebbe diventare occasione importante per tutta la Regione per la possibilità di favorire l’export delle imprese. Un futuro più sostenibile Uniontrasporti lo vede per l’area di Marghera, dopo che l’Autorità di sistema portuale ha autorizzato la costruzione di un impianto di produzione di idrogeno nello stabilimento Sapio, avviando un processo di decarbonizzazione. Semaforo rosso con tempi ancora non definiti per la progettazione del prolungamento della Valdastico verso nord e della A27 Venezia-Belluno-Monaco. Si muovono, invece, i lavori per superare i disagi sulla Strada regionale 10: il primo stralcio (Borgo Veneto-Ponso) è in fase di avvio lavori che dovrebbero concludersi nel 2028, il secondo (Ponso-Carceri) è alla progettazione esecutiva e già a inizio del prossimo anno dovrebbero aprirsi i cantieri.
L’impatto della logistica sul territorio Veneto è già forte e crescerà. Ma si deve fare i conti anche con la continua richiesta di nuovi insediamenti residenziali in una Regione che le rilevazioni dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel 2023 segnalano seconda in Italia per consumo di suolo (11,86 per cento) dopo la Lombardia (12,19 per cento) e prima per incremento di consumo di suolo con 890,98 ettari nell’ultimo periodo studiato. Un “primato” che mantiene quasi ininterrottamente dal 2017 (solo una volta è seconda). Le decisioni in termini di sviluppo dovranno sempre più considerare strade nuove per conciliare urbanizzazione e tutela della risorsa finita rappresentata dal territorio. È ottimistica, tuttavia, l’analisi di Federico Della Puppa, responsabile dell’area analisi e strategie di SmartLand, project manager nei programmi di riqualificazione urbana per le città di Venezia, Vicenza, Aversa, Prijedor (Bosnia), Onesti (Romania) e Chisinau (Moldavia): «La consapevolezza della necessità di uno sviluppo sostenibile è già in parte stata recepita da scelte che la Regione Veneto ha compiuto negli ultimi anni. La politica espansiva che ha portato al consumo di suolo indiscriminato dal dopoguerra in poi è virata verso un lavoro sul costruito incentivato anche da norme regionali (per esempio la 14/2017 sul “consumo di suolo zero” entro il 2050), e che i progettisti stanno recependo. È una politica che porta frutti in tempi medi e lunghi e i Comuni non possono bloccare certi processi in atto, ma la linea è tracciata e qualche effetto positivo, per esempio con le vasche di laminazione per ridurre la portata delle acque in periodi di intense precipitazioni, lo abbiamo già visto. Da noi i disastri che hanno colpito l’Emilia Romagna sono quasi spariti».
Per Della Puppa, di fronte ai rischi portati dal cambiamento climatico non bastano strumenti ordinari, ma sono necessarie politiche straordinarie e la Regione si è messa nella giusta direzione: «Le nuove esigenze della logistica potranno trovare risposta anche nelle tante aree dismesse, nei tanti capannoni non utilizzati che potranno essere riconvertiti. Mentre in ambito urbano la tendenza alla densificazione dei centri abitati permette di risparmiare suolo nelle aree esterne. Anche le categorie coinvolte tendono a mettere mano a quello che c’è già piuttosto che pensare a nuove espansioni. E la tendenza sarà sempre più quella di demolire e ricostruire perché gli edifici degli anni Sessanta e Settanta a volte sono malsani e per lo più non adeguati per i consumi energetici. Alcuni enti hanno fatto scelte per limitare il consumo del suolo impensabili solo 20 anni fa e i Comuni non possono vivere di espansioni urbanistiche e oneri di urbanizzazione».
Rispetto al consumo di suolo e alla tutela dell’ambiente, insomma, abbiamo diversi problemi, ma per Federico Della Puppa «anche tanti strumenti per affrontarli e avviarci verso soluzioni positive per mantenere quel patrimonio rappresentato dal paesaggio e dalle città d’arte che due milioni di famiglie condividono con oltre 70 milioni di turisti».

Da questo numero e per le prossime uscite prima delle elezioni, la Difesa del popolo e gli altri settimanali diocesani del Veneto, attraverso la voce di esperti e studiosi, affrontano i grandi temi su cui la Regione in questi anni è stata chiamata a prendere decisioni e su cui vertono le prossime sfide: mobilità e ambiente; sanità; competitività; welfare, lavoro e invecchiamento della popolazione.

Il Veneto come «culla di una rivoluzione»: era stata annunciata così, al Transport Logistic 2025 di Monaco dello scorso giugno, la notizia data dallo stesso governatore Luca Zaia di Hyper Transfer, la nuova frontiera della mobilità sostenibile, che sarà testata in Veneto con un tracciato sperimentale di 10 chilometri tra Padova e Venezia (1 miliardo di euro di investimento). Il sistema prevede capsule a levitazione magnetica capaci di collegare Venezia a Milano in 15 minuti e a Roma in 30, senza emissioni e con consumo energetico ridotto del 60 per cento rispetto all’aereo. Il progetto nasce da un accordo tra Regione Veneto, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Cav, Università di Padova e Leonardo, ma quanto sarà davvero realizzabile? Al momento non ci sono aggiornamenti né sui tempi né sull’inizio dei lavori.
Nella relazione di inizio anno giudiziario, Leonardo Pasanisi, il presidente del Tar del Veneto, ha parlato del consumo di suolo: «La materia che in termini percentuali ha la maggiore incidenza sul carico di lavoro complessivo di questo tribunale, è quella dell’urbanistica e dell’edilizia… La Regione Veneto ha giocato d’anticipo rispetto alle altre Regioni d’Italia e rispetto allo stesso Stato italiano, essendo una delle prime, se non la prima in assoluto, ad affrontare tali questioni, con la legge regionale 14 del 6 giugno 2017. In realtà, bisogna anche dire che la legge prevede non poche deroghe al divieto di consumo di nuovo suolo, che ne compromettono le finalità complessive e che quindi andrebbero forse eliminate o ampiamente delimitate».