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Ucraina. La vita prova ad andare avanti, ma le finestre rimangono rotte
Ucraina Oltre ottocento giorni di guerra, la Russia procede lenta in una dimensione sospesa e incerta. La testimonianza di don Moreno Cattelan
Ucraina Oltre ottocento giorni di guerra, la Russia procede lenta in una dimensione sospesa e incerta. La testimonianza di don Moreno Cattelan
«Più avanti di così non si può andare, poi diventa pericoloso e non puoi passare a meno che non parti con il carrarmato, con la camionetta carica di proiettili». Don Moreno Cattelan, missionario orionino in Ucraina, in questi giorni si trova a poche decine di chilometri dal fronte, nella regione del Donetsk, l’ultimo avamposto ucraino: «Siamo ospiti in una parrocchia e tutto il giorno, tutti i giorni passano i convogli militari: il contrasto con i bambini che giocano all’oratorio è forte. Qui da un anno c’è un “don” molto bravo, ha organizzato tutto e i bambini hanno anche un bel prato dove giocare». Due anni dopo l’inizio dell’invasione sono rimasti forse solo “gli occidentali” a far caso alla guerra: a Kiev come a Leopoli, infatti, l’eco del conflitto risuona ormai lontano e i ritmi del fronte come l’anelito di normalità di chi abita le retrovie risultano stranianti. «Se uno arrivasse qui a Pokrovs’k da Marte non direbbe che c’è la guerra se non per il continuo transito delle truppe. La gente vive normalmente a parte i bambini che da anni non vanno a scuola in presenza – continua don Moreno – siamo andati a portare degli aiuti umanitari a una famiglia, c’era il bambino con il suo telefonino e il suo quaderno, intento a seguire la lezione». Prima il Covid-19 e poi l’operazione militare speciale voluta da Vladimir Putin hanno reciso quei legami minimi su cui si fondava la socialità specie dei più piccoli. Così l’oratorio è rimasto l’unico presidio di normalità, dove i ragazzi finiscono per incontrarsi anche per la prima volta, senza uno schermo di mezzo. Intorno la vita continua, le case e i quartieri hanno ormai un rifugio segnalato e tutto scorre tra un allarme e l’altro, al quale si finisce per reagire con una dose di speranza e fatalismo. Non si riparano le finestre rotte se non con pannelli di legno perché magari una bomba può cadere e mandarle in frantumi di nuovo ma, come dicono i residenti, «non è che possiamo bloccarci perché c’è l’allarme, perché viene la bomba, perché siamo in guerra» riferisce il sacerdote che li ha visitati nel corso della missione umanitaria che lo vede impegnato con un gruppo di seminaristi e persino qualche fotografo freelance. «Vivono questa situazione di incertezza. Tutto dà l’impressione di stare in un mondo sospeso». Un mondo sospeso tra l’ennesima offensiva e la successiva contro-offensiva, entrambe sempre più bolse complice l’irrigidimento di un conflitto che assomiglia sempre più a Verdun, alla Battaglia della Somme più che all’Operazione Barbarossa che pure s’infranse poco lontano da qui. L’impressione di don Moreno è che «i russi stanno avanzando lentamente anche perché poi, alla fine, ci sarà un accordo» ma per accordarsi serve qualcosa su cui negoziare: «Quindi stanno conquistando più territorio possibile per definire poi un confine preciso. Io credo che presto finirà perché, a questo punto, non ha nessun senso continuare». Sulla cartina geografica, però, non è difficile temere il colpo di mano per estromettere l’Ucraina dal mar Nero: «Se anche riuscissero a prendere tutti questi territori, a conquistare queste città, cosa avrebbero se non un cumulo di macerie? Non tutti quelli che rimarranno si sentiranno russi: gli hanno imposto il passaporto, hanno dovuto votare per forza, come un mese fa, quando ci sono state le nuove elezioni, e questo dà la misura del caos che ci sarà dopo. Un russo non potrà mai venire in Ucraina perché lo faranno fuori subito, come un ucraino non andrà più nel territorio russo perché avrà paura». I traumi di anni di guerra si sono ormai sedimentanti e ciò che spaventa non è che l’ultimo giorno di guerra non arrivi più ma che arrivi il primo giorno dopo la fine della guerra. «L’ultimo giorno di guerra sarà il più desiderato – conclude il sacerdote – Si brinderà alla vittoria o alla sconfitta o si imprecherà contro il mondo intero, contro tutti, ma il giorno dopo sarà molto, molto difficile per tutti».
L’8 maggio le forze russe hanno attaccato Leopoli, nella zona occidentale dell’Ucraina, con missili da crociera e missile ipersonico, colpendo un impianto di produzione di energia. È di almeno 19 morti, invece, il bilancio delle vittime nella città russa di Belgorod, dove il 12 maggio un palazzo è crollato dopo un attacco ucraino.