FattiIl sistema idroviario in Italia costituisce solamente lo 0,1 per cento del volume del traffico merci. Tuttavia, come dimostra l’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante per il Nord Italia, il commercio può investire sui fiumi navigabili. E limitare le emissioni nocive
Se passeggiate lungo la Senna, a Parigi, durante la giornata potreste notare delle chiatte trasportare container tutti uguali, bianchi, con al centro un rettangolo rosso e la scritta Franprix. La grande catena di supermercati francese, da una decina di anni ormai trasporta le sue merci via fiume, permettendo di risparmiare oltre 3.500 viaggi di camion all’anno sulle autostrade e ha ridotto le emissioni di carbonio a carico dell’azienda del 20 per cento. È solo uno di alcuni investimenti virtuosi e mirati messi in circolo da alcuni Paesi innervati da corsi d’acqua navigabili. Una scelta che ci proietta al 2030 prima e al 2050 dopo, termine ultimo che il Green Deal europeo si è dato per il raggiungimento della neutralità climatica dell’Ue. E in Italia? Una fotografia è stata scattata lo scorso lunedì 3 giugno all’Interporto di Rovigo durante la presentazione del rapporto La rete navigabile italiana: una nuova risorsa per il Paese a Rovigo, realizzato da The European House-Ambrosetti per Confindustria Veneto Est e Confindustria Mantova. Il settore dei trasporti, che incide per oltre il 30 per cento dei consumi energetici italiani, potrebbe beneficiare notevolmente dalla crescita del trasporto idroviario, contribuendo ai target di decarbonizzazione europei. Nonostante attualmente il sistema idroviario rappresenti solo lo 0,1 per cento dei volumi di merci trasportate in Italia, rispetto a una media del 20 per cento nei principali Paesi europei, il potenziale di crescita è significativo. Il sistema idroviario del Nord Italia, infatti, grazie alla piena navigabilità garantita dall’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante, può diventare un elemento chiave del trasporto idroviario commerciale italiano: il suo utilizzo, evidenziato durante la giornata, è aumentato del 160 per cento dal 2015, mostrando la capacità di sostenere carichi elevati per tutto l’anno. La filiera estesa del sistema idroviario coinvolge più di quattromila occupati e genera un valore aggiunto significativo per il territorio. Questo incremento è stato favorito dai fondi stanziati e dal collegamento con Chioggia, che ha migliorato l’efficienza e l’attrattiva del sistema idroviario. Per The European House-Ambrosetti, inoltre, la filiera estesa del sistema idroviario coinvolge 25 macro-settori economici e genera un valore aggiunto di quasi 500 milioni di euro per il territorio, pari al 3 per cento del Pil delle province di Rovigo e Mantova. E con l’implementazione degli investimenti programmati, si prevede che il giro d’affari potrebbe raggiungere 1,4 miliardi di euro entro il 2030. «Il buon assetto logistico-infrastrutturale del Paese è uno strumento essenziale di competitività, soprattutto per un’industria, come quella italiana e veneta, fortemente orientata all’export – sottolinea Leopoldo Destro, presidente di Confindustria Veneto Est e delegato di Confindustria ai Trasporti e logistica – In questo contesto, e nella logica di sviluppare l’intermodalità, il sistema delle vie navigabili interne padano-venete, insieme alle infrastrutture logistiche, come porti e interporti, costituisce un patrimonio il cui potenziale, in fatto non solo di trasporti, ma anche economico, ambientale e turistico è amplissimo e da valorizzare con un piano di medio-lungo termine. Anche in funzione del pieno dispiegamento delle potenzialità della Zona logistica semplificata e dei distretti produttivi a monte e a valle dell’asta navigabile del Po e, guardando al futuro, dell’Hydrogen Valley». A questo proposito, lo scorso aprile, la Giunta di Palazzo Balbi ha varato, dopo due anni di lavoro, il nuovo Piano energetico regionale: oltre 7 miliardi di euro da spendere entro il 2030 per un’accelerazione decisiva green e, tra le altre cose, probabilmente due aree, tra Venezia e Padova, per la produzione e il consumo di idrogeno, energia pulita. Anche la Regione è convinta a intraprendere una strada che gradualmente parcheggerà sempre più camion per investire su binari e fiumi: «Dal 2020 a oggi, la Regione ha investito 78 milioni di euro in interventi di riqualificazione, potenziamento e messa in sicurezza del demanio della navigazione interna – sostiene Elisa De Berti, vicepresidente e assessore regionale ai Lavori pubblici, infrastrutture e trasporti – Si tratta di 500 chilometri di rete principale navigabile, 223 dei quali appartenenti alla rete Ten-T “corridoio Mediterraneo” (Trans-European Transport Network, ndr), in grado di collegare, via acqua, il Veneto con alcune delle Regioni italiane economicamente e logisticamente più performanti quali Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia. Insieme con Infrastrutture Venete, oltre alla manutenzione per il mantenimento della navigabilità interna, stiamo procedendo con il potenziamento della rete navigabile per rendere la navigazione più sicura e adeguata agli standard europei». Con buona pace della grande incompiuta, quell’idrovia Padova-Venezia, che ciclicamente viene tirata in ballo dagli anni Cinquanta a oggi, pensata per essere navigabile, ma che la stessa De Berti ci ricorda essere un progetto “arenato”: non più una via di trasporto, ma un’opera idraulica a tutela del territorio.
In Italia il sistema idroviario incide solo per lo 0,1 per cento dei volumi di merci trasportate, rispetto a Paesi Bassi 42 per cento, Romania 25,1 per cento, Bulgaria 24,4 per cento, Belgio 11,5 per cento, Lussemburgo 8 per cento e Germania 7,4 per cento. Sono Paesi che hanno saputo sfruttare al meglio la conformazione geografica e gli investimenti. In generale, la media Ue è del 5,6 per cento.
Febbraio 1963. Al Governo c’è Amintore Fanfani e lo Stato sborsa 7 miliardi e mezzo di lire (più un altro miliardo dagli enti locali delle province di Padova e Venezia) per l’avvio dei lavori per la costruzione dell’idrovia Padova-Venezia. C’è fiducia: inaugurazione nel 1975. L’opera, come ben sappiamo, non verrà mai completata, anzi nei decenni si sprecano i tentativi di riportarla in auge, salvo poi fare sempre dietrofront. Un balletto da oltre 100 milioni di euro. A fine 2022 è nato il Gruppo per l’idrovia (associazioni e comitati più imprenditori della Zip): «Sollecitiamo l’ultimazione almeno come canale scolmatore delle acque alluvionali».
